Alla sbarra le Anime di Saline
- Gioacchino Criaco
Sono tutt’altro che scure, e nere non vogliono proprio diventarlo. Paolo Catanoso, Noemi Evoli, Giuseppe Toscano, Domenico La Rosa, sono fra le anime del movimento per il no alla centrale a carbone di Saline Joniche. La SEI, società capofila del consorzio che vorrebbe realizzare l’impianto che sfrutta il fossile nero per produrre energia elettrica, li ha citati in giudizio, chiedendo un risarcimento di quattro milioni di euro. I convenuti, con vignette e volantini avrebbero diffamato il colosso dell’energia. Strano mondo il nostro, dove opporsi, basandosi su studi scientifici che ipotizzano la dannosità del carbone, può rivestire gli elementi del reato. Di sicuro gli attivisti faranno valere le proprie ragioni. Ma intanto si troveranno ad affrontare un processo, assumere avvocati, spendere soldi, sprecare tempo. Loro, presuntivamente, piccini, con dall’altra parte un, presuntivamente, colosso. Loro a difendere un patrimonio unico, fatto di un paesaggio che spazia dalla rocca di Pentedattilo, superando lo Stretto, all’Etna, Aspromonte e Jonio compresi. La società impegnata a costruire un impianto che, pur se fatto secondo legge, muterà per sempre quel paesaggio. Io credo agli studi che denunciano la nocività del carbone. Quelli che ne sanciscono la bontà non mi convincono. Poche o tante, ci saranno emissioni di co2 e di polveri sottili. Ma anche se il carbone non facesse male, non credo che uno dei più bei siti naturali calabresi sia il posto ideale per farci un impianto del genere. Non credo che il tipo di sviluppo che la SEI vorrebbe portare sia quello di cui la Calabria abbia bisogno. Io, fra il colosso energetico e i ragazzi di Saline, stò con le anime bianche, stò con la mia gente, con la Calabria. E ad affrontare il giudizio, insieme alle anime di Saline ci dovremmo essere tutti.