Boschi. La vita dei serpenti e il difficile rapporto con l'uomo
- Leo Criaco
Sul nostro pianeta ogni anno i serpenti causano migliaia di vittime. In natura esistono circa tremila specie, un gran numero (circa mille) uccide le persone e gli animali (prede) inoculando il veleno: altre specie (pitoni, boa e anaconda) prive di veleno soffocano le loro vittime stritolandole.
FRA I SERPENTI velenosi i più temibili sono: i serpenti a sonagli, i mamba, i cobra e le vipere. Il veleno dei serpenti viene utilizzato per produrre molti farmaci utili alla salute dell’uomo, in particolare alcuni prodotti coagulanti e analgesici (antidolorifici). Hanno dimensioni diverse a seconda della specie: i più piccoli raggiungono a malapena i 10 centimetri (serpenti scavatori), i più grandi (anaconda) arrivano e certe volte superano i 10 metri di lunghezza e i 100 chilogrammi di peso. Occupano quasi tutti gli ambienti presenti sulla terra: si trovano nei deserti, nelle savane, nelle foreste tropicali, nei corsi d’acqua, nelle pianure e nelle zone collinari e montagnose. In diversi continenti, alcune popolazioni consumano con gusto carne di serpente; la più ricercata e apprezzata è quella del boa.
NEI TERRITORI aspromontani gli unici serpenti potenzialmente pericolosi per l’uomo sono le vipere. La più diffusa è la vipera comune (vipera aspis), vive e si riproduce nella macchia mediterranea, nei boschi, nelle zone pietrose, nelle colline e in montagna fino alle sommità. È poco aggressiva e tende ad allontanarsi dall’uomo, reagisce solamente se molestata o calpestata. In Aspromonte i serpenti più numerosi sono le bisce d’acqua; appartengono alla famiglia dei colubridi e sono: il biacco, la natrice dal collare e la natrice tassellata. Prima di passare ad una breve descrizione di questi rettili, ricordiamo che sono innocui per l’uomo e per gli animali domestici in quanto privi di veleno; vivono e cacciano dentro o in prossimità dei corsi d’acqua e sono molto importanti per l’ecosistema in quanto il loro ruolo di predatori, ma anche di preda (principalmente dei rapaci diurni) è parte integrante della catena alimentare. Per questo motivo è opportuno non uccidere questi animali utili alla natura e quindi all’uomo.
TRA LE BISCE quella che incute più paura a chi la incontra e non la conosce è il biacco (coluber viridiflavus) sia per le sue dimensioni (può arrivare a due e più metri di lunghezza) sia perché in caso di pericolo, sibilando, si alza in posizione verticale fingendo di attaccare. Il biacco (nome locale: scurzuni nigru) ha la testa piccola e ovale, il colore varia da nero macchiata di giallo a nero lucente; la parte inferiore è sempre giallo avorio. Si ciba di topi, arvicole, piccoli anfibi, lucertole, grossi insetti e uccelli. Al contrario delle altre due bisce, caccia senza entrare in acqua e spesso si allontana dagli ambienti acquatici e per questo motivo frequentemente è vittima delle auto; alcune volte invade anche i giardini delle case. La natrice dal collare (natrix natrix) caccia dentro e fuori dall’acqua, vive negli stagni e lungo le rive delle fiumare, raramente si sposta nelle campagne e nei boschi, quasi mai si avvicina ai centri abitati. La biscia dal collare viene così chiamata per la presenza di due macchie chiare sul collo, seguite da due macchie scure. Il colore del corpo normalmente è grigio macchiettato di nero. È molto più corta del biacco e può raggiungere e superare il metro di lunghezza.
LA NATRICE dal collare (nome locale: lafiti) caccia piccoli pesci, anfibi, piccoli mammiferi (talpe, topi e arvicole) e nidiacei di uccelli. Quando viene attaccata si difende dagli aggressori (cani, volpi, rapaci e ricci) secernendo dalle ghiandole anali una sostanza repellente. La natrice tassellata (natrix tassellata) caccia e vive dentro l’acqua che abbandona raramente e per poco tempo. Rimane per ore immersa in attesa di sferrare attacchi contro piccoli pesci, girini e rane. Esce dall’acqua per accoppiarsi, per deporre le uova, per consumare le prede. Ha la testa piccola, piatta e arrotondata, il colore del corpo va dal grigio chiaro al grigio bruno con molte macchie scure. È lunga circa la metà del biacco e anch’essa, se attaccata, secerne un liquido puzzolente. Come le altre bisce con l’arrivo dei primi freddi autunnali si ritira negli anfratti, sotto le radici degli alberi e nelle tane abbandonate dai topi e va in letargo.