E Reggio si prese anche l'acqua
- Gioacchino Criaco
Non pensiate sia facile essere contro. E non è facile essere coerenti con se stessi, a volte sarebbe liberatorio lasciarsi andare e applaudire, come fanno molti. Ora, dovrei essere felice per la ripartenza dei lavori sulla diga del Menta, con la promessa del lupo di finirli entro la prossima estate.
No, sono contento, sarei stato felice se milioni e milioni di metri cubi di cemento in Aspromonte non ci avessero mai messo piede. E sarebbero per me eroi nazionali gli amministratori che, adesso, avessero il coraggio di mandare tutto per aria e in un’esplosione di pazzia buona decidessero di smantellare l’orribile invaso, dichiarando inutili i milioni e milioni di euro spesi, e chissà dove finiti. Non è una questione di anti modernità, o integralismo ambientale; l’acqua, in città, la si sarebbe potuta portare in altri modi, più celeri e meno invasivi, che con quello che si è speso la si sarebbe potuta convincere ad andarci da sola fino al Corso Garibaldi. E il fatto che ormai si sia a questo punto non significa l’impossibilità di tornare indietro, ma non sono così fesso da pensare che sia possibile farlo. Troppi interessi. Però non sono nemmeno così allocco da credere, senza dubbi, nella certezza della conclusione dei lavori entro il 2017. Tanti si sono impiccati sulla parola, prima del lupo della Sila. Non si offenda Oliverio, con tutta la stima, ma credo che su quel cappio, metaforico, ci possa finire anche lui.
Non sono felice della ripresa dei lavori della diga sul Menta, non solo per ragioni ambientali. Lo sono per una questione culturale, di prepotenza nei confronti del popolo aspromontano, che nessuno ha mai consultato. Lo sono per una certa arroganza che Reggio sa usare contro la Locride, con questo vizio di prendersi tutto quello che è nostro senza permesso. Dopo i Bronzi l’Aspromonte, cioè quello che più ci è sacro, e noi vili, zitti. Esagero e scherzo, ovviamente. Non voglio dividere né auspicare guerre sante, sto basso e volo su logiche materiali. Non voglio che i reggini paghino per gli errori di chi ci ha amministrato nel passato, e non voglio che patiscano la sete o rinuncino alla doccia. Non è nemmeno possibile che Reggio continui a prendersi quello che di Reggio non è. Qualora continui a farlo, cosa certa vista la catatonia di amministratori e cittadini delle periferie dell’impero, almeno lasci l’obolo ai derelitti. Si preveda un ristoro ai depredati, come ormai lo si fa dappertutto. E Oliverio imiti Zingaretti che finalmente, anche se poco, paga l’acqua che Roma prende a Rieti.
E auguri a tutti, sinceri; ai reggini che abbiano l’acqua, alle casse pubbliche che finiscano di svenarsi, e al lupo della Sila, che eviti la corda, che tanti ne ha soffocati prima di lui.
Condoglianze solo all’Aspromonte, la nostra grande madre che ha avuto la disgrazia di partorire figli ingrati.