Erri De Luca non lo sa ma c’è una Calabria che resiste
- Gioacchino Criaco
Saviano ha fatto giusto qualche salto a Gioia Tauro, il tempo di capire tutto sui traffici di droga e spiegare al mondo la forza della criminalità calabrese. Troppo impegnato a parlare con magistrati e investigatori non si è accorto che lì a fianco c’era una Calabria in lotta per dire no al rigassificatore che, se realizzato, significherà la morte di un intero ecosistema. Francesco Merlo, da grande giornalista è arrivato a Reggio ha fatto l’autopsia ai Bronzi, ricoverati a palazzo Campanella, ne ha rivelato gli esiti nefasti alle centinaia di migliaia di lettori del suo giornale, ha tolto il camice ed è saltato in groppa a uno dei rari aerei che Alitalia manda al Tito Minniti. Mica poteva vederli i ragazzi cocciuti che a Saline Joniche si scontrano col colosso svizzero dell’energia Sei-Repower, perché non vogliono la sparizione del basso Jonio reggino, da ricoprire con le polveri sottili del carbone, e mica potranno vederli i lettori del suo giornale. In Calabria gli intellettuali e i giornalisti di grido ci vengono di fretta, ci sputtanano, giustamente, per qualcuno dei nostri grandi mali, di cui tutti abbiamo un po’ di colpa, e spariscono. I Corrado Stajano non ci sono più, la gente d’intelletto che aveva voglia di capire e si fermava a parlare con i calabresi è sempre più rara. Ci provano Paolo Rumiz e Giuliano Santoro a scarpinare fra i monti e le mulattiere costiere, ci si cimenta da un po’ anche Fabrizio Gatti, ma i faticatori col cervello non sono merce che abbonda. Goffredo Fofi insiste a farci visita, nonostante le sue tante primavere. Resta il fatto che di intellettuali curiosi la Calabria ne riceve maledettamente pochi. Così, pochi sanno all’esterno che mali a parte c’è una Calabria che resiste. Che si oppone a Saline, contro il carbone, che serra le fila a Gioia Tauro perché non si aprano i tubi del gas, che sulle Serre combatte da brigante perché l’Alaco dia acqua e non melma marroncina a quattrocentomila persone, che in ventimila si sono presi di mano in mano perché l’alto Jonio calabrese non venga ridotto a un gruviera dalle multinazionali del petrolio. In Calabria, la fretta è spesso la cattiva compagna di viaggio degli intellettuali, e mica tutti possono essere dello spessore di Pasolini che in un giro costiero di poco più di ventiquattr’ore, nel 59, descrisse le strade di sabbia e rabbia e predisse il futuro a questa terra. E in Italia, agli intellettuali calabresi, lo spazio sulla stampa e sull’editoria glielo si da quasi esclusivamente per la descrizione del malcostume sudicio. Così, a parte i vizi di coppola e lupara, nessuno avrà sentore dei ragazzi calabresi che disoccupati due su tre sono pronti a un esodo simile a quello del primo novecento. Ed Erri De Luca, che forse da noi ci è bazzicato poco, continuerà a battersi meritoriamente, e con tanti rischi, per il sostegno al popolo della No Tav. Ma non lo saprà mai che anche in Calabria c’è un popolo che resiste, perché in Calabria non abbiamo i De Luca che sostengano la resistenza.