Il cuore di bue dell’Aspromonte
- Ruggero Calvano
Batte da secoli senza sosta, sfida il tempo e le regole della natura. Non si arrende, e non lo farà mai. Da padre a figlio, da terra a terra, di battito in battito. Ti sta tutto in una mano. Rappresenta il miracolo, il coraggio del buon soldato.
La sfida di un custode che cambia faccia per rimanere uguale, nuovo e antico per andare avanti e sfidare il mondo. Eccole le armi e gli armigeri di una guerra pacifica, l’unica in armonia col creato. Una guerra che colora di rosso senza spargere sangue, che arrossa bocca e mani, tinge lame, ma dispensa gioia senza dare dolore.
Gianni Callea, da Bova, eccolo il buon soldato, il guerriero perfetto di Calabria, l’oplita ricoperto di medaglie senza colpo ferire. Il Rambo d’Aspromonte che al posto della spada usa la zappa e non apre ferite, ma solchi lunghi e diritti che rivoltano una terra rossa carica di vita. Eccolo il suo cuore, il mitico Cuore di Bue dell’Aspromonte.
Il pomodoro che suo padre gli ha lasciato, avendolo ricevuto dal padre suo. Lui racconta orgoglioso, a occhi lucidi, della sua missione. E per quelli a cui scapperà un sorriso, da sotto gli ombrelloni, col drink ghiacciato in mano, dico di ridere poco che le estati sono sempre più brevi e le stagioni della vita sempre più in mano a organizzazioni di semidei che decidono tutto e per tutti.
Gianni conserva i semi del nostro storico pomodoro, lo fa anche con i fagioli, le zucche. OGM è per lui la peste, la fine del mondo, e non solo del suo.
Vi ho detto più volte, ma lo ripeto ancora, in questi giorni che dovrebbero essere di sol leone ma non lo sono più da alcuni anni senza che voi ve ne siate accorti. Le multinazionali hanno in mano il mercato delle sementi, i semi che producono danno vita a piante ibride incapaci di generare semi fertili.
Quello che comprate dà prodotto solo per un anno, l’anno successivo dovete comprare di nuovo se volete produrre nuovamente. Se i mercanti vi negheranno le sementi resterete a bocca asciutta e stomaco vuoto, e addio menta e lime per i mojito ghiacciati. I semi del buon soldato sono come i poveri, sanno fare solo figli, ogni colpo un pargolo. E non c’è bisogno di spade e fucili per far la guerra. Per essere un buon soldato calabrese e dare libertà alla nostra terra non c’è bisogno di spargere sangue, basta vivere secondo le regole di natura, della nostra natura. Opporsi ai potenti e accogliere gli esuli. Continuare a celebrare il matrimonio antico fra il monte e il mare e vedere le vele uscire dall’acqua per ridare vita a una delle prime terre sorta dagli oceani. Parlarsi e conoscersi. Confrontarsi per crescere e rifare dell’Agorà la piazza.
L’esercito della Locride non vuole sangue, ma succo di pomodoro.