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L'analisi. Locride: tutto chiuso per pioggia

  •   Giuseppe Mammoliti
L'analisi. Locride: tutto chiuso per pioggia

Se le autorità che gestiscono il territorio giungono a questa estrema decisione, significa che il territorio è alla completa mercé della natura e delle sue manifestazioni più o meno violente. Questa necessità di arrendersi, perché di resa incondizionata si tratta, non è qualcosa che è apparsa all'improvviso e ci ha colto di sorpresa. Tutt'altro! sono almeno 65 anni che è suonato il campanello d'allarme per la locride e dintorni e precisamente dalla grande alluvione del mese di ottobre del 1951.

Notoriamente, quella è stata la più grande catastrofe naturale del secolo scorso, a parte il terremoto del 1908, che ha letteralmente stravolto il territorio al punto che è stato necessario rivedere le carte topografiche. Certo si è trattato di qualcosa di eccezionale, un evento la cui probabilità di verificarsi è nell'ordine di molti decenni ma che, prima, o poi ritorna.

Tanto per avere un idea di che cosa si sta parlando, basta pensare che nella giornata di oggi sono attesi circa 70mm di pioggia (63 per la precisione), dato rilevato dal sito ilmeteo.it, mentre, nel 1951, presso il santuario di polsi sono caduti ben 400mm di pioggia: una quantità quasi sei volte maggiore di quella attesa per oggi. Ma nulla a confronto di ciò che si è verificato a S. Cristina D'Aspromonte in cui sono caduti, in un sol giorno, ben 535mm di pioggia! una quantità enorme, incontenibile. Ora, questi numeri, detti così, possono anche non impressionare più di tanto e allora si pensi che ogni mm di pioggia equivale ad un litro d'acqua e che quindi 536 mm equivalgono a ben 535 litri per ogni metro quadrato di territorio! oltre mezzo metro cubo, oltre mezza tonnellata d'acqua e ciò per ogni metro quadrato di territorio e in un giorno!

Ho voluto riportare questi dati, facilmente reperibili nella rete, per dimostrare anche che il fenomeno delle "bombe d'acqua" non sia poi un fenomeno cosi nuovo o di recente apparizione. Credo che, invece sia il nostro disastrato territorio a trovarsi ormai in condizioni al limite della sopportazione che non è più in grado di ricevere queste manifestazioni temporalesche a volte per mancato intervento umano e a volte per troppi e inopportuni interventi umani. Vediamo di chiarire anche questo aspetto.

Bisognerebbe sapere che molte aste torrentizie calabresi, prima del 1951, erano ben diverse da come appaiono oggi. Il letto era mediamente posto a quota molto più bassa rispetto a quell'attuale e la la rghezza degli alvei non superava un terzo di quella attuale (e a volte neanche 1/5). Quindi si era in presenza di aste torrentizie capaci di accogliere acque piovane sicuramente in quantità maggiore di quella che possono ricevere ai giorni nostri.

Esaminiamo il caso del torrente Bonamico. Da informazioni assunte da persone più anziane di me, ho potuto appurare che il torrente, in prossimità della località nota come "Giardino", scorreva nel fondo di una vallata stretta e profonda al punto che per chi dovesse andare in montagna, doveva scendere, per oltre 50 metri per raggiungere il fondo valle, per poi risalire la sponda opposta. Il torrente era perenne quindi a ragion veduta, definibile fiumara. Questa caratteristica era dovuta al fatto che le acque scorrevano sul terreno roccioso o al limite argilloso, in entrambi i casi, impermeabile. Quindi teniamo presente questo letto in una valle stretta e profonda una cinquantina di metri.

Durante la grande alluvione, però, una serie di smottamenti, frane e ingente trasporto solido dovuto alle enormi quantità di pioggia caduta, ha colmato quel dislivello. In più punti la fiumara è esondata allagando i terreni limitrofi distruggendo uliveti, frutteti e quant'altro. Anche la strada provinciale, allora di recente costruzione, è stata, per lunghi tratti, completamente distrutta. Molte persone persero la vita. Un disastro! Poi, all'improvviso, un grande tuono sembrò squarciare il cielo color tabacco a causa delle particelle di sabbia trasportate dai venti provenienti dai quadranti meridionali, africani, ne nuvole si aprirono, apparve il sole e agli occhi dei prostrati e sfiniti paesani è apparso un mondo nuovo.

Il Bonamico dal placido torrentello era diventato una roba enorme come pure enormi erano diventati i suoi maggiori affluenti come il Butramo e il piccolo Ciliti. Frane e smottamenti ovunque. Uliveti e frutteti spazzati via. Tutto trasformato. Tutto distrutto!

Non mi risulta che qualcuno si sia mosso per tentare un ripristino dei luoghi come, normalmente, si fa a seguito delle catastrofi naturali che ovviamente possono verificarsi in un territorio. Si è proceduto a ricostruire la strada, guarda caso a quota inferiore a quella precedente al punto che oggi il bonamico minaccia seriamente di riportarsela via in una di queste piene, nemmeno paragonabili a quella del 1951, ma, date le condizioni disastrate in cui versa il bacino del Bonamico, basta veramente poco affinchè ciò possa accadere e in tempi anche brevi.

Il letto di questi torrenti, dal 1951 in poi è cresciuto in quota al punto che alcuni, sono diventati dei torrenti pensili minacciando anche centri abitati come la frazione Sant'Ippolito del comune di Bovalino minacciato dal Bonamico e dal torrente Careri.

Non mi risulta che qualcuno si sia preoccupato di rimodellare il letto di questi nostri torrenti che intanto continuano ad accumulare detriti e ad aumentare sempre più la quota dei loro letti.

Con la dispersione delle acque e la diminuzione delle pendenze degli alvei, le acque ruscellanti hanno perso molto della loro forza (da quì lil fenomeno del progressivo accumulo negli alvei) e l'apporto solido verso la foce è diventato sempre più scarno al punto che assistiamo alla progressiva scomparsa delle nostre spiagge a causa del mancato rimpiazzo del materiale asportato dalle correnti marine nel loro perenne lavorìo di erosione-accumulo operato lungo le spiagge.

A questo punto è giusto sottolineare che a tal riguardo, esistono almeno due correnti di pensiero, assolutamente contrastanti.

La prima, parte del presupposto che la difesa del territorio deve avere la precedenza su tutto. Quindi impone la costruzione di briglie per la regimazione della velocità delle acque azzerando, di fatto, il trasporto solido, come è avvenuto a Saline Ioniche, dove le correnti marine, in assenza del normale trasporto solido che un torrente "sistemato" apportava, hanno eroso oltre 100 m di spiaggia ed oggi le acque lambiscono la ferrovia, protetta solo da speciali opere di ingegneria (palificate e quant'altro).

La seconda corrente, invece, prevede la non regimazione delle acque con i torrenti liberi di trasportare ogni cosa al mare. Ma a ragion veduta notiamo che questo, in tempi lunghi, è un processo che si auto estingue perchè i corsi d'acqua aspromontani, cambiando le condizioni di deflusso, cambiano anche le quantità dei solidi trasportati.

Quale delle due teorie, l'una contro l'altra opposta, è la migliore? come sempre, a mio modesto parere, la soluzione giusta sta nel mezzo. Ovvero sarebbe opportuno difendere il territorio ma permmettere ai torrenti di trasportare a mare i detriti provenienti dalle inevitabili erosioni, Evitando, Però,che i detriti possano depositarsi lungo gli alvei!

In questi ultimi 50 anni ho assistito personalmente al progressivo restringimento delle spiagge. Ed è perfettamente inutile cercare di arginare il fenomeno con normali opere di difesa. Ben altro occorrerebbe per proteggere i nostri "Lungomari" come nel caso di Siderno, Bovalino, ecc. Prima o poi la natura, procedendo con questo passo, ci presenterà il conto e sarà molto salato!

Bisogna correre urgentemente ai ripari! Non è più tempo di chiacchere ma di azione! Bisognerebbe procedere a fare ciò che nn si è fatto in questi ultimi
decenni e cioè permettere ai detriti di raggiungere la foce dei vari torrenti. Anche a costo di portarceli con camion o nastri trasportatori. La costa ne ha urgente bisogno, come urgente bisogno hanno i torrenti di essere scolmati.

E' necessario dotarsi dei Piani di Bacino che prevedano anche la possibilità di asportare inerti dai letti dei torrenti. Altro che protezionismo! Bisognerebbe incentivare questa attività, non proibirla! Ovviamente questo dovrebbe avvenire previo uno studio rigoroso e dopo l'approntamento di mappe e quant'altro necessario per operare correttamente evitando di aggravare delle situazioni già critiche.

I signori sindaci della Locride dovrebbero attivarsi e chiedere allo Stato, con la determinazione che la serietà del caso richiede, l'esecuzione di questi importanti quanto urgenti lavori; assolutamente vitali per il nostro comprensorio altrimenti giorno verrà che non sarà più sufficiente chiudere ogni attività, pubblica e privata, trincerarsi in casa aspettando cha passi la bufera. Bisognerebbe anche tenere presente che ad ogni "alluvione" seguono dei costosi lavori di ripristino e che, in fondo, sarebbe più opportuno affrontare il problema alla radice.

Insomma se si intervenisse sulle aste torrentizie ormai intasate e quindi a rischio esondazione si otterrebbero i seguenti benefici:

- Risparmi ingenti sui lavori di arginatura dei torrenti;
- Risparmi derivanti dalla automatica messa in sicurezza delle infrastrutture viarie;
- Recupero di migliaia di ettari (su base provinciale) di relitti fluviali da destinare a colture agricole;
- Salvaguardia delle coste dalle erosioni;

Ed infine, ma fatto non meno importante, rendere attuale la possibilità di un ridimensionamento della protezione civile dal momento che i lavori di prevenzione di cui trattasi permetterebbero di gestire il territorio in modo del tutto diverso da quello attuale, in perenne stato di allerta!

A buon intenditor...


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