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L’editoriale. Ave, cacciatori di taglie!

  •   Antonella Italiano
L’editoriale. Ave, cacciatori di taglie!

È tutto fermo qua alla discarica, o meglio si muove tutto molto lentamente.

Alla vasca più in basso, quella che parzialmente aveva ceduto, gli operai stendono delle geomembrane nuove di zecca, mentre in quella più grande ristagnano ancora litri e litri di percolato, ed è colma fino al bordo.

Sono passati quattro mesi da quando facemmo appello a politici e giornali, da quando qualcuno denunciò la nostra presenza alle forze dell’ordine per distogliere gli obbiettivi dalla discarica, da quando sfidammo il fango, la gente, la stampa per dar voce alla notizia, da quando si tentò di persuaderci, prima morbidamente, poi con parentesi offensive di tristi cabaret.

E, a parte il tempo, e un’insicura autobotte, e i segnali di zona sotto sequestro un po’ più a chiare lettere, e i profili nudi e scarni delle collinette circostanti, nulla è cambiato.

Nessuno si chiede cosa stia accadendo quassù, mentre sulle poltrone si dibatte di nulla – ma con soddisfazione – del chi, del come, del quando, del perché, leggendo le risposte dal gobbo.

Pena. Provo pena. E ascolto sbalordita la favola che si raccontano, di nani, giganti, tranelli, streghe e mostri. Ma Biancaneve è poco all’altezza delle ambizioni della storia, in molti si domandano cosa ci faccia così lontana dal bosco…

Il governatore Oliverio continua a ribadire di stare tranquilli “che il sito sarà chiuso definitivamente”, e ci preoccupa che senta la necessità di farlo “a braccio” ogni qualvolta venga fuori l’argomento, e senza accompagnarsi a documenti scritti. Dopo quattro mesi qualcosa di più ufficiale è lecito aspettarselo. Ma forse ci sarà…

E dopo quattro mesi televisioni e giornali un salto quassù avrebbero dovuto farlo, perché sussiste il poco noto “pubblico interesse”. Esso è il limite di noi giornalisti, e va di pari passo con il buon senso e con la deontologia. Ogni qual volta pubblichiamo sulle nostre testate una foto o una notizia, infatti, dovrebbe scattare la domanda «Sussiste l’interesse pubblico?»: un interesse che non è una questione di gusto, ma un dato oggettivo.

Esempio: c’è interesse pubblico nel mostrare pezzi di ragazzi smembrati sulla strada della Limina? Dare voce a un pettegolezzo piuttosto che a una notizia? Ce n’è nell’informare la gente sui dati di un probabile rischio ambientale? È bene che inizi a farsela il pubblico questa domanda.

Invece alla discarica non ci sale mai nessuno, nonostante sia un dovere sollecitare delle soluzioni rapide e vigilare, come stampa, per e con il popolo. C’è una bella differenza tra garantismo e corruzione; il primo è un ragionamento, così perfetto nell’andare oltre le cose, che attiene quasi a Dio. È un vero peccato snaturarlo e stuprarlo, tirandolo fuori dal cilindro a seconda delle necessità. O del chi. Ma dobbiamo stare attenti a non a fare un errore grossolano: garantismo attiene al debole non al Potere.

Deontologia. Mai nessuna scuola, o corso, la potrà spiegare. La deontologia è buon gusto, è cuore, è fermarsi prima del limite, ed è molto difficile in un mestiere che basa la sua essenza sullo scoop, sulla sorpresa, sul tempo, ma è per questo che non tutte le testate, i direttori, i giornalisti sono uguali.

Affidabilità. Se c’è una cosa che è importante per una testata, oltre alla grammatica e alla sintassi, è l’affidabilità. Essa è lavoro e verifica, buona conoscenza delle responsabilità, buoni rapporti con le fonti, intuito e metodo di indagine.

Più una testata è affidabile, più è forte, non importa quanto sia grande. C’è una sorta di oggettività nascosta in tutto questo, cioè la capacità di ascoltare tutti e dar loro spazio ma con buon senso, e con una nota di criticità che attinge al giusto. Perché c’è un “giusto” in ogni cosa, non tutto è opinione personale; soprattutto per un giornalista che “opinioni personali non ne ha”, a meno che non stia scrivendo un editoriale con sopra evidenziato molto chiaro che si tratta di opinione e non di informazione.

Arrivo al dunque: credo che barattando l’affidabilità con la convenienza, disconoscendo la deontologia, scambiando il garantismo per la corruzione, cancellando il buon gusto, il buon senso, il pubblico interesse, un giornalista finisca per fare il pubblicitario. Che è una bella professione, ma è cosa diversa.

Il problema di grammatica e sintassi restano solo delle ulteriori aggravanti.

Sarà colpa de Le Iene, e degli stronzi che le hanno chiamate, se questa terra non potrà accogliere quest’estate i milioni di turisti che attendeva. Ma vendere la penna – riflettiamoci colleghi – denigrando noi stessi, le nostre testate, la nostra professione, la nostra libertà, non è un danno da meno…


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