La Regione Calabria brucia 32 milioni di euro destinati alla Protezione civile
- Mimmo Musolino
Bruciano 32 milioni di euro di finanziamento europeo destinati alla Protezione civile calabrese.
Ancora le gravissime ferite inferte dalla recente alluvione non sono rimarginate, anche perché alcune di esse non hanno trovato un medico, un paramedico, ma neanche un semplice infermiere, per poter iniziare a suturarle e cercare di guarirle come succede in alcuni paesi della jonica, ai piedi dell’Aspromonte.
Esempio massimo, sciagurato ed incredibile, per le possibili conseguenze a danno non solo dell’ambiente ma anche della salute dei cittadini, i cosiddetti “inadempimenti” – ma è solo un eufemismo – che riguardano la discarica di Casignana, nonostante le pronunce e le sentenze di un tribunale amministrativo della Repubblica italiana.
Ma chi dovrebbe rispettare le leggi e le sentenze dei tribunali (spesso colpevolmente omesse) se non, in primis, gli organismi pubblici costituiti e strapagati per la tutela dei diritti delle comunità?
E, proprio in questi giorni, una nuova ferita ancora più cocente e dolorosa viene inferta al cuore e sulla viva carne dei calabresi.
Da anni ed anni le “nuove leve” parlano con rabbia, sconforto e rancore della classe politica di turno, mentre promettono solennemente che, una volta al potere, non faranno gli stessi delinquenziali ed imperdonabili errori di perdere i finanziamenti europei per la costruzione di opere pubbliche; soprattutto per la sistemazione del suolo, la salvaguardia dell’ambiente e la salute dei cittadini.
Ma siamo sempre alle solite: la concreta disponibilità di un contributo comunitario (Por Fesr 2007/2013) di 32 milioni di euro, un equivalente di circa ben 65 miliardi di vecchie lire (esprime e suona meglio il concetto), è stata buttata nel fango, non dell’alluvione ma nella melmosa incapacità di quella classe dirigente che si è resa responsabile di un gravissimo atto di scempiaggine gestionale delle risorse pubbliche messe a disposizione dall’Unione europea per l’acquisto di mezzi antincendio.
Ora è risaputo che una gravissima piaga, forse più drammatica e devastante delle alluvioni, sono gli incendi cnei mesi estivi che causano danni irreparabili all’ambiente e all’economia soprattutto agricola e turistica delle zone colpite. Zone che restano così distrutte dalla furia devastante del fuoco e che si trascinano le disperate conseguenze per anni, e molte volte non è più possibile ricostruire.
Si disquisisce che tali incendi siano di origine dolosa e si dà la colpa quando agli uni e quando agli altri, insinuando che potrebbero avere giovamenti da tali delittuosi disastri ambientali.Ma adesso, alla luce dell’inaudita ed irresponsabile perdita dell’ingente finanziamento, se durante la prossima estate, purtroppo, si dovessero verificare degli incendi che non sarà possibile spegnere per mancanza di mezzi antincendio adeguati, dei colpevoli esistono già, ed hanno un nome ed un cognome.
Nelle fattispecie non possiamo accusare lo Stato e la Comunità europea di abbandono dei nostri territori perché la colpa è solo dell’insensibilità, strafottenza ed incapacità di utilizzare le risorse ed i finanziamenti da parte di una incapace classe politica e dirigenziale. E vengono disattesi e vilipesi tutti i principi e i dettami della nostra vigente Costituzione.
E come se in una povera famiglia calabrese fossero disponibili le provvidenze e le derrate alimentari di primaria necessità e degli snaturati genitori le lasciassero marcire nella dispensa e nei frigoriferi, per poi buttarle nei cassonetti della spazzatura o in qualche discarica forse anche abusiva, mentre i figli patiscono la fame e muoiono di stenti e di abbandono!
Va bene ci sono le indagini della Guardia di finanza, l’intervento della Procura della Repubblica, forse anche la delega a Sua Eccellenza il Prefetto (come per la discarica di Casignana) e le dimissioni dei dirigenti di Calabria verde; ma chi risarcirà le popolazioni calabresi per questo ennesimo irreparabile e gravissimo danno, anche in termini occupazionali, in una situazione economica e sociale veramente e maledettamente al limite di una società civile?