Lo scoiattolo grigio che ci ha fatti neri
- Leo Criaco
Nonostante tutti gli scempi ambientali (dighe, pale eoliche, inquinamenti, cementificazione selvaggia e incendi, discariche pubbliche e abusive, bruciatori), l’abbandono delle campagne e lo spopolamento delle zone interne, la particolare conformazione topografica e morfologica del nostro massiccio montano ha consentito, nel tempo, la conservazione di tutti gli ambienti presenti (boschi, macchia mediterranea, fiumare, pianori, zone pietrose, litorali ecc.), e la salvaguardia dell’intera fauna.
IL MONDO ANIMALE che popola l’Aspromonte, per fortuna, è ancora ricco di varie e numerose specie di uccelli (stanziali e migratori), di anfibi, di insetti, di pesci, di rettili e di mammiferi. Questi ultimi occupano gran parte del nostro territorio, dagli ambienti litoranei fino alle sommità montane. Le specie più comuni di questa classe sono il cinghiale, il lupo, il ghiro, la volpe, il gatto selvatico, la lepre, il tasso, la faina e lo scoiattolo. Tra questi animali quello più avvistato e conosciuto, da chi ama e frequenta le nostre montagne, è sicuramente lo scoiattolo nero. Questo grazioso roditore vive e si riproduce nei boschi di conifere (sopra i 700 metri s.l.m.) ma si trova spesso in quelli misti o di latifoglie.
LO SCOIATTOLO (sciurus vulgaris) è lungo circa 50-55 cm, compresa la lunga e “pomposa” coda (20-30 cm); ha testa rotonda e muso breve, arti muniti di cinque dita con unghie ricurve che gli permettono di arrampicarsi agevolmente sui tronchi e di scendere a testa in giù, come le scimmie e i canguri ha gli arti posteriori più lunghi di quelli anteriori; i primi sono molto sviluppati, robusti e potenti, tanto da permettergli salti di 2-3 metri. Ha un peso che oscilla tra i 250 e i 350 grammi, vive normalmente 5-6 anni e solo pochi esemplari raggiungono i dieci anni di vita.
Il mantello è di colore nero nella sottospecie meridionale, rossiccio in quella centro-settentrionale, il ventre è bianco. In alcune regioni della nostra penisola è presente un’altra specie di scoiattolo (sciurus carolinensis), importato dal Nord America e dalla Gran Bretagna. Si distingue dal nostro autoctono per il mantello di colore grigio e in pochi decenni è diventato un agguerrito e pericoloso competitore del vulgaris, schiacciandolo (spesso uccidendolo) dai suoi territori. Come si evince da questo caso, l’introduzione di nuove specie in un territorio nuovo può comportare la rottura degli equilibri naturali esistenti con gravi conseguenze per l’ambiente.
CLAMOROSO è il caso dei conigli selvatici importati in Australia dai cacciatori inglesi, a metà del XVIII secolo. Le conseguenze furono disastrose: i conigli si moltiplicarono paurosamente, arrivando a numeri impressionanti (diverse centinaia di milioni di capi), favoriti dalla mancanza di predatori (rapaci, volpi, etc.). In pochi decenni divennero un vero flagello per gli agricoltori e i contadini, invadendo tutti i campi coltivati e distruggendo le colture che incontravano. Tutti i mezzi utilizzati per fermare quella furia animale furono inefficaci.
SOLO A METÁ del secolo scorso si pose fine a quel disastro ambientale grazie all’introduzione di una malattia, la mixomatosi, causata da un virus e trasmessa dalle pulci, dalle zecche e dalle zanzare. Il virus in poco tempo decimò il 98% circa dei conigli. Lo scoiattolo nero (nome locale: gattareglia i muntagna) si nutre di noci, castagne, radici, germogli, frutti del bosco, semi di conifere, insetti, funghi ed è molto ghiotto di uova e nidiacei di uccelli; mangia come la scimmia poggiato sulle zampe posteriori, usando le zampe anteriori per portare il cibo alla bocca. Di carattere vivace e curioso, è un animale socievole, e da piccolo è facilmente addomesticabile.
I POCHI PASTORI aspromontani rimasti in montagna raccontano che spesso visita i loro jazzi (ovili) e si lascia facilmente avvicinare e osservare. Sulle piante si muove con eleganze e leggerezza come un ballerino, e non si ferma mai. È sempre in movimento e si sposta continuamente come un acrobata saltando tra i rami e passando, con lunghi balzi, da un albero all’altro. Scende a terra solo per trovare il cibo quando manca sugli alberi e in caso di pericolo risale velocemente arrampicandosi sul tronco più vicino. Scende anche per nascondere sottoterra i semi di varie piante (pinoli, noci, castagne, ecc.) per poi cibarsene.
MOLTE VOLTE non riesce a consumarli tutti consentendo così la germinazione e la diffusione di molte essenze forestali, per questo motivo è molto utile alla natura. Lo scoiattolo, come erroneamente si pensa, non va in letargo; nei periodi più freddi, si muove poco e rimane nascosto dentro le sue tane, situate nelle cavità degli alberi, alimentandosi di tanto in tanto con le provviste raccolte nei mesi estivi. I nemici più pericolosi del vulgaris sono i rapaci diurni: il gatto selvatico, la volpe e la faina. Fino a pochi anni fa alcune popolazioni dell’entroterra aspromontano uccidevano questo roditore per cibarsi delle sue carni.
Lo scoiattolo non fa parte della mitologia né della favolistica greca o romana. È citato occasionalmente da alcuni autori per la caratteristica curiosa (secondo una credenza popolare) di farsi ombra con la coda nelle giornate assolate; da qui il nome greco “σκίουρος (skíoyros)” (da cui il latino “sciurus”) che significa letteralmente “che si fa ombra”. Secondo la mitologia norrena lo scoiattolo è sacro a Loki (dio del fuoco e del caos) per via del colore rosso acceso della pelliccia; per lo stesso motivo è anche caro a Thor, rosso di capelli. Nella simbologia pittorica cristiana del Medioevo lo scoiattolo rappresenta il diavolo, sempre per il colore rosso acceso della pelliccia oltre che per l’agilità e la rapidità.