Sopravvivere nei “giorni della merla”
- Rocco Mollace
Secondo una leggenda, per ripararsi dal gran freddo, una merla e i suoi pulcini, in origine bianchi, si rifugiarono dentro un comignolo. Da questo uscirono il 1° febbraio, tutti neri a causa della fuliggine. Da quel giorno tutti i merli furono neri. Si noti che se alcune leggende parlano di una merla, nella realtà questi uccelli presentano un forte dimorfismo sessuale nella livrea, che è bruna (becco incluso) nelle femmine, mentre è nera brillante (con becco giallo-arancione) nel maschio.
Nelle giornate molto fredde, gli uccelli per sopravvivere mettono in atto alcune strategie di difesa. Strategie naturali sviluppate nel corso dell’evoluzione.
Innanzitutto: la fuga. Quando in una regione la temperatura si abbassa, e ghiaccio e neve ricoprono il suolo, molte specie di uccelli sono già lontane da diverse settimane. Già a fine luglio, infatti, migliaia di migratori si spostano verso zone più calde (aree di svernamento), mentre molte specie alpine, come il fringuello delle nevi, ai primi freddi scendono nei più riparati fondovalle. Non tutti i volatili, però, si trasferiscono per evitare i rigori dell’inverno; essendo animali a “sangue caldo” (omeotermi), tuttavia, per mantenere costante la temperatura del corpo attorno ai 39-42 gradi centigradi, devono limitare al massimo le perdite di calore. L’insieme di penne e piume, che non a caso diventano più fitte e abbondanti dopo la muta post-nuziale o autunnale, costituisce una prima protezione; resa più efficace da alcuni interessanti adattamenti fisiologici e di comportamento. Arruffare le penne, per esempio, permette di creare intorno al corpo una specie di intercapedine dove l’aria si mantiene più calda, evitando al corpo il contatto diretto con l’aria fredda esterna.
Le zampe sono i punti meno protetti, a parte alcuni casi di alta specializzazione come la pernice bianca e altri tetranoidi es. (Gallo forcello) in cui anche queste estremità sono ricoperte da un fitto piumino che si può estendere sulla faccia inferiore delle dita.
Altre difese sono legate al comportamento, che consente svariati e rapidi adattamenti alle avverse condizioni ambientali. Quasi tutte le specie in inverno cambiano alimentazione e non solo per la ridotta disponibilità alimentare. Pettirossi, tordi, cince, diventano praticamente granivori ricercando semi particolarmente ricchi di grassi; mentre la ghiandaia comincia ad intaccare le scorte di semi accumulate durante l’estate in piccoli depositi segreti. La notte, soprattutto in questa stagione, costituisce un momento assai critico, che può essere meglio superato in gruppo (una “palla” di uccelli offre all’esterno una superficie di contatto molto inferiore alla somma delle singole superfici), magari anche a contatto con individui di specie diverse. Anche la scelta del luogo dove passare la notte può salvare la vita: questo spiega perché può capitare di trovare fagiani raggruppati accanto a un caldo mucchio di letame o i beccaccini nella tiepida acqua delle marcite, mentre è comune la presenza di folti gruppi di storni in città, dove gli impianti di riscaldamento mantengono la temperatura più elevata rispetto a quella della campagna circostante. Malgrado questi accorgimenti, l’inverno rimane un momento critico, tant’è vero che in alcune specie si raggiunge, soprattutto a gennaio, una mortalità del 75-80%.
LA LEGGENDA
C’era una volta (e c’è ancora), il mese di Gennaio, freddo e gelido. Anche un po’ birichino. E c’era una merla, che poverina era diventata la vittima preferita del primo mese dell’anno.
Gennaio si divertiva a perseguitare la merla. Aspettava che la merla uscisse dal nido per cercar cibo, e ricopriva la Terra di neve e ghiaccio, senza far trovare nutrimento all’indifeso animale. Un anno, la merla, stanca di questa storia nel mese di dicembre fece scorta per tutto il mese di Gennaio, che allora era di 28 giorni. Il 28 del mese, la merla, credendo di aver raggirato gennaio, uscì dal suo nido cinguettando. Ma non sapeva che la partita non era ancora finita.
Gennaio, non accettando l’affronto, chiese a Febbraio tre giorni in prestito e scatenò bufere di neve e pioggia.
Le basse temperature spinsero la merla a ripararsi in un comignolo di un camino, dove rimase fino a febbraio. Quando uscì il suo aspetto era diverso, e le sue penne, per la fuliggine erano diventate tutte nere. Da allora tutti i merli sono neri. E da allora, il 29, il 30 e il 31 gennaio siamo costretti ad indossare sciarponi e cappelli, d’altronde sono i giorni più freddi dell’anno. I giorni della Merla, appunto.