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4 maggio 1811. L’autonomia dei “casali”

  •   Pino Macrì
4 maggio 1811. L’autonomia dei “casali”

Il passato 2011 è dai più ricordato come “l’anno del 150°”: non sono in molti, cittadini e, addirittura, anche sindaci calabresi, a sapere, o ricordare, che in quell’anno ricorreva il bicentenario della nascita istituzionale di moltissimi dei Comuni di appartenenza, fuoriusciti dalla condizione di “casale” alle più o meno dirette dipendenze di qualche centro viciniore e di maggior importanza, ed entrati nella dimensione di autonomia governativa.

Questa importante trasformazione fu uno degli effetti del riordino amministrativo voluto dai Francesi, nel corso dell’ormai celebre periodo che va sotto il nome di Decennio (1806-1815). La storia è in grandissima parte nota, ma tuttora ancora al centro di studi, ricerche, discussioni, talora anche noiose, fra neo e anti borbonici, a proposito del ruolo che esso Decennio ebbe nello sviluppo della società meridionale (e calabrese in particolare): da una parte se ne esaltano gli indubbi meriti in ordine alla riorganizzazione, in chiave finalmente moderna, di uno Stato arroccato su un assolutismo antistorico, e se ne sottolinea, giustamente, il provvedimento più famoso, l’eversione della feudalità, che poneva finalmente termine ad ignominiose diseguaglianze sociali; dall’altra, creando spesso un collegamento un po’ forzato con le vicende postunitarie su cui oggi molto si dibatte, se ne rimarca la spietata repressione del brigantaggio, visto indiscriminatamente come reazione legittimista ad una occupazione straniera, ad opera del famigerato generale Manhès.

DI FATTO, MOLTI DEI PROVVEDIMENTI amministrativi (oltre all’eversione della feudalità, la riorganizzazione della civica amministrazione, di cui l’istituzione dell’anagrafe civile, tolta alla tenuta dei registri parrocchiali, fu la più duratura innovazione, l’istituzione dei cimiteri fuori dall’abitato, ecc.) dovettero essere considerati tanto “rivoluzionari” e indispensabili ad un tempo, che la stessa Restaurazione borbonica si guardò bene dal rimuoverli. Ma tornando ai “nuovi” comuni, un primo tentativo di riorganizzazione c’era già stato durante la Rivoluzione del 1799, ma fu talmente affrettato da risultare del tutto impraticabile a causa dei grossolani errori dovuti ad una sommaria conoscenza del territorio.

Con la Legge concernente la divisione del Territorio continentale della Repubblica Napolitana del 21 Piovoso anno 7.° Repubblicano (9 febbraio 1799), furono infatti istituiti 11 dipartimenti: la Calabria fu divisa nel Dipartimento del Crati (con capoluogo Cosenza e ripartizione in 10 Cantoni: Cosenza, Corigliano, Cirò, Acri, Castrovillari, Tursi, Castel Saracino, Lauria , Belvedere, Belmonte.) e in quello del Sagra (con capoluogo Catanzaro e altri 10 Cantoni: Catanzaro, Cotrone, Nicastro, Monteleone, Tropea, Seminara, Reggio, Bova, La Roccella, Satriano).

Una veloce scorsa all’elenco dei comuni, (detti “Luoghi”) ad esempio, del Cantone della Roccella (fig. 1), fa comprendere quanto prima si diceva, risultando esso composto dai Luoghi di La Roccella, Castelvetere, S. Maria delli Crochi, S. Giovanni, Mammola, Cacurave, Ciamuti, Calandra, Prati, S. Nicolò di Canali, Ardore, Charere, Motta Bovalina, Bombili, Portigliola, Gerace, S. Filippo d’Argirò, Siderno, Grotteria e Martoni giojosa. Chi abbia un minimo di conoscenza di quel territorio rimane immediatamente sconcertato di fronte a nomi come S. Maria delli Crochi, Cacurave, Ciamuti, Calandra, S. Filippo d’Argirò, Martoni giojosa (sic!).

L’INGHIPPO É PRESTO SVELATO: la suddivisione territoriale fu tracciata direttamente sulla carta, o meglio, sull’unica carta geografica della Calabria di cui si disponeva al tempo: il Foglio 4 della Carta Geografica della Sicilia Prima delineata da André G. Germain, Louis Perrier e Giovanni Antonio Rizzi Zannoni e pubblicata a Parigi nel 1769. Non sapeva, forse, il povero Championnet (firmatario della Legge) che quella carta era stata tracciata dal grande Rizzi Zannoni (che, nel frattempo, stava redigendo l’Atlante terrestre del Regno di Napoli, cui stava lavorando dal 1787 su commissione di Ferdinando IV, a seguito degli eventi del Grande Terremoto del 1783) interamente a tavolino, sulla scorta delle cosiddette Carte Aragonesi, risalenti al XV secolo.

A rimettere un minimo a posto le cose ci volle, appunto, il Decennio, dapprima con lalegge 8 agosto 1806 n. 132 che ripartì il territorio in tredici province e quest’ultime in distretti, nel cui ambito furono collocati i comuni; poi, a partire dall’anno successivo, con le leggi del 19 gennaio (istituzione dei circondari), del 21 febbraio (funzioni dei decurioni) e 13 giugno 1807 (norme per la scelta degli amministratori civici), furono delineate le varie funzioni amministrative.

MA BISOGNERÁ ASPETTARE IL 1811 per avere la conferma definitiva dei “nuovi” comuni: il decreto 4 maggio 1811 n. 922, disposto da Giuseppe Napoleone per fissare la nuova circoscrizione delle province del Regno, rappresentò il primo compimento della legge 132 del 1806, stabilendo infatti il numero e la ripartizione amministrativa dei singoli comuni, con l’indicazione delle eventuali frazioni, nell’ambito dei Circondari, dei Distretti (per la Calabria Ulteriore furono: Monteleone, Gerace, Catanzaro e Reggio) e delle Province.

É, quindi, da considerarsi quella la data ufficiale di nascita di moltissimi dei comuni dell’Italia meridionale continentale, dal momento che, tra l’altro, il decreto borbonico 1 maggio 1816 n. 360 ne aggiornò soltanto la circoscrizione amministrativa, apportando lievi modifiche al decreto del 4 maggio 1811, elevando il numero delle province a quindici (risale quindi al 1816 la suddivisione della Calabria Ulteriore in Ultra 1ª – grosso modo corrispondente all’attuale provincia di Reggio Cal. – e Ultra 2ª, l’antica Prov. Di Catanzaro, comprendente anche quelle odierne di Vibo e Crotone – fig. 2).

IL DISTRETTO DI GERACE

Per quanto riguarda il Distretto di Gerace, esso era suddiviso nei seguenti Circondari (i Comuni riportati senza data erano già Università, cioè “Comune” capoluogo, prima del 1811; laddove sono riportati due o più Comuni, quelli dopo il primo erano frazioni):

Gerace, con i Comuni di: Gerace; S. Ilario (1811) e Condojanni (anticamente Università, poi frazione nel 1811); Portigliola (1799, Luogo 1807 e Comune nel 1811); Ciminà (Luogo 1807 e Comune, 1811); Antonimina (1811), Canolo (Luogo 1807 e Comune 1811) e Agnana (Comune dal 1841); Siderno

Casalnuovo (ora Cittanova), con i comuni di: Casalnuovo (oggi Cittanova); Terranova; Scroforio e Galatone; Radicena; Jatrinoli e S. Martino

Polistina, con i comuni di: Polistina e Melicucco; Rizziconi e Drosi; S. Giorgio (Morgeto) Staiti, con i comuni di: Staiti (Luogo 1807 e Comune 1811); Bruzzano (Luogo 1807 e Comune 1811) e Motticella; Palizzi (1811) e Pietrapennata; Brancaleone (Luogo 1807 e Comune 1811); Ferruzzano (Comune 1811)

Bianco, con i comuni di: Bianco (Luogo 1807 e Comune 1811); Casignana (Luogo 1807 ? e Comune 1811?); S. Agata (Luogo 1807 e Comune 1811, poi fraz. di Samo nel 1928 e Comune 1946 ); Precacore (Samo) (Luogo 1807 e Comune 1811); Caraffa (1811); S. Luca (Luogo 1807 e Comune 1811)

Ardore, con i comuni di: Ardore (Luogo 1807 e Comune 1811), S. Nicola e Bombile; Natile (già frazione, autonomo nel 1836 e poi ancora frazione); Mottaplati (Platì)(1799, Luogo 1807 e Comune 1811) e Cirella; Benestare (Luogo 1807 e Comune 1811) e Careri (1836); Bovalino

Roccella, con i comuni di: Roccella; Giojosa; Castelvetere (Caulonia) (nel 1816 capoluogo di Circondario al posto di Roccella)

Grotteria, con i comuni di: Grotteria; Mammola (1799, Luogo 1807 e Comune 1811); Martone (1799, Luogo 1807 e Comune 1811); S. Giovanni (?)

Stilo, con i comuni di: Stilo; Stignano (Luogo 1807 e Comune 1811); Riace (Luogo 1807 e Comune 1811); Camini (Luogo 1807 e Comune 1811); Placanica (Luogo 1807 e Comune 1811); Pazzano (Luogo 1807 e Comune 1811); Bivongi (Luogo 1807 e Comune 1811); Monasterace (Luogo 1807 e Comune 1811)

Badolato, con i Comuni di: Badolato; Isca; S. Caterina; Guardavalle.


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