A quadam Calabriae civitate
- Francesco Marrapodi
In località Stole, direzione ovest del promontorio Capo Zeffirio, lungo gli argini del fiume La Verde (in antichità Trope, dal greco: corso navigabile) risiedeva una tribù di Italioti o forse di Siculi. Non si sa con certezza. Quello di cui si è certi è che si trattava di una comunità dedita alla cultura rurale e alla caccia. Una comunità che copriva una vasta zona d’azione: da Paleocastro, – luogo i cui Greci eressero in seguito un attracco navale – fino a poche centinaia di metri dal mare; territorio quest’ultimo sotto il dominio di altre comunità indigene.
ANNI FA alcuni contadini, intenti a dissodare la terra all’interno della zona ovest del promontorio, si trovarono alla presenza di alcune necropoli. Si tratta, probabilmente, di sepolcreti indigeni attaccati a delle necropoli greche. Questo, in un certo senso, andrebbe a comprovare il famoso inganno che i coloni locresi giocarono agli indigeni: «Noi vi saremo fedeli finché calcheremo la stessa terra e porteremo le teste sulle spalle». È dunque possibile che i rinvenimenti siano necropoli locresi? È probabile, giacché l’iniziale insediamento degli stessi è da collocare nel VII secolo a.C sul Zephyrion Acra (Capo Zeffirio).
TUTTAVIA, le tombe rinvenute, anche se di fattura greca, erano piuttosto grezze e distavano diversi chilometri da Capo Zeffirio. Questo tende a farci credere che la verità potrebbe essere un’altra. San Tommaso D’Aquino sostiene: «Pytagoras natione Samius, sic dictus a quadam Calabriae civitate» (trad. Pitagora nativo di Samo città calabrese) non si può negare che la stessa Samo, città della Magna Grecia, sia realmente esistita; e che, al contempo, possa anche essere stata la città natale di Pitagora. A pochi chilometri dalla zona di rinvenimento delle necropoli, attualmente v’è il paese di Samo, piccolo centro aspromontano con meno di mille abitanti. Che si sia trattato poi della madrepatria di Pitagora, questo non possiamo dirlo con certezza, ma neanche lo possiamo escludere a priori. Secondo Erodoto, il primo insediamento si sarebbe avuto nel 493 a.C. in territorio gentilmente concesso dai locresi ai coloni greci provenienti dall’isola di Samos nell’Egeo Orientale. Purtroppo sarebbe sufficiente questo a smontare la nostra teoria; perché la nascita di Pitagora è da datare a circa sessant’anni prima della fondazione di Samo. Seguendo questa logica, il nostro Pitagora non sarebbe più un greco calabro, ma un greco dell’isola dell’Egeo.
ABBIAMO comunque le basi per sostenere l’esistenza di un precedente piccolo borgo, fondato da alcuni pochi esuli provenienti dall’isola di Samo. Si tratterebbe di un primo agglomerato che fu più tardi rinforzato da altri samii provenienti dalle coste siciliane dove erano insediati. Questi ultimi, insieme con una comunità di profughi milesi, furono espulsi da Zancle, l’attuale Messina, dove si erano stabiliti tempo prima. I milesi, dalla parte del Tirreno fondarono Mileto, mentre i samii andarono quasi sicuramente a rinforzare, da quest’altra parte della Calabria, il piccolo borgo eretto in precedenza dai loro concittadini. Premettendo che ciò faccia davvero parte della realtà, chi ci assicura che Pitagora sia nato in questo primo insediamento? L’unica cosa certa è che Samo di Magna Grecia è esistita. Con ogni probabilità la polis si estendeva nella zona da noi oggi chiamata Stole, e fu costruita con tanto di riguardo e nostalgia alla patria.
ESISTONO, oggi, diverse contrade, (sia nell’isola di Samo nel mar dell’Egeo, sia nell’area contigua all’attuale Samo di Calabria) che portano parallelamente gli stessi nomi: Paleocastro, Sportà, Rudina ad esempio. Tutto il resto, che si sia trattato della madrepatria di Pitagora o meno, lo lasciamo stabilire al tempo che, sfortunatamente, finora s’è dimostrato avverso a questa tesi.