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Bova. La memoria di “u tamburinaru” esposta al Museo della Lingua Greco-Calabra “G. Rohlfs” grazie alla donazione degli eredi di Antonino Altomonte

  •   Redazione
Bova. La memoria di “u tamburinaru” esposta al Museo della Lingua Greco-Calabra “G. Rohlfs” grazie alla donazione degli eredi di Antonino Altomonte

All’indomani dell’inaugurazione delle nuove sezioni del Museo della Lingua Greco-Calabra G. Rohlfs le collezioni etnografiche del piccolo quanto originale museo bovesi si arricchiscono di un interessante tassello del patrimonio culturale identitario del capoluogo dei Greci di Calabria. Si tratta del tamburo e delle bacchette in legno appartenute all’araldo Altomonte Antonino, (Bova 29 giugno del 1896 Reggio Calabria 26 aprile del 1980), meglio noto in tutta l’area grecanica con l’appellativo di “u tamburinaro di Bova” per via del suo mestiere di tamburino, svolto durante quasi tutto l’arco del Novecento. Per circa un secolo fu infatti Altomonte Antonino ad annunciare le feste di piazza e le ricorrenze (anche quelle meno felici), non soltanto nella sua amata Bova, ma anche in tutti i centri dell’area grecanica e nelle frazioni della città di Reggio Calabria. Il ritmo del suo tamburo, così come il suono della sua inconfondibile voce, echeggiano ancora nella memoria di molti. Fu difatti Altomonte Antonino ad annunciare l’inizio e la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’avvio delle annuali novene in commemorazione di San Leo, patrono di Bova, così come i festeggiamenti, nel maggio del 1965, in occasione della collocazione della statua della Madonna del Mare sul promontorio di San Giovanni d’Avalos. Altomonte Antonino, fu Pantaleone, era nato a Bova il 29 giugno del 1896. Reduce della Prima Guerra Mondiale è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto. Con il suo estro artistico innato (che ha prevalso sulla naturale economia familiare contadina), affrontando enormi sacrifici ha acquistato il proprio “tamburo rullante” che lo ha accompagnato e “ha accompagnato”, fin quasi all’ultimo giorno della sua vita, le feste di piazza di tutto l’Aspromonte greco. Il rullo del suo tamburo ha sempre accompagnato le sue poesie dialettali, i suoi ritornelli e le sue composizioni estemporanee in rima dialettale che a volte recitava provocatoriamente in grecanico, per renderle più intriganti a chi non riusciva a capire l’importanza di quel “dialetto” che si era fermato alla sua generazione. Il suono del suo strumento ha di certo rappresentato un’epoca. Altomonte Antonino ha accompagnato per decenni le processioni patronali delle varie comunità grecaniche, le ricorrenze più significative, tante inaugurazioni e commemorazioni ma, anche e soprattutto, i riti tradizionali delle “Pupazze”, i balli “dù giganti e da gigantissa”, quelli pirotecnici “dù camillu” ed ogni altra manifestazione di piazza tipica del suo tempo. Il rullo del tamburo apriva la scena di rituali, accompagnava i personaggi, trascinava le folle e dettava i ritmi della scena, sino a chiudere, a fine serata, la scena stessa. La figura del “tamburinaro”, spesso accompagnato da altri strumenti (i piatti, la grancassa, il trombone), nei luoghi di esibizione, costituiva un’attrazione, una novità trascinante per i più piccoli che formavano una sorta di carovana che seguiva i “musicanti” e la festa per le viuzze dei borghi. La passione per questa “riconoscenza” tributata dalle varie comunità (che, di anno in anno, rinnovavano la richiesta della sua presenza nelle ricorrenze), la sua volontà di conoscere ed esplorare quanti più possibili paesi e luoghi a lui sconosciuti, lo hanno spinto sino a quando le forze lo hanno aiutato, a restare “in campo”. Altomonte Antonino è mancato, in modo sereno ma assolutamente inatteso, il giorno 26 aprile del 1980. La donazione del suo tamburo al Museo della Lingua Greco Calabra “G. Rohlfs” significa, per i nipoti (Antonio e Giuseppe Altomonte) e pronipoti, eredi di “u tamburinaro”, di onorare la volontà del proprio avo, condividendo con la comunità bovese, lo strumento di lavoro e la passione di un uomo che si è sempre sentito “figlio” di questo splendido borgo calabrese. Lo strumento artigianale unico per realizzazione (con i suoi oltre 100 anni di storia), rappresenta infatti la memoria di uno dei figli più illustri di Bova. Con questo donazione, fortemente sostenuta dal Sindaco Santo Casile, il museo “G. Rohlfs” potrà raccontare la storia vissuta del nostro borgo, il quale oramai da anni punta a fare della valorizzazione della cultura tradizionale il passaporto per veicolare Bova nel futuro. Soddisfatto anche il curatore del museo, Pasquale Faenza, il quale ha già previsto la catalogazione del bene etnografico oltre a programmare un incontro dedicato a Antonino Altomonte: “u tamburinaro dei Greci di Calabria.


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