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Capristello. La Calabria al tempo dei Mori

  •   Carmine Verduci
Capristello. La Calabria al tempo dei Mori

Vi sono luoghi nascosti, sconosciuti, immersi nel silenzio, alle pendici orientali dell’Aspromonte dove la montagna degrada aspramente e talvolta dolcemente verso la costa con le sue colline di argilla e arenaria. Sono le radici di una montagna tanto misteriosa quanto sconosciuta, amata, odiata ricca di storia e leggende antichissime, ed è il caso di questa antica fortezza che si trova nel territorio di Brancaleone. Il suo nome così particolare richiama echi e culture antichissime: “Capristello” o in dialetto locale “Crapisteddhu”, come lo storico, e ricercatore, Vincenzo De Angelis di Brancaleone afferma:

«Era un antico maniero saraceno, poiché in molti luoghi come questo i Saraceni convivevano in pace con i locali abitanti. Secondo due studiosi tedeschi i due territori, cioè Capristello e Brancaleone, erano  molto vicini e divisi dal torrente Ziglia. Si passava da una parte all’altra tramite un ponte-passerella (che veniva costruito di giorno e disfatto di notte).

Una frana più tardi allontanò i luoghi. Quando i Saraceni si recarono in paese per fare un po’ di baldoria per la Pasqua, sbagliarono settimana e tornando indietro dicevano alle loro donne “Scucinè scucinè ca non è Pasca… ma è iornu i frasca” (cioè giorno delle Palme)».

Altri studiosi e ricercatori come il prof. Sebastiano Stranges riferisce di alcune importanti scoperte rilevate da alcuni sopralluoghi fatti da lui stesso insieme al prof. Giuseppe Cordiano dell’Università di Siena. È Stranges a riferirmi:

«Vi sono dei resti di mura, probabilmente mura di un castello, nel nostro sopralluogo abbiamo rilevato che esiste un muro totalmente vetrificato, sintomo di altissime temperature. La struttura è simile ad una piccola fortificazione, ci sono dei corpi architettonici che non siamo riusciti a comprendere, né io né il prof. Giuseppe Cordiano, e sarebbe auspicabile uno scavo… considerato che mi è stato riferito da uno studioso, che in questo luogo si ricavavano oro e argento».

Potrebbe quindi trattarsi di scoperte per cui val la pena indagare, approfondire, conoscere, portare alla luce fatti e avvenimenti antichissimi che sono fonte di inestimabile valore, oltre alle curiose leggende che aleggiano su questo luogo, una delle ricorrenti è sicuramente la leggenda che vuole in questo luogo la presenza della gallina dalle uova d’oro (leggenda ricorrente dei piccoli borghi aspromontani, che i nostri antenati tramandano fino a noi oggi) ma che potrebbero trovare spiegazioni plausibili forse dalla antica estrazione di metalli preziosi.

Teorie o supposizioni che meriterebbero senz’altro approfondimenti e studi, che potrebbero un giorno riportare alla luce sensazionali scoperte.


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