Cartolina aspromontana. L'altopiano delle pietre benedette
- Antonio Strangio
Serro della Croce è uno degli altopiani più importanti e conosciuti del famoso massiccio aspromontano, zona orientale. Ricade nel comune di San Luca ed è la porta d’accesso che anticipa la famosa fontana della Pregna, così chiamata perché una signora incinta, in viaggio verso il santuario di Polsi, arrivata nel posto dove oggi è stata eretta una fontana, presa da una tremenda e incontrollabile arsura, si rivolse alla Madonna di Polsi affinché facesse sorgere in quel luogo, dove aveva scelto di riposarsi dopo un lungo e faticoso viaggio a piedi, una sorgente d’acqua capace di dissetare lei e tutti i pellegrini che ivi transitavano. La Madonna esaudì il desiderio della donna gravida che si dice fosse di un qualche paese della Locride, e da quel giorno il luogo dove si è verificato il famoso miracolo è stato battezzato “Fontana della Prena” ( fontana della donna gravida).
L’altopiano della Croce, è così chiamato perché in tempi a noi sconosciuti, è stato impreziosito con una croce in pietra, opera di un qualche anonimo pellegrino che poi nel periodo dei pellegrinaggi si prendeva anche il compito di accendere accanto alla particolare croce, un piccolo lumino. É conosciuto anche con il nome di “area della Figurella” o delle pietre benedette. E il motivo è subito chiaro ed evidente.
Nei secoli i pellegrini che ivi transitavano, la maggior parte dei quali provenienti dai paesi della Piana, erano soliti portare a spalle una pietra come espiazione di un voto, le cui dimensioni erano rapportate alla gravità del peccato commesso e l’età del peccatore… Le pietre penitenti venivano depositate alla fine del pianoro, nel posto dal quale è possibile scorgere in lontananza il santuario dedicato alla Madonna della Montagna. Negli anni che seguirono furono ammassati cumuli di sassi che a secondo da dove li si guardava, assumevano la forma di particolari monumenti. Ora quei cumuli immortalati e tempestati da provetti e mai stanchi e curiosi fotografi, sono diminuiti a vista d’occhio perché menti e mani criminali ne hanno trasportato altrove un enorme quantitativo, che secondo alcune dicerie è servito per abbellire e proteggere la villa di qualche facoltoso imprenditore. Un furto sacrilego per certi aspetti, che ha indispettito fino all’esasperazione gli operai forestali di stanza nella zona, i quali senza profferire ragione hanno creato una barriera protettiva intorno ai resti di questo ammasso che sa di fatica e tanta benedizione, assumendosi anche il compito di ripristinare nel punto più alto quell’antica croce in pietra che sempre mani incuranti avevano divelto e cambiata di posizione.
Gli operai, supportati da una grande fede, hanno così deciso di innalzare nel punto più alto una croce in legno. Quella croce, diventata un simbolo molto importante, da anni era sparita e non si sapeva che fine aveva fatto, fino a quando, gli operai, appartenenti dell’ufficio all’ufficio Afor di Bovalino, ora Calabria verde, non hanno deciso di realizzare una simile, e più o meno delle stesse dimensioni. La croce, realizzata in legno di castagno, è stata posizionata nel punto più alto, quello da dove è possibile toccare con gli occhi il santuario che sta nella valle sottostante e dominare tutta la vallata che permette di ispezionare, sempre con gli occhi, uno dei paesaggi più belli e suggestivi, caratterizzato nel suo punto più lontano dalla linea del mare Ionio, e dalla maestosità della cima di Montalto, il guardiano dell’Aspromonte, definito da Norman Douglas, autore del famoso Old Calabria (Viaggio in Calabria),“la calamita delle nuvole”.
Verso quel gesto, diventato negli anni segno e storia, figlio di un anonimo pellegrino che nessuno ha mai conosciuto e che forse è passato a nuova vita, quella eterna, gli operai forestali che qualcuno vorrebbe mandare al macero, hanno voluto indirizzare tutta la loro riconoscenza, perché secondo loro e secondo i pellegrini che vi sostano, in quell’atto è racchiusa tutta la forza e la bellezza della fede, quella che ha nei segni della pietà popolare una delle caratteristiche più antiche e ancora diffuse, perché malgrado gli anni che passano, questi segni continuano a camminare sulle gambe del popolo al quale appartengono. Per tanto tempo ancora.