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Facciamo Storia. Tutto nasce in Aspromonte

  •   Francesco Marrapodi
Facciamo Storia. Tutto nasce in Aspromonte

Fu in onore di Re Italo che l’antica Enotria, l’attuale Calabria meridionale, prese il nome di Italia. Qui, dunque, nacque il nome della nostra nazione.

Potrebbe sembrare una delle tante burle correnti, o, tutt’al più, un curioso gioco di parole: l’Italia figlia (anche) dell’Aspromonte! Si tratta, tuttavia, di un dato certo; anzi storico. L’Italia prende il proprio nome, appunto, dalla Calabria; per essere maggiormente precisi, dall’area calabra meridionale. Secondo Tucidide, l’attuale Calabria meridionale, in epoca arcaica “Enotria”, fu consacrata con il nome di “Italia” in onore del re Italo. Diverse le fonti storiche che lo attestano.

STIAMO PARLANDO di 16 generazioni antecedenti alla guerra di Troia, quando Italo divenne re di quasi tutta la Calabria ad eccezione della zona settentrionale. A dare supporto all’affermazione di Tucidide c’è anche Aristotele (Aristotele, Politica, VII, 9, 2): «Divenne re dell’Enotria un certo Italo, dal quale si sarebbero chiamati, cambiando nome, Itali invece che Enotri. Dicono anche che questo Italo abbia trasformato gli Enotri, da nomadi che erano, in agricoltori e che abbia anche dato ad essi altre leggi, e per primo istituito i sissizi. Per questa ragione ancora oggi alcune delle popolazioni che discendono da lui praticano i sissizi e osservano alcune sue leggi».Lo stesso continua dicendo: «Italo, re degli Enotri, da lui in seguito presero il nome di Itali e Italia l’estrema propaggine delle coste europee delimitata a Nord dai golfi [di Squillace e di S.Eufemia]».

EBBENE, ARISTOTELE ci parla di Italo come un re saggio ed equilibrato, da cui dipesero le sorti degli Enotri, popolo trasformatosi più tardi in itali o italioti. Nella realtà, si trattava di tribù primitive adattate a una forma di cultura nomade, che lo stesso Italo ottenne di convertire, con l’andare del tempo, in civiltà sedentarie, fornendo loro persino di un codice di leggi. La stessa civiltà che popolò la bassa Calabria e che riuscì ad assoggettare a sé le altre popolazioni indigene, estendendo, così, la zona d’influenza molto più a nord. Perciò, quando giunsero i primi coloni greci, questo fascio territoriale, con particolarità la zona aspromontana, si presentava con il nome di Italia. In seguito, nel corso dell’estensione coloniale da sud a nord (La Magna Graecia), gli stessi greci avrebbero applicato il nome “Italia” a un più vasto territorio. Ci penseranno i romani, successivamente alle loro conquiste, ad estenderlo all’intera penisola, e cioè fino ai territori comprendenti le Alpi, la Liguria e l’Istria. Una realtà che racchiude a sé una ancor più grande verità: il risultato dei popoli antenati di questa terra che si lasciano assorbire dalle nuove culture, come quella dei greci per prima; o come quella dei romani, cioè il frutto di un impasto che vide i discendenti di Enea congiungere con i latini e, successivamente, con le civiltà etrusche del tempo; che vengono soppiantate (in epoche più recenti) dalle civiltà spagnole e francesi. Ebbene, tutte queste promiscuità di razze e di culture, hanno dato origine al popolo italiano. Ma il nome – almeno quello! – s’imbeve, anzi getta le sue prime radici nelle nostre remote terre, e più precisamente in quelle calabre meridionali.

NEL V SECOLO a.C. Antioco di Siracusa ci forniva questo quadro della situazione: «L’intera terra fra i due golfi di mari, il Nepetinico e lo Scilletinico, fu ridotta sotto il potere di un uomo buono e saggio, che convinse i vicini, gli uni con le parole, gli altri con la forza. Questo uomo si chiamò Italo che denominò per primo questa terra Italia. E quando Italo si fu impadronito di questa terra dell’istmo, ed aveva molte genti che gli erano sottomesse, subito pretese anche i territori confinanti e pose sotto la sua dominazione molte città».

LA LEGGENDA

La leggenda vuole che i primi abitanti della Magna Grecia conducessero una vita errante e selvaggia. Essi vivevano nelle caverne, lottavano con gli animali e si cibavano miseramente. Non sapevano coltivare la terra, né allevare il bestiame, né esercitare arti e mestieri. Ecco perché la regione, che era florida e bella, rimaneva in uno stato selvaggio. Fu così che i nostri vecchi padri proclamarono Italo loro re e ne seguirono gli  ammaestramenti. Da parte sua, Italo, insegnò loro come coltivare la terra, come trarre profitto dagli animali e come utilizzarne i prodotti; dettò leggi savie, decretò il culto di Cerere, la dea delle biade, di Fauno, genio benefico dei monti, della campagna e del bestiame, e di Fauna, la dea che aumentava i prodotti della terra. (webcalabria.it)

 I Sissizi, antichi banchetti

I Sissizi erano una specie di banchetti collettivi che si svolgevano tra alcuni popoli antichi. La comunità era divisa in vari gruppi (per lo più facente parte dello stesso nucleo famigliare) formati da almeno 15 persone, che puntualmente si riunivano per il pasto. I costi erano divisi in parti uguali tra i partecipanti; gli stessi che mensilmente avevano l’impegno di corrispondere con la propria quota; altrimenti erano estromessi dal gruppo. La quota, generalmente, corrispondeva in almeno 3 kg di formaggio, 1,5 kg di fichi, 35 litri di vino e altro. Se un membro moriva era rimpiazzato (chiaramente con il consenso di tutti i partecipanti) con un nuovo componente dello stesso gruppo. Con ogni probabilità lo scopo di questo meccanismo, all’apparenza così insolito, era di consolidare il senso di appartenenza a quella parte di società (o rango) più elevato, dove primeggiavano i membri più anziani, esperti in politica, e dove competevano decisioni di massima importanza e responsabilità.


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