Ferruzzano 1907. Il Terremoto dimenticato
- Pino Macrì
Un anno prima del catastrofico terremoto di Reggio e Messina del 28 dicembre 1908, un altro violentissimo sisma si era abbattuto su Ferruzzano (il 23 ottobre 1907, alle ore 20:28, magnitudo 5.93) radendo letteralmente al suolo il paese e provocando centinaia di morti e gravi danni in tutto il territorio del medio-basso ionio reggino. In qualche misura, la tragedia dello Stretto oscurò quella di Ferruzzano, tanto che, nel tempo, la memoria collettiva quasi rimosse quel luttuoso evento, anche per la scarsità di testimonianze ed immagini che ne narrassero i tratti peculiari, tramandando ai posteri il terribile monito.
DAGLI ARCHIVI de La Stampa di Torino e da quelli di un rotocalco spagnolo, qui di seguito alcuni eccezionali documenti lo riportano alla memoria. Fra essi, anche una storica foto della “sentinella perduta”, la Torre di Pagliapoli di M. di Portigliola, a poche decine di metri dalla cinta muraria dell’antica Locri, che in quella occasione, essendo da poco finalmente iniziati gli scavi archeologici per riportate alla luce una delle perle dell’antichità magno greca, quasi dismetteva il suo secolare compito di vigilanza sugli storici avanzi, crollando miseramente sotto i colpi dell’impietoso evento tellurico.
ANTONIO SCARFOGLIO, da La Stampa del 26 ottobre 1907: «Il brigadiere dei carabinieri Vincenzo Cerulli, uno dei superstiti, mi racconta le sue sventure: “Attraversavo già il breve spazio fra i due lettucci, allorché mi parve che il quadro col ritratto del Re oscillasse da destra verso sinistra violentemente. Inanzi a me il letto pareva scosso da una mano invisibile; i vetri tremavano; sentivo mancarmi la terra sotto i piedi. Non pensai al terremoto, sulle prime, tanto la mia mente era lontana da quella possibile catastrofe, e il fenomeno mi parve dovuto piuttosto a soverchia eccitazione mia. Qualche secondo dopo, tutto era ritornato alla calma primitiva. Non aveva però fatto ancora un passo che mi sentii avvolto tutto in un fragore rumoroso di vetri infranti e di porte sbattute. Le mura si inclinarono pericolosamente verso di me, poi diversero violentemente verso l’esterno. Con gran fracasso, i vetri infranti oscillavano rumorosi come canne sbattute, una contro l’altra, da un vento di tempesta, la lampada si era spenta, infranta contro il muro, ma l’aria, attraverso i vetri, appariva tutta insanguinata. Un brivido intenso correva lungo le fibre della terra. Un rombo immane rumoreggiava all’esterno col rumore di un masso enorme che da un monte rotoli precipitosamente a valle. Nell’oscurità e nel rumore si levavano altissime grida acute. Carponi, dimentico di tutto, pazzo di terrore, puntellandomi con tutte le forze dei miei muscoli contro le asperità del suolo fatto di terriccio battuto, dimenticando l’orrore della morte imminente che già vedevo avvinghiarmi le spalle, fuggii, o, meglio, mi trascinai a tentoni fino all’arco della porta che avevo chiusa prima di andare a letto, ma che, nell’impeto della scossa, si era spalancata. I primi calcinacci cominciarono a cadere attorno a me. Una trave cadde pesantemente accanto sfiorandomi le spalle. Mi rincantucciai più che potei al riparo dell’architrave. Fuori, nella via, una terribile tempesta imperversava. Una folla di gente spaurita, urlante, nuda, gesticolante, si precipitava per le vie oscure guazzando nell’acqua che, ovunque, aveva fatto dei pantani. Le donne, a gran voce, chiedevano a Dio riparo dal suo flagello. La turba di gementi si urtava, si spingeva, si premeva in tutti i sensi. Nell’ondata di popolo, quelli che erano innanzi venivano sopraggiunti da coloro che correvano dietro, e cadevano a terra, sparivano, sopraffatti, malconci, entro una nuova ondata vivente. Livido, ansante, io guardava compiere inanzi a me, con occhi sbarrati, la terribile opera di morte. Un tremito mi correva lungo la schiena. Batteva i denti per il freddo, forse. Pian piano il fragore diminuì, si smorzò, cessò quasi del tutto. Il silenzio rientrò, rotto soltanto dallo scrosciare violento della pioggia e dal franare improvviso delle case. Un gruppo di donne recitava litanie. Fuggii, fuggii, incespicai tre volte, ma non caddi. Inanzi a me il paese era sparito. Da ogni parte venivano lamenti, gemiti, pianti. M’incamminai. Vidi il vicepretore Marazzi che si dibatteva con una gamba presa tra le macerie. Gridando, dissi che lo avremmo aiutato, e passai oltre. Più in là altra gente si univa a me, tra cui il sindaco Canizzaro, l’arciprete, il farmacista Francapisani, che dette aiuto a me ed ad altri. Il mattino, all’alba, arrivai a Brancaleone. Quivi trovai il pretore Camminisi [Caminiti, n.d.r.] e il dottor Vincenzo De Angelis che partirono immediatamente per Ferruzzano, mentre io rimasi a Brancaleone”».
SEMPRE SCARFOGLIO, in corrispondenza: «Oltre Ferruzzano, sono maggiormente danneggiati Sant’Ilario, con 5 morti e 6 feriti gravi; Bianconovo con 2 morti, 8 feriti gravi e 16 leggeri. Nelle contrade di Pioppo e Chiesa, le abitazioni sono tutte crollate e le strade tutte ingombre di macerie. Brancaleone subì gravi danni: mezzo paese è distrutto. Sono danneggiati pure i comuni di Galatro, Colonna [Calanna n.d.r.], Talizzi [Palizzi, n.d.r.], Staiti, Polistena, Santa Lorenza [San Lorenzo], Montebello, Cataforio, Gallina, Bovalino Marina, Benestare, Careri, Caraffa, Oppido Mamertino, Palmi, Casignana, Prati [Platì], Precacore, Siderno, Sant’Agata, Mammola. La frazione Zoparto è tutta distrutta. Quivi perirono un vecchio di 65 anni ed una bambina. Vi sono parecchi feriti alla frazione Pardesca ed altri feriti e molti danni a Portigliola, dove cadde pure metà della Torre demaniale. Lungo la strada provinciale cadde anche una rupe soprastante il paese, ferendo due persone. A Bovalino Superiore sono crollate varie case. Vi sono due feriti. Una donna fu estratta incolume dalle macerie. A Gerace, oltre la Torre crollata, son danneggiati parecchi edifici pubblici».
QUESTO, poi, nel resoconto del 1º novembre (sempre su La Stampa), l’elenco ufficiale delle vittime: Africo: 1 morto e 4 feriti; Bianconovo: 2 morti e 10 feriti; Bovalino: 3 morti; Casignana: 1 ferito; Ferruzzano: 175 morti (118 estratti) e 50 feriti, di cui 12 gravemente; Maropati: 2 feriti; Precacore: 2 feriti; Sant’Eufemia: 5 feriti; Sant’Ilario: 5 morti e 10 feriti; San Luca: 12 feriti.