Gli "artigiani" di Zervò: delicati fiori degli abissi
- Antonella Italiano
«Forse Alfredo non aveva mai sognato in vita sua. O, perlomeno, aveva già smesso talmente da tanto tempo di farlo che, a diciott’anni di età, non se ne ricordava neanche più…», queste le parole del libro Proposte di vita, di Don Pierino Gelmini, il prete che nel 1979 ha dato vita alla “Comunità Incontro”.
Ben 160 i centri residenziali aperti in questi anni in tutto il mondo, e cinquemila i giovani ospitati dalle comunità. Come Alfredo, quasi trent’anni prima, anche loro, oggi, lottano al confine tra la vita e la morte, contro il mostro bianco. Lottano per ricominciare a sognare. Questi fragili “fiori di mare”, che anche a Zervò, nel cuore d’Aspromonte, anelano il sole, hanno molto da insegnare. Alla comunità, in una nevosa mattina di fine febbraio, ci finiamo davvero per caso. E, nonostante lo stupore per la visita improvvisa, ci accoglie cordialissimo Antonio Farinella, il coordinatore dei centri per la Calabria. Ci mostra le strutture della comunità, la sala mensa col camino, i laboratori di artigianato, le serre, il famoso giardino zoologico, incluso nel parco nazionale. Sbalorditiva è la cura di ogni dettaglio, cervi e pavoni non possono neanche immaginare in che meravigliosa opera di falegnameria dimorano. «Nel momento in cui un ragazzo si trova nel mondo della droga – spiega Farinella - perde ogni suo valore. Ha la necessità di recuperare il senso della vita e del lavoro, questo spiega l’impegno che riversa in ogni opera, da quella più umile alla più prestigiosa. L’obiettivo finale della nostra comunità è il recupero del senso di famiglia». Ragazzi che amano ciò che noi neanche più vediamo. Don Pierino insegna loro che “gli alberi sono vicini al cielo, conoscono più cose di noi, e ci parlano se sappiamo ascoltarli…” ma, le foreste di faggeti e pini, ricoperte di neve, sono mute quando osserviamo sconsolati i cellulari senza linea. Giovani attenti anche alle stagioni, al trascorrere delle ore, a tutto quel tempo che strappano con caparbietà al loro stesso male: «Gli odori della terra bagnata d’autunno non sono gli stessi quando è primavera, così i colori del prato al mattino hanno un timbro diverso, più intenso e luminoso».
Non sono calabresi eppure riconoscono la voce dell’Aspromonte, lo amano, lo curano, lo ritraggono nei quadri, nelle sculture, nelle icone. In una stanza, su grandi tavoli, sta esposta l’intima natura della Calabria. Oggetti provenienti dal laboratorio di falegnameria, altri forgiati dai fabbri, modellini di creta, tegole decorate con figure tradizionali, posacenere e piattini dai verdi cactus, calabriselle sorridenti con profondi occhi neri. Ciò che, per noi, è solo il passato di questa terra per loro è presente, di più, è speranza. «Voi vi stupite – precisa Farinella – e lo stupore vi allontana dal mondo dei tossicodipendenti. Quando, per tanti anni, si cammina fianco a fianco alla morte, lo stupore diviene meraviglia. E, la meraviglia, non sta nella bellezza di un oggetto, nella sua immagine finale, ma nella gioia di crearlo. Perché è importante? Perché il lavoro insegna che è possibile, mediante un cammino paziente e graduale, concretizzare un disegno mentale, un sogno, raggiungere la luce alla fine del tunnel». I gesti lenti e antichi dei fabbri, che lavorano il ferro, è quanto di più bello, gli ospiti della comunità, abbiano strappato al tempo. Eccola, la voce dell’Aspromonte: il battito armonioso del martello sull’incudine, scalpelli e serre chiassosi nella falegnameria, mentre “u chianozzu” scivola sulle lunghe tavole di legno grezzo. Precisa Farinella: «Oggetti che, nonostante il valore artistico, non vengono venduti. Servono a crescere, a capire che “se tu vuoi lo puoi fare”». Don Pierino conobbe Alfredo ventisette anni fa e capì all’istante. Alfredo oggi è un uomo che ha realizzato i suoi sogni e che aiuta i giovani a diventare uomini, e a sognare: «Ci sono dei fiori che crescono negli abissi marini, che nessuno coglie e nessuno vede ma sono fiori».