I cento anni del Tiberio Evoli, “quella magnifica opera”
- Vincenzo De Angelis
Giugno 1915 – giugno 2015. Sono passati 100 anni dall’inaugurazione dell’ospedale di Melito Porto Salvo. Un ospedale nato in un momento difficile per il popolo, e necessario ad alleviargli le sofferenze. Fu un vanto per la Calabria intera.L’ospedale di Melito, prima intitolato a Garibaldi e successivamente a Tiberio Evoli, con l’eccellente chirurgo Spatolisano fu un valido punto di riferimento per tutta la nostra regione e per quelle limitrofe. Ancora oggi vi è il detto «Non ti sarva mancu Spatulisanu», la gente comune lo ripete senza conoscerne la storia, perché la buona opera del medico vive ancora in mezzo a noi (forse un po’ grazie a questo detto). Al Tiberio Evoli vennero eseguiti numerosi interventi chirurgici con tecniche all’avanguardia e, oltre alla chirurgia, vi era un eccellente reparto di maternità e ginecologia, che Evoli stesso diresse.
L’idea di Evoli
Tutto iniziò nel 1907, quando un terremoto distrusse il piccolo borgo di Ferruzzano. Quel sisma fece numerose vittime e numerosi feriti. Appena arrivò la notizia della catastrofe nei centri vicini della ionica, molta gente si recò a dare una mano. I feriti furono curati nella piazza pubblica, perché nella zona non vi era nessun nosocomio sanitario. I medici dell’epoca misero in atto il loro ingegno e la loro grande umanità e diedero un reale sollievo a quella povera gente. Dopo il terremoto, mentre navigavano da Reggio per andare a Messina, Tiberio Evoli, Peppino Mantica, Vincenzo De Angelis e Angelo Borrello, discutevano della catastrofe e di quello che si erano dovuti “inventare” per curare i feriti. In quel frangente Tiberio Evoli lanciò l’idea di costruire un ospedale a Melito. Tutti d’accordo si misero all’opera per racimolare i soldi necessari alla costruzione. Contattarono, dunque, molti benestanti di Reggio e provincia e costituirono dei comitati d’onore pro-ospedale.
Uniti per l’ospedale
La proposta fu presa a cuore dai calabresi e nessuno badò ai tanti colori politici che erano coinvolti. Dai titolati (conti, baroni, marchesi) ai professionisti, collaborarono tutti con un unico scopo: costruire l’ospedale. Iniziarono i lavori molto presto e, in pochi anni, fu portata a compimento una delle più belle opere umanitarie che si potessero attuare. Si era iniziata la costruzione senza un soldo, ma ogni persona, di quelle investite, aveva messo le mani in tasca per finanziarla. Per questo l’ospedale di Melito oggi attesta che, all’epoca, i valori umani e sociali superarono qualunque altra cosa; era una Calabria umana e sensibile, orgogliosa, che non si abbatteva e dava risposte importanti. All’inaugurazione non si aveva un solo centesimo di debito, e fu così anche negli anni a venire.
Una buona sanità
Il primo consiglio di amministrazione era composto dall’avvocato Pasquale Laganà (che fu anche il primo presidente), dal cavaliere Eduardo Evoli, dal dottore Francesco Malgeri, quale rappresentante del consiglio provinciale. In un padiglione vi era l’alloggio delle suore che prestavano la loro opera con grande umanità e tanta attenzione. Nel 1927 Melito funzionava come centro calabrese per la cura dei tumori. Basti pensare a questo reparto per capire la lungimiranza, la buona e sana politica che quei grandi uomini, veri e propri esempi di filantropia, avevano messo in atto. Fra i benefattori calabresi, che più si distinsero per aiuti all’ospedale sin dall’inizio, sono da ricordare (oltre alla famiglia Evoli) il barone Francesco Mantica, l’avvocato Agostino Casile, la famiglia Careri di Varapodio e il dottore Pietro Timpano. Quest’ultimo è stato un po’ dimenticato dalla sua Bova marina, ma spero che l’attuale sindaco organizzi presto un evento per ricordarlo. Personaggi come Timpano devono essere da esempio per i cittadini. Dopo la seconda guerra mondiale lavorò a Melito il fior fiore dei professionisti, essi furono sempre in contatto con i vari medici di famiglia, dialogando nell’interesse dell’ammalato. Discutevano di patologie, ad esempio, e su come agire per risolvere e curare una malattia. Uno spirito di collaborazione che dava un vero sollievo all’ammalato e alla sua famiglia, essi nutrivano nella figura del medico una fiducia enorme. Oggi purtroppo questo tipo di sanità non esiste più. La Calabria è poco competitiva e gli ammalati vanno a curarsi presso gli ospedali del Nord.
Meridionalisti meridionali
L’ospedale di Melito, costruito con il cuore e senza fondi dello stato, ancora sopravvive; quello dell’Aquila, costruito con i fondi dello stato e con costose misure antisismiche, è crollato causando numerose vittime. Ciò dovrebbe farci riflettere, aiutarci a cercare un futuro migliore. I grandi uomini, che operarono a Melito, furono i punti di riferimento di quella bella figura che era Umberto Zanotti Bianco. Il professore Pasquino Crupi li definì “meridionalisti meridionali”, uomini che ci illuminarono.