Il vescovo, l’imperatore e la Calabria per dote
- Pino Gangemi
Il longobardo Liutprando, vescovo di Cremona, pranza al tavolo dell’imperatore di Costantinopoli, Niceforo Foca. Non è vicinissimo. Tra lui e l’imperatore ci sono seduti 12 insignificanti dignitari di corte e questo lo ha messo di umore nero. Non era quello che si aspettava.
Niceforo non ha concesso a Liutprando l’udienza che questi ha formalmente chiesto nel nome di Ottone I, imperatore d’Occidente. Gli ha offerto solo di scambiare qualche parola durante un pranzo. L’invito a pranzo è stato rivolto solo al vescovo. Nessuno dei funzionari che costituiscono la delegazione di Ottone I è stato invitato. Arrivato a tavola, il vescovo interpreta come un brutto segno il fatto che ci siano decine di invitati e il posto assegnatogli sia lontano dall’imperatore. Eppure è venuto per negoziare il matrimonio tra il figlio dell’imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I, il quattordicenne futuro Ottone II, e la principessa Teofano Sklerina.
Gli pesa l’assenza di almeno uno dei suoi funzionari, che avrebbe potuto fargli da interprete. Malgrado la sua precedente lunga permanenza in Costantinopoli, assieme al padre ambasciatore del re Ugo di Longobardia, il suo greco è pessimo. E adesso mangia nervoso e infastidito, senza poter scambiare parole con alcuno dei vicini.
All’improvviso, l’imperatore alza la mano e si fa silenzio. Si volta verso Liuprando e gli rivolge la parola in latino. Come un sol uomo, tutti i dodici dignitari di corte, tirano indietro la testa e smettono di mangiare per non essere d’ostacolo allo scambio di parole.
«Caro Vescovo e Ambasciatore, gradite i cibi della nostra tavola?»
«Li gradisco molto e Vi ringrazio dell’invito, Augusto Imperatore. Vi ringrazio anche a nome dell’Imperatore Ottone che rappresento».
«Mi si dice che avete vissuto a Costantinopoli per qualche anno, dall’anno 6457, che corrisponde al vostro 849».
«Si, Augusto Imperatore, ho vissuto qualche anno a Costantinopoli. Ma devo ammettere che non sono mai riuscito ad apprezzare questa salsa di pesce, troppo ricca di d’olio, che mettete praticamente in tutti i vostri cibi».
«Questa salsa è il tradizionale garum dei nostri antenati».
Dopo una breve pausa, abbandonando il tono leggero, Niceforo chiarisce con durezza:
«Non amate la salsa perché non siete Romano».
«A cosa esattamente Vi riferite?»
«Il vostro imperatore non è Romano e non può chiedere, in nome della divisione dell’impero in impero d’Occidente e d’Oriente, le nostre terre di Calabria e di Puglia. Nemmeno come dote per un matrimonio imperiale».
E qui Liutprando avrebbe (il condizionale è d’obbligo) perso la pazienza. Ovviamente, secondo la versione che Liutprando riporta nella sua Relatio de legatione Costantinopolitana. Nella Relatio, sostiene che, a Niceforo Foca, avrebbe risposto:
«Noi siamo Cristiani e i Romani di cui Voi mostrate nostalgia erano quei pagani felici di considerarsi discendenti di un fratricida, nato da un adulterio. La Vostra Roma pagana crebbe accogliendo servi in fuga, omicidi e altre persone degne di morte per i loro reati. L’originaria Roma pagana era costituita dalla feccia umana. Noi, che Voi chiamate Barbari, quando vogliamo insultare qualcuno, lo chiamiamo “Romano!”».
Se Liutprando avesse veramente detto tutto questo alla tavola dell’Imperatore Niceforo Foca, probabilmente sarebbe stato buttato in un’oscura prigione o gli sarebbe stata tagliata la lingua. La versione che fornisce è di comodo. Suggerisce infatti di aver osato quello che era inosabile.
Dato l’insuccesso dell’ambasceria, l’anno successivo, Ottone I scende in Meridione per cercare di prendersi con la forza quello che Niceforo non ha voluto concedergli con l’alleanza matrimoniale. Ma non ci riesce per la dura resistenza del Duca di Benevento.
Niceforo Foca viene ucciso, nel 969, in una congiura di palazzo, e si ricomincia a parlare di matrimonio tra Ottone II e Teofano Sklerina. Ovviamente, l’ambasceria non viene affidata a Liutprando. Il matrimonio viene celebrato nel 972. Quel matrimonio introduce nella corte tedesca la cultura bizantina e viene considerato come l’inizio dell’umanesimo europeo, inteso come processo di recupero della cultura greca e romana.