In Calabria si ammazzano i draghi
- Gioacchino Criaco
“Crollano muri e altari ed il cedimento del parco archeologico dell’antica Kaulon, a Monasterace Marina, sembra sempre di più inarrestabile” (ansa 18 maggio). Il lancio dell’agenzia ANSA ha i toni freddi di un comunicato medico che non lascia speranze ai parenti del malato che corre verso una morte certa, salvo un miracolo del cielo. E forse Francesco Cuteri, l’archeologo che ha dissotterrato i mosaici che ritraggono il Drago di Kaulon, ha osato troppo trasformandosi in un Cristo che risorge i defunti e dimenticando che in genere i benefattori finiscono in croce e dei risorti se ne perde memoria. Successe così per Lazzaro: quanti di voi ne conoscono la vita successiva all’uscita dal sepolcro? Tutti hanno seguito Gesù e del miracolato se n’è persa memoria. Pare che Lazzaro morì a Larnaca, dove professò la sua fede; pare, perché una volta rimorto anche lì lasciò un sepolcro vuoto. E il Drago di Kaulon se ne stava in pace, sepolto all’ombra del Cocinto, cullato dalla sulla rosseggiante. Per riportarlo in vita si raccolsero i fondi nelle scuole di Monasterace, i ragazzi rinunciarono alle merendine e diedero i soldi necessari a ridare luce a un mosaico delle meraviglie che disegnava draghi e delfini composti con pazienza da gonadi che non produssero seme, ché i calabresi di oggi non possono essere discendenza di cotanta genia. Ma come il pargolo di Carducci, il Drago tese la zampa e invece di un verde melograno si ritrovò addosso la tempesta dello Jonio e i fanghi che venivano giù dallo Stilaro, tornandosene nella terra negra dopo aver rivisto, per un tempo breve, il sole. Il Drago è tornato nel fango e i delfini si sono reimmersi in mare. Il tempio dorico di Afrodite crolla pezzo per pezzo, giorno dopo giorno. Al posto di meravigliose vestigia rifioriscono i cardi senza manco l’ombra di un carciofo selvatico che almeno quello sarebbe ottimo da mangiare. Perché i calabresi solo le spine si meritano, hanno ricevuto in dono un paradiso e hanno lasciato che si tramutasse in inferno. I calabresi non li meritano i capolavori che una stirpe estinta ha fabbricato per loro. E non meritano nemmeno i Cristi come Cuteri che si ostinano a compiere miracoli in una terra di miscredenti irredimibili.