La nostra storia. L'epigrafe tombale in latino – volgare di Staiti
- Redazione
di Fortunato Stelitano - Il reperto marmoreo ricopriva il sepolcro dei sacerdoti di Staiti presso la Chiesa arcipretale di Santa Maria della Vittoria ed era collocato molto probabilmente ai piedi della Cappella del SS. Sacramento in fondo alla navata sinistra della Chiesa. Successivamente, dopo la costruzione del primo cimitero adiacente la Chiesa di Sant'Anna e il ripristino del pavimento della Chiesa Madre, la lastra marmorea venne adibita a semplice base per l'appoggio della statua posta sopra l'altare della stessa cappella che intanto era stata dedicata a San Giuseppe.
Negli anni '90 del secolo scorso, durante lavori di restauro, gli operai si resero subito conto che quel manufatto non costituiva un semplice supporto; l'epigrafe tombale venne quindi ripulita e collocata temporaneamente lungo la navata destra del luogo di culto.
Il reperto è costituito da una cornice ben rifinita, all'interno della quale, nella parte alta, si sviluppa un'immagine poco chiara sulla quale sarebbe opportuno condurre studi più approfonditi; nella parte sottostante è stato invece scolpito un interessantissimo testo, prima in latino e poi in italiano:
A.D. 1711 STAITI
DOMUS SACERDOTUM
SUB ANIMARUM REGIMINE
ARCHIPRESBITERORUM
QUONDAM LEOCANI
ET CARNERI REGNANTIS
CONSTRUCTA
TANTO SI GIACE
IN QUESTA OSCURA TOMBA
SIN CHE DAL CIEL
SONERÀ LA TROMBA
Dalle prime parole scopriamo subito l'utilizzo del reperto come copertura della botola che fungeva da sepolcro dei sacerdoti. Conosciamo anche il cognome dei due religiosi che avevano ideato e commissionato l'epigrafe. Si trattava ovviamente di arcipreti che appartenevano a due delle più importanti famiglie staitesi dei secoli XVII e XVIII. Il primo era Tommaso Leocani, morto il 17 agosto 1709 (quondam Leocani) al tempo in cui, molto probabilmente, era già stato ideato il progetto per la realizzazione dell'epigrafe. L'altro era Giovanni Paolo Carneri (nato nel 1674) che successe nei titoli al Leocani alla fine dello stesso anno 1709 (et Carneri regnantis) con bolla del Vescovo di Bova Antonio Gaudiosi.
L'importanza del reperto sta sostanzialmente in due sue peculiarità; un'immagine ancora non decifrata lungo la parte superiore e la compresenza delle due lingue latino e volgare.
Il riferimento alla tromba nella parte di testo in volgare (Tanto si giace in questa oscura tomba, sin che dal ciel sonerà la tromba) rimanda alla simbologia delle sette trombe dell'Apocalisse di San Giovanni apostolo. Infatti, quando il settimo angelo suonerà la sua tromba si saranno realizzati tutti i disegni di Dio relativi allo stabilimento del suo Regno ancora imperfetto sulla terra (Chiesa militante) e perfetto in cielo (Chiesa trionfante); la settima tromba simboleggia, quindi, l'inizio del giudizio universale.
Nel lontano 2008 la nostra epigrafe fu al centro di un interessantissimo dibattito all'interno del forum di Studi storici “Le Calabrie”. In quell'occasione vennero elencate varie ipotesi sull'interpretazione dell'immagine scolpita e grande sorpresa aveva suscitato l'utilizzo dei due codici linguistici.
A più di trecento anni dalla sua realizzazione, sarebbe opportuno sottoporre il reperto a un intervento di pulitura da parte di personale specializzato al fine di rendere quanto più visibile l'immagine in esso scolpita; in secondo luogo si dovrà poi individuare una collocazione definitiva protetta da cordoni come, per esempio, potrebbe essere lo spazio tra i due altari coevi lungo la navata destra della Chiesa.
https://www.inaspromonte.com/artestoria-ia/la-nostra-storia-l-epigrafe-tombale-in-latino-volgare-di-staiti#sigProGalleria686f17e813