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La nostra storia. Staiti: Giuseppe Maria Martelli il notaio liberale

  •   Redazione
La nostra storia. Staiti: Giuseppe Maria Martelli il notaio liberale

di Fortunato StelitanoGiuseppe Maria Fortunato Martelli nacque a Staiti il 4 novembre 1810 nella casa paterna sita nel rione Pioppo dal matrimonio fra Bruno, notaio, e Vittoria De Angelis. Appartenente a una delle famiglie agiate della nascente borghesia terriera e togata della Staiti della prima metà dell’Ottocento, intraprese i primi studi nel paese natio sotto la guida del dotto latinista sacerdote Giovan Battista Martelli, frequentò le migliori scuole locali per poi proseguire la sua formazione a Napoli dove il giovane Giuseppe Maria entrò in contatto con un mondo completamente nuovo che lo portò a recepire le nuove e straordinarie idee che sempre più circolavano negli ambienti culturali della capitale del Regno delle Due Sicilie, quali l’uguaglianza, la libertà, nonché la tutela e il riconoscimento dei diritti dell’individuo. 

Il 31 marzo 1835 si sposò con Caterina Giuseppa Martelli (1815-1848), figlia del medico Giuseppe e di Giovanna Maria Palamara. Da questo matrimonio nacquero sette figli: Vincenzo Giuseppe, Anna Maria Giuseppa, Bruno Luigi, Francesco, Carolina, Vincenzo e Giovanna Maria.

Negli anni 1839 – 40 conobbe, fra gli altri, i conterranei Michele Bello, Rocco Verduci, Domenico Salvadori, Pietro Mazzone e Gaetano Ruffo che, come un po’ tutti i rampolli delle famiglie borghesi del tempo, si trasferirono a Napoli per studiare nelle facoltà della rinomata università della Capitale. Con decreto del 20 giugno 1840 conseguì la nomina a notaio ed esercitò tale professione quasi ininterrottamente per ben trentasette anni dal 1841 al 1878 presso la sede notarile di Staiti.

Figlio del notaio Bruno, il giovane Giuseppe Maria si fece ben presto strada all’interno della vita sociale e civile della Staiti del tempo, costruendosi poco a poco una sempre più attiva e considerevole partecipazione al governo della cosa pubblica. Infatti, lungo l’arco della sua vita, riuscì a ricoprire un po’ tutte le cariche civili e istituzionali che la Staiti del XIX secolo poteva orgogliosamente offrire, oltre a interessarsi della gestione degli ampi possedimenti terrieri che la sua famiglia controllava all’interno del demanio ex feudale Zelante e vicino al demanio ecclesiastico Curtisena - Spondilara.

Ma l’importanza di questo personaggio è soprattutto legata alla sua particolare ed entusiasmante partecipazione ai moti insurrezionali scoppiati in alcuni paesi del Distretto di Gerace, in seguito alla rivolta di Reggio del 2 settembre 1847. Per l'occasione aveva riunito intorno a sé un gruppo di ben quindici liberali staitesi, fra i quali l'avvocato Francesco Martelli, il supplente giudiziario e capo urbano Domenico Musitano, il commesso giudiziario Tommaso Leocani, l’usciere Domenico Manglaviti e l’arciprete Lorenzo Musitano.

Il 22 agosto 1847 Giuseppe Maria si trovava a Brancaleone, in contrada Marulli, per discutere alcuni particolari con Giovanni Andrea Romeo, uno dei capi della rivolta che da lì a poco sarebbe scoppiata a Reggio. Il 3 settembre si era invece portato a Bianco per ricevere le ultime indicazioni sull’insurrezione che doveva invece propagarsi nei paesi del Distretto di Gerace. Il 5 settembre 1847 diede inizio all’insurrezione di Staiti: riunì un gruppo di seguaci, fece disarmare i gendarmi, si diresse dal regio giudice Antonio Marano e si prese le carte di polizia per l’incarico di darne conto alla Nazione. Il 6 settembre fece distribuire le coccarde cucite giorni prima nella casa del supplente Musitano e ordinò che venisse issata la bandiera tricolore sul Palazzo Cordova, sede della regia giustizia del Circondario di Staiti. Organizzò persino una processione per le vie del paese con l’arciprete Lorenzo Musitano in testa che teneva il crocefisso in una mano e nell’altra il vessillo tricolore. Giuseppe Maria fece poi leggere ai suoi compagni il proclama formulato dalla giunta rivoluzionaria di Reggio e fece affiggere l’ordinanza firmata Michele Bello e Rocco Verduci.

All’arrivo a Staiti dei circa trecento rivoltosi capeggiati dai fratelli Domenico e Giovanni Andrea Romeo l’8 settembre, si interessò di dare ospitalità ai compagni liberali, accompagnandoli personalmente negli alloggi assegnati.

Quando giunsero le milizie borboniche del tenente colonnello De Cornè il 16 settembre, Giuseppe Maria Martelli, insieme agli altri quindici compaesani liberali, fu iscritto nell’elenco dei perseguitati per causa politica. Scontata la pena, con non poca nostalgia per i grandi giorni vissuti fra la sua gente, ritornò a esercitare la professione di notaio. L’anno dopo, l’8 ottobre 1848, quando tutta Europa ribolliva di fermenti rivoluzionari, moriva la moglie e con essa ogni interesse per le vicende risorgimentali che tanto l’avevano entusiasmato.

Passati alcuni anni, il 9 maggio 1853 si sposò in seconde nozze con Francesca Maria Musitano, figlia del medico Giuseppe e di donna Fortunata Cordova, nonché sorella dell’ex supplente giudiziario Domenico e dell'arciprete Lorenzo con i quali il nostro aveva condiviso fino in fondo i fervori e gli ideali del ’47.

Gli ultimi venticinque anni della sua esistenza sono stati interamente dedicati ai numerosi impegni istituzionali, oltre che al proseguimento della professione già esercitata dal padre. Giuseppe Maria fu più volte consigliere, assessore anziano e sindaco (1874–1877) in seno all’amministrazione comunale dell’allora fiorente centro aspromontano; fu inoltre giurato, membro della commissione mandamentale e dirigente del carcere del Mandamento di Staiti, sulla cui sede il 5 e 6 settembre 1847 aveva ardentemente issato il tricolore.

Circondato dall’affetto della moglie e dei figli, morì a Staiti in via Pioppo il 9 febbraio 1878, quando ormai il Risorgimento italiano aveva dato già i frutti migliori e il vessillo tricolore sventolava serenamente su quasi tutta la penisola italiana.


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