La nostra Storia. Staiti: Lorenzo Musitano, Arciprete e Patriota
- Redazione
di Fortunato Stelitano - Figlio del dottor fisico Giuseppe e di donna Fortunata Cordova, Lorenzo Musitano nacque a Brancaleone il 15 marzo 1806. Appartenente ad una delle famiglie agiate della borghesia locale, dopo qualche anno dalla nascita il piccolo Lorenzo si trasferì con tutta la sua famiglia a Staiti (paese d'origine della madre e della nonna paterna) dove il padre esercitò la professione di medico per quasi quarant’anni, ricoprendo più volte anche le cariche di decurione e di sindaco presso l'ente comunale.
Il giovane Lorenzo conseguì i primi studi sotto la guida dell’arciprete di Staiti don Tommaso Leocani, proseguì la sua formazione nel Seminario di Bova e all’età di diciannove anni decise di consacrare la sua vita a Dio. Grazie a una certa intelligenza e a una forte vocazione cristiana, bruciò velocemente le varie tappe che lo distanziavano dal presbiterato e il 16 novembre 1830 venne ordinato sacerdote.
Raggiunto l’obiettivo della sua vita, rimase a disposizione della Curia bovese per alcuni anni e nel 1836 divenne aeconomus della parrocchia e coadjutor dell’arciprete di Staiti Tommaso Leocani, al quale successe nel maggio del 1847.
Dal 3 al 6 agosto dello stesso anno ospitò nella casa di famiglia il viaggiatore inglese Edward Lear che era stato raccomandato proprio al fratello Domenico dal consigliere De Nava di Reggio. Durante le cene preparate da donna Angela Musitano si confrontavano su politica, industria, commercio e molto probabilmente sulle voci che da tempo circolavano riferite a una imminente insurrezione delle Calabrie contro il governo centrale.
Palazzo Musitano, intanto, era diventato infatti la base logistica dei rivoltosi del paese e nelle sue stanze venivano segretamente cucite la bandiera e le coccarde tricolori. Un gran fermento e un continuo via vai notturno interessava quella viuzza che guarda caso si trovava proprio di fronte al Palazzo Cordova, sede della Regia Giustizia e delle carceri del Circondario di Staiti, un'istituzione che avrebbe dovuto vigilare su quelle indiscrezioni, ma che nulla poteva e avrebbe potuto fare considerato che i più stretti collaboratori del giudice napoletano Antonio Marano e del cancelliere Ferdinando Picone erano gli stessi liberali che stavano organizzando una seria partecipazione alla Rivolta del Distretto di Gerace.
Il contributo non tardò ad arrivare: il 5 ed il 6 settembre anche Staiti si sollevò in rivolta e Lorenzo Musitano non esitò un attimo a inseguire quegli ideali e quei principi ispiratori del grande progetto di rinnovamento. Fra i tanti che narrarono l’episodio ricordiamo soprattutto Domenico Antonio Grillo e Antonio Bonafede, il quale non si sentiva di garantire alcuni racconti particolari riportati nella deposizione fatta dinnanzi al giudice di Staiti da Vincenzo Angilletta figlio di quel Pasquale che a cavallo fra gli anni 20' e 30' del XIX secolo aveva ricoperto la carica di supplente facente funzioni da giudice presso il Regio Giudicato di Staiti. La scena retoricamente narrata dal Bonafede non è ancora adeguatamente supportata da documenti d'archivio; certo è che la paura era tanta e il nostro sacerdote sapeva bene da quale parte si era schierato, mandando all’aria la sua prestigiosa posizione sociale, gli agi e le comodità che l’arcipretura di Staiti gli avrebbe garantito ancora per molti anni.
Insieme agli altri amici patrioti venne infatti arrestato e condotto nelle carceri di Gerace dove rimase fino alla fine di novembre. Il 10 ottobre, prima di ripartire da Gerace, il generale Nunziante volle infierire ulteriormente contro alcuni fra i liberali rinchiusi presso quelle carceri e ordinò che venissero tagliati i capelli a vari religiosi fra i quali anche al nostro arciprete. Da documentazione archivistica pubblicata sappiamo che il 18 novembre si trovava ancora rinchiuso a Gerace, ritenuto complice e come colui che portò la bandiera rivoltosa per tutto il Comune, e vi predicò. A più riprese il Sorace Maresca propose addirittura proprio il nostro religioso come capo dei liberali di Staiti insieme all'avvocato Martelli.
Al suo rientro, Lorenzo Musitano si dedicò totalmente alla cura della sua parrocchia, senza mai rinnegare gli alti ideali del Risorgimento italiano. Si impegnò in piccoli lavori di restauro della Chiesa Arcipretale di Santa Maria della Vittoria, commissionò un’acquasantiera in marmo e fece acquistare a Napoli una nuova pisside in argento, così come ebbe ad annotare nel frontespizio del Liber Baptizatorum degli anni 1831 – '61.
Considerato ancora avverso oltremodo al Governo, nei primi mesi del 1850 il sacerdote venne nuovamente arrestato e condotto presso il carcere di Reggio. Nell’elenco dei detenuti compilato il 6 ottobre dello stesso anno risultava ancora imprigionato per reato politico presso quelle stesse celle dove ben presto si ammalò e morì. Una descrizione di questi ultimi fatti venne poi narrata dal parente Gaetano Borruto (in Il Tristo Carcere di Reggio, 1861), anch’esso detenuto in quelle carceri, che dall’8 al 13 settembre 1847 aveva soggiornato a Staiti nel palazzo Musitano insieme ad alcuni fra gli altri rivoltosi capeggiati da Domenico Romeo.
Non conosciamo l’effettiva data di morte dell’arciprete liberale, ma supportati da fonti archivistiche varie possiamo sicuramente confermare che si ammalò e morì proprio durante gli ultimi mesi di quello stesso anno 1850 che aveva registrato il suo secondo arresto, facendo consumare così l’ennesimo atto eroico di uno dei tanti religiosi che, al di là dei luoghi comuni e di ciò che si è sempre scritto in merito, hanno svolto un ruolo non secondario all’interno degli straordinari eventi registrati durante il lungo Risorgimento calabrese e soprattutto nelle gloriose vicende che interessarono più da vicino il Distretto di Gerace.