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La proposta. La roccia del diavolo

  •   Vincenzo Stranieri
La proposta. La roccia del diavolo

A Caraffa del Bianco, nei primi anni ‘70, la Roccia del diavolo– posta a poca distanza del piccolo Santuario dedicato alla Madonna delle Grazie – è stata completamente interrata allo scopo di ampliare l’antica strada di campagna che collegava la zona con il resto degli appezzamenti di terreno posti più a valle.

È stato così cancellato un altro vitale tassello della nostra tradizione. A pochi metri di essa c’era una gigantesca quercia secolare che – poco tempo dopo – ha incontrato anch’essa la mano demolitrice dell’uomo. I fedeli, che ogni l’uno ed il due di luglio (data dei festeggiamenti della Madonna delle Grazie) venivano a piedi da Samo, Pardesca, Bianco, S. Agata e Casignana, facevano sosta accanto alla Roccia del diavolo. Specie le donne, mostravano di temere l’impronta del demonio (raffigurante un piede di pipistrello), cercando sicurezza nell’impronta della Madonna (un piccolo e delicato piede) che si era opposta alla volontà tentatrice e maligna del diavolo.

 

La tradizione ci ricorda che dalla Roccia del diavolo, in data imprecisata, un rivolo di lacrime (quelle della Madonna) arrivò fino al vicino Santuario. La roccia stava a testimoniare l’eterna lotta tra il bene e il male, coprendola di terra si è procurato un danno incalcolabile, privando per sempre le generazioni future di un patrimonio culturale importante ch’era giusto mantenere nel tempo.

 

In L’età breve, Corrado Alvaro testimonia sul significato di tale antica simbologia (pipistrello = diavolo): «In una cella che si apriva sulla scala della soffitta, e dove si diceva che avesse soggiornato un santo, le pareti erano dipinte di ali di pipistrelli: erano le impronte delle ali dei demoni i quali avevano assalito quel santo e ne erano stati sbaragliati. Essi volevano indurre il santo in tentazione».

Sarebbe cosa buona e giusta cercare di rimediare a questo grave delitto culturale, organizzando, magari, uno scavo che riporti nuovamente alla luce questo prezioso tesoro della nostra comunità. Non è cosa impossibile, il proprietario del terreno – a esempio – si è detto disponibile. Un’idea risolutrice, pertanto, potrebbe essere la creazione di un gruppo di lavoro che, unitamente a tutte le persone di buona volontà, consenta soprattutto ai giovani di riappropriarsi di un così importante tassello della loro/nostra bella storia antropologica.


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