La testimonianza. La penisola dimenticata
- Carmine Verduci
Il 1° Novembre 2015 verrà impresso nella mente di tutti coloro che hanno subito questa alluvione pesantissima, l’epicentro più catastrofico i Comuni di Brancaleone, Staiti e Bruzzano Zeffirio.
Questa alluvione ha letteralmente spazzato via quartieri, ponti, strade e in alcuni casi anche pianure.
La SS106 nel tratto tra Marinella di Bruzzano e Brancaleone (loc. Pantano Grande) è crollata sotto la furia delle acque, della fiumara ha esondato, ed il mare che impetuoso ha distrutto la linea ferroviaria jonica, lasciando un tratto di costa letteralmente sconquassato.
All’indomani di questa catastrofe naturale ed osservando le immagini che sul web si sono rapidamente diffuse, mi sono recato sul posto, lì i tecnici e gli operai delle Ferrovie dello Stato stavano già lavorando per ripristinare la tratta ferroviaria.
Lo scenario davanti a me è apocalittico, il mare bagna quasi l’ultimo lembo di terra che confina con strada collassata in più punti, i detriti e tutto ciò che ha trascinato con se la fiumara da monte a valle hanno creato una sorta di tappeto sulla battigia.
La fiumara è tracimata dal suo greto inondando quella pianura che un tempo era una grande palude e che ancor prima era una zona appositamente utile in caso di piena della fiumara. Insomma “pianure alluvionali” diremo oggi.
Fui colto da sgomento nel recarmi in questo luogo e vedere quello scenario apocalittico davanti a me. Un territorio che non aveva più linee di confine tra terraferma e mare, sembra infatti che il mare abbia eroso la costa arrivando a lambire questa pianura.
All’indomani ebbi modo di metabolizzare questo shock e mi venne in mente che da qualche parte in qualche antica cartografia avevo visto proprio il mare al posto di queste terre. Ebbi modo di riordinare le idee e capii subito che sul libro di Carmine Laganà (giovane ricercatore ormai noto per aver pubblicato preziosissimi documenti sulle origini e la storia dello Stato di Bruzzano Zeffirio) conteneva quello che venne per la mente, in una visione quasi del tutto illuminante.
Cominciai a rileggere questo libro, al suo interno ritrovai questa antica mappa riguardante questo territorio, che lui (dopo averlo contattato al telefono) mi indica essere risalente al 1400/1500 circa.
Stentai quasi a credere ai miei occhi quando cominciai a focalizzare la mappa. Nel fare una sorta di confronto tra la mappa scaricata da internet e questa cartina oltre alla descrizione dettagliata della zona, scoprii che precisamente alla foce del Torrente Fiumarella vi era una grande penisola che confinava con la vicina Fiumara di Bruzzano (Rio Torno), e invece proprio vicino al punto dove la SS106 è crollata su se stessa, un tempo vi era una grande palude, in pratica una specie di laguna paludosa che come descritta sui documenti era un luogo malsano per via della malaria, ma rigogliosa di canne, che servivano per l’industria manifatturiera dell’epoca, un tempo infatti, la canna aveva un utilizzo molto diffuso, cesti, cestini e tutto ciò che poteva essere utilizzato per la casa, il lavoro,la campagna, ma anche l’edilizia.
Certamente ebbi serie difficoltà a realizzare luoghi toponimi (ormai scomparsi) con la realtà geografica attuale, infatti, anticamente i cartografi non sempre elaboravano queste mappe con estrema precisione, non avendo neanche la minima idea delle distanze perché non natii di queste parti.
Quindi ebbi forti difficoltà nello stabilire quale realmente fosse la fiumara che sfociava dentro questa penisola, confondendo talvolta i due fiumi ancora oggi esistenti, sto parlando della fiumara di Brancaleone e quella di Bruzzano (Rio Torno).
Dopo mille confronti avuti con Laganà al telefono, notti e giorni insonni e varie supposizioni, era chiaro nella descrizione riportata in quel capitolo riguardasse proprio la descrizione di un grande porto naturale che dalla fimara di brancaleone a forma bislunga arrivava a lambire quasi Rio Torno. A conclusione di questo, possiamo dire che il Rio Torno appunto, sfociava in questa grande palude che noi vediamo oggi sulla cartina,(vedi foto).
Ed è proprio la stessa zona in cui oggi troviamo questa strada di grande comunicazione la SS106 caduta su se stessa, quasi come a voler essere inghiottita della terra, che sembra si sia sciolta lasciando il passo al mare che è quasi vicino all’unica cosa rimasta in piedi, ovvero l’antico Casello dei Cavallari (poi riconvertito dalle ferrovie dello stato in caselli ferroviari). Gli ultimi eventi calamitosi hanno riprodotto quasi gli stessi scenari di un tempo, infatti la pianura alluvionale alla foce della fiumara Torno.
Questi territori ben presto divennero terre paludose e la vegetazione lacustre caratterizzava, come detto prima la morfologia del luogo. Malaria e aria fetida di marciume facevano da padrone qui. Fu durante il un secondo periodo che si decise di bonificare queste terre che oggi le vediamo emerse a pochi metri dal mare, con la strada Statale e la Ferrovia Jonica che le delimitano dal mare e quindi dalla spiaggia. Oggi, qui noi chiamiamo questo luogo “Pantano Grande”. Dove col tempo fu adibito a campi per la coltivazione, oggi vediamo che sono state interessate da un allagamento importante, dovuto proprio allo straripamento del Torno che seguendo cicli naturali ha ricreato (se non del tutto) gli stessi scenari d’un tempo.
Ritornando più a Sud e nel territorio di Brancaleone , la penisola che fungeva da “Porto” notiamo che era ricavato sfruttando la naturale conformazione del territorio, un territorio che morfologicamente aveva caratteristiche geografiche diverse. Certo, dobbiamo però considerare che il livello del mare era più basso di oggi e le colline che fanno da spalla alla costa erano quindi più lontane rispetto ad oggi, immaginando questo scenario è facile ricostruire con la mente questa laguna, oggi proprio sul luogo dove doveva essere questa insenatura alla foce del “Torrente Fiumarella” vi sono costruiti i quartieri di Pantano piccolo ecco che il toponimo non a caso richiama quello che rimase per lunghi secoli in questo pezzetto di territorio.
Il porto di Brancaleone, come ci suggerisce la storia, non era antro che un grande bacino naturale, punto di approdo per le navi cariche di mercanzie e forse anche punto di imbarco di enormi quantità di sale che venivano prodotte nelle saline di Brancaleone, di conseguenza esportato in altre terre lontane via mare.
Questo lembo di terra e questa laguna o penisola fu cancellata poi da vari sconvolgimenti naturali, terremoti e maremoti violenti che ribaltarono letteralmente il suolo e cambiarono a seguito l’orografia del territorio, non solo qui ma in tutta la Calabria Ulteriore I^ e II^. Infatti dalle cartine successive al 1500 non se ne trova più traccia.
Ed è proprio la catastrofe successa il 1° Novembre 2015, che mi fa tornare in mente ciò che era questo territorio, quello che era in passato e che la natura aveva creato e l’uomo poi sfruttato per la sua sopravvivenza.
L’analogia che possiamo riscontrare oggi è che mentre alla foce della Fiumara Bruzzano (RIO TORNO) si stiano creando i presupposti per un ritorno della antiche paludi, attorno al bacino di Brancaleone e quindi alla foce del “Torrente Fiumarella”, non si è verificato nessun accenno.
Certo è che potrebbe succedere in futuro, perché ricordiamoci che la natura prima o poi riprenderà ciò che l’uomo ha sottratto diversamente e con violenza, ma lo riprenderà cercando in tutti i modi di ritornare alle sue origini.
Sono visioni che mi fanno molto riflettere sul cambiamento climatico degli ultimi secoli, con l’innalzamento del livello del mare, con lo scivolamento della costa verso i fondali di questo mare in continuo mutamento, che fanno di questo territorio, un territorio vulnerabile ma in costante mutamento, dovuto anche al fatto che l’uomo cerca di adattarsi ai presupposti forse più sbagliati e legati a statistiche e piani di urbanizzazione e di sfruttamento agricolo non sempre haimè azzeccati.
Oggi viviamo ancora con le immagini terribili della SS106 cancellata in questo tratto di costa, inghiottita dalla terra e dall’acqua che l’ha fatta sprofondare. Sembra quasi una visione apocalittica, sembra quasi che la natura stia ricreando i presupposti per ritornare ad essere quella palude raccontata sui documenti antichi.
Ma i lavori proseguono, la linea ferrata presto riprenderà ad essere funzionante (almeno per quei 4 treni che passano ogni tanto), rimane la riflessione su quanto successo, e credo che sia errato attribuire la colpa di quanto successo alla natura, essendo che noi siamo suoi ospiti. Abbiamo sentito parlare di abusivismo, di incuria, di mala politica, devo dire che in parte potrebbe essere, ma non possiamo escludere che l’evoluzione della terra sia in qualche modo connessa con l’avvento di grandi catastrofi che sia in passato e sia nel nostro presente ci consente di vivere e sfruttare anche tali sconvolgimenti. D’altronde la terra e la sua evoluzione ci ha impiegato millenni prima di raggiungere un suo equilibrio, equilibrio precario dire, legato alla continua trasformazione della terra e dovuta anche e sicuramente agli sconvolgimenti naturali che spesso non dipendono da nessuno.
Trovo un pò assurdo definire questa alluvione come una catastrofe dovuta all’incuria dell’uomo, perché l’unico abusivismo che in Calabria spesso è più evidente, è proprio la totale disinformazione giornalistica dovuta alla liberalizzazione dello sciacallaggio mediatico , che cerca a tutti i costi di appropriarsi dell’identità di un popolo con relativo territorio e poi le prime pagine dei giornali nazionali per accrescere gli indici di gradimento e vendita.
Abbiamo cercato da secoli e a tutti i costi di dominare la natura, dimenticando che l’unica vera padrona è lei e nessun altro! Ci siamo fidati della natura, l’abbiamo conosciuta, apprezzata e spesso ci siamo confrontati con essa, ma non per questo dovremmo asserire che l’abbiamo violentata, spesso è successo ma credo, non nel caso di Bruzzano e Brancaleone.
Madre Natura che si riserva spesso segnali inequivocabili che non riusciamo forse a recepire, ci rifiutiamo di seguire i suoi suggerimenti, perciò ripetiamo imperterriti tutti quegli errori che prima o poi ci faranno del male.
Spesso succede che siamo stati bravi a comprenderla, adattandoci a ciò che ella ci offre.
Non è colpa nostra se per secoli la terra ferma è terra ferma, e non è colpa nostra se il mare è sempre statoli al suo posto (o quasi).
Quello che è accaduto a causa di queat calamità, è un segnale che ci indica come madre terra è viva, e quindi respira e si muove a seconda dei suoi regolari ritmi.
Noi ci adattiamo a quello che ci offre e la mia visione non è di sicuro realistica, ma neanche quello che ci aspettiamo.
Impareremo col tempo a capire questi messaggi, impareranno anche coloro che hanno descritto tutto questo come; “abusivismo e incuria dell’uomo” e forse un giorno ci ricrederemo e si ricrederanno tutti coloro che avranno ben compreso qual è la distinzione dei mali di questa terra. NOI L’ABBIAMO SOLO ABBANDONATA!