La testimonianza. Raid sul Bonamico
- Fortunato Nocera
L’armistizio di Cassibile, che poi fu una vera e propria resa incondizionata, fu firmato segretamente il 3 settembre 1943, ma reso pubblico da Badoglio l’8 settembre dello stesso anno. La circostanza che neppure gli stati maggiori delle nostre forze armate fossero al corrente dell’accordo (sulla cessazione delle ostilità) determinò uno scompiglio militare e causò altri versamenti di sangue ed altri bombardamenti, praticamente a guerra finita, e l’inizio degli sbandamenti. La mattina del 4 settembre 1943 venne ordinato al maggiore dell’Aeronautica Giuseppe Cenni, giovane comandante del 5° Stormo di Manduria in Puglia, di soli 28 anni, ma già leggendario per le sue imprese e per le sue sei medaglie d’argento al valor militare, di contrastare sullo stretto di Messina lo sbarco degli alleati anglo-americani, peraltro già in corso da alcuni giorni.
Dall’aeroporto di Reggio, già in mano degli alleati (sebbene malridotto dai bombardamenti delle settimane precedenti) si alzò una squadriglia; un elevato numero di Spitfire inglesi si avventò contro gli aerei italiani inseguendoli per le creste dell’Aspromonte. Ne seguì un duello drammatico e di impari lotta per il numero e la qualità dei velivoli, per i cieli di San Luca, Platì, Ardore, Bianco.
Per i tre RE 2002 pilotati dal maggiore Cenni, dal tenente Moglia e dal sergente Banfi non c’è stato scampo e sono stati abbattuti. Cenni e Moglia morirono in combattimento, Banfi si salvò gettandosi con il paracadute. Per cinque anni, dal 1943 al 1948, il cimitero di San Luca ha custodito i miseri resti di questi due eroi (poi decorati con medaglia d’oro alla memoria) fino a quando i parenti non decisero di traslarli nei cimiteri dei loro paesi.
Una testimonianza del drammatico avvenimento a cui avevano assistito due cittadini di San Luca, all’epoca ragazzi, è riportata dal maresciallo in pensione Antonio D’Agostino – anch’egli di San Luca – nell’edizione n° 9/2008 del mensile dell’Aereonautica: «Ad un tratto poco dopo mezzogiorno, nel cielo del paese è scoppiato l’inferno. Una ventina di aerei si combattevano l’un l’altro; alcuni cercavano di fuggire al pericolo, altri inseguivano: molti i colpi di mitraglia e cannoncino. Ripeto l’inferno! Un aereo inseguito cercò di sottrarsi agli attacchi. Precipitò nella vallata del Pigàro, ai piedi della montagna Pietra Castello, nel letto del fiume Bonamico. Uno degli aerei che lo inseguiva si schiantò contro la montagna. Un altro cercò scampo verso ovest seguendo a bassa quota il fiume Bonamico; giunto nella contrada foresta di Callistro, tra San Luca e Casignana, cadde. Ne seguirono esplosioni e fiamme. Altri due aerei riuscirono a sottrarsi agli avversari che li incalzavano a bassa quota tra le montagne dell’Aspromonte, si allontanarono.
Il quinto aereo si diresse verso Bianco, inseguito e colpito, cadde prima di raggiungere il paese. Era da poco trascorso il mezzogiorno di quel tragico 4 settembre 1943, ed era subentrata una certa calma; molti di noi, che avevano assistito alla grande battaglia che si era svolta nei cieli del nostro paese, eravamo accorsi, facendo a gara con i compaesani che vivevano nei poderi vicini ai luoghi dove erano caduti gli aerei, per portare aiuto, ove fosse stato possibile, ai piloti. Autorità locali, carabinieri, cittadini di ogni età e condizione, cercavano di raggiungere, attraverso gli impervi sentieri dell’Aspromonte, la vallata del Pigàro e la contrada di Callistro, lungo il fiume Bonamico. Poco è stato recuperato. E quel poco, solennemente, è stato ricomposto e traferito nell’obitorio del cimitero di San Luca».
Nella stessa giornata (8 settembre) in cui Badoglio proclamava la resa delle nostre forze armate e la fine della guerra, poco lontano da San Luca, sui piani dello Zillastro, 400 paracadutisti del 185° battaglione Nembo in ritirata, quasi completamente disarmati, affrontavano e si scontravano con circa 5000 canadesi, armati fino ai denti. Vi fu una carneficina: ancora oggi non si conosce l’esatto numero dei caduti italiani.