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Polsi. Una casa per il tesoro di Maria

  •   Antonio Strangio
L’Icona di Polsi L’Icona di Polsi

Fino a qualche mese fa, il museo del santuario di Polsi, voluto dal superiore don Giosofatto Trimboli che lo gestì per quasi 24 anni, poi migliorato e ampliato dall’attuale superiore don Pino Strangio, parroco di San Luca dove è stato ordinato sacerdote il 18 ottobre 1980 (giorno della festa patronale), rispecchiava il lavoro straordinario dei volontari che da anni operano in sinergia con la direzione del pio luogo. Ogni piccola cosa, recuperata, e quindi strappata all’oblio e messa in bella vista sui banconi del vecchio refettorio, serviva per raccontare e ricostruire la storia del più antico santuario calabrese.

Quasi una biblioteca dell’anima, dove era necessario entrare in punta di piedi, se si voleva davvero assaporare la forza della memoria e del luogo, raccontati dagli oggetti distribuiti lungo i due banconi in legno e in ogni angolo del non più spazioso salone; perché gli articoli e le memorie, grazie alla ricerca continua della direzione del Santuario e dei suoi giovani collaboratori, studenti, laureati e disoccupati in attesa di una prima occupazione, aumentavano di anno in anno.

In quest’angolo della memoria era possibile ammirare il tempio in gesso realizzato dallo scultore di Polistena Vincenzo Jerace, su invito del superiore Mittiga, che doveva ospitare fino a 5mila pellegrini.

Il bassorilievo in bronzo, la famosa “pala” che valorizzava il vecchio calvario ristrutturato da un gruppo di volontari di San Luca; un busto in bronzo raffigurante Pio X, così come uno in gesso, del cardinale Giustini, la cui copia in bronzo è stata personalmente consegnata dal superiore Mittiga allo stesso alto prelato; i tanti lumi a gas che un tempo illuminavano il convento, paramenti sacerdotali del 1700 e del 1800, candelabri di diverse dimensione ed epoche.

Il vecchio e usurato timbro postale (si, avete capito bene), perché a Polsi fino ai tardi anni ‘60 funzionava l’ufficio postale, e il postino, chiamato posteri, veniva da San Luca a piedi, o a cavallo, tutte le volte che bisognava consegnare o ritirare la posta; l’utensile, il famoso cilicio con il quale i monaci ammazzavano i bollori della carne, gli zoccoli dei muli, i resti del primo acquedotto in terracotta, le foto di tutti i superiori e alcune che raccontano la Peregrinatio Mariae del 1948, voluta dal vescovo Giovanbattista Chiappe. E centinaia di altri piccoli e curiosi oggetti.

In un angolo, sulla sinistra dell’ingresso, era stato realizzato un museo delle cere, dove facevano bella mostra (si fa per dire) alcune parti anatomiche del corpo umano raccomandate alla Madonna, che ben raccontano la vita e i drammi dei pellegrini che nei secoli hanno visitato Polsi.

Tra le altre cose, era possibile ammirare la targa della prima macchina, una vecchia Seicento appartenuta al superiore don Giosafatto Trimboli che salì a Polsi nei primi anni del 1970, e che era stata messa lì come ammonimento per tutti coloro che, negli anni, hanno promesso la realizzazione di una strada d’accesso degna di questo nome, ma che ancora è di là a venire, anche se le strade non sono più ferite che tagliano in due la montagna come scriveva Alvaro nel lontano 1931, perché in parte sono state sistemate. Non completamente, ma se non altro non sono più sentieri disastrati, governati dalla paura di precipitare in fondo alla valle lambita dalle due fiumare, che terminano la loro folle corsa nel letto del torrente Bonamico.

A partire del 14 settembre, giorno dell’inaugurazione, il vecchio refettorio – che nel 2010 è stato trasformato in un set cinematografico perché Handy Krissane, regista del filmAspromonte, qui ha voluto allestire alcun scene della pellicola, nella quale il protagonista, Boatti, interpretato da Franco Neri, incontra il superiore del Santuario, interpretato dallo stesso superiore don Pino Strangio – non profuma più di timpano e baccalà, e tanto meno si sente il vociare confuso e cantilenante delle vecchie cuoche.

Questo grazie al lavoro della Soprintendenza di Reggio Calabria, e ai fondi messi a disposizione dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo (Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria). Nelle nuove teche, sono stati esposti alcuni paramenti sacri del XVIII secolo, donati al Santuario dalle famiglie Carafa e Pignatelli, ed un parato liturgico appartenuto al cardinale Filippo Giustini, protettore del Santuario, in nome del pontefice Benedetto XV. E ancora: vasi sacri e arredi in argento risalenti al XVII secolo e ai primi decenni del XX.

Il manufatto più antico esposto è una pisside databile tra il 1690 e il 1699, realizzata dall’argentiere napoletano Giuseppe Russo. Molti sono i calici datati 1700-1759. Tra le opere novecentesche da notare il calice donato al Santuario da papa Pio X nel 1912, in occasione del pellegrinaggio romano-napoletano, e il calice che il principe di Roccella ha voluto regalare al Santuario per il miracolo ricevuto dalla nipote Livia.

C’è una sala dedicata al famoso artista Vincenzo Jerace, il quale per il Santuario realizzò varie sculture, più la balaustra che delimita e protegge l’altare maggiore. In un’apposita sala è possibile ammirare il dipinto su tavola con l’effigie della Madonna della Lettera, recante l’iscrizione del 1715.

Nella stessa sala sono esposte le corone in oro, realizzate fondendo l’oro offerto dai fedeli (che vengono utilizzate in occasione dell’incoronazione della statua in pietra tufacea), e alcuni calici in argento e in oro tra i quali spicca quello realizzato con l’oro dei fedeli del 1964 in occasione del Concilio Vaticano II.

Nella quarta sala è stato invece realizzato un museo delle cere. Simboli della sofferenza ma anche della grande fiducia che il popolo polsiano, un popolo che non ha confini, ha riposto e continua ad affidare nelle mani del vetusto simulacro della Madonna, definita dallo storico della letteratura calabrese, il compianto Pasquino Crupi, la “Madonna vera”. Il Museo è stato inaugurato giorno 14 settembre, ricorrenza dell’Esaltazione della Croce, simbolo nativo del Santuario.

Il taglio del nastro è stato effettuato dal vescovo di Locri-Gerace e abate del Santuario, monsignor Francesco Oliva, insieme al superiore don Pino Strangio, il presidente della Provincia Giuseppe Raffa, il commissario prefettizio del comune di San Luca, il dottor Salvatore Gullì, e l’architetto Margherita Eichberg, in rappresentanza della Soprintendenza di Reggio Calabria.

Un prezioso angolo di storia e di cultura, realizzato in tempi eccezionali, perché, come hanno spiegato i responsabili della Soprintendenza di Reggio, e questo va sottolineato e tramandato a chi fino ad oggi non ha fatto che sparlare del Santuario: «Polsi è il primo cantiere che la Soprintendenza è riuscita a chiudere e a consegnare».


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