Staiti: un futuro possibile per Palazzo Musitano
- Redazione
di Fortunato Stelitano - La prima costruzione di palazzo Musitano risale probabilmente alla seconda metà del XVII secolo. Nei decenni successivi venne ampliato fino a ricoprire gradualmente la superficie attuale in uno dei punti più panoramici del paese. Purtroppo, però, le vicende familiari dei suoi ultimi inquilini lo portò gradualmente in rovina e gli eredi, trasferitesi a Reggio, non hanno potuto constatare che il graduale degrado fino al crollo di parte del tetto e dei solai.
Negli ultimi anni si è ricominciato a parlare di una sua fruibilità, ipotizzando di volta in volta diversi progetti di riutilizzo dell'area.
Non secondaria ad essi potrebbe rappresentare l'ipotesi di un generale recupero di tutto il complesso edilizio e l'utilizzo dello stesso come edificio dove allestire un Museo del Risorgimento calabrese permanente.
Tale progetto, che in un primo momento potrebbe rappresentare l'ennesima trovata del momento, non andrebbe però accantonato senza prima riflettere su quello che una tale struttura potrebbe rappresentare per Staiti. Innanzitutto, perché non ne esiste uno specifico nel territorio reggino e poi, vista la non trascurabile storia risorgimentale del paese, potrebbe costituire punto di riferimento per studiosi e semplici appassionati di storia patria, lasciando da parte per il momento il contrasto fra i revisionismi storici tanto di moda e la vera storia ufficiale.
Il contributo che Staiti riservò alla causa risorgimentale è ormai abbastanza chiaro; staitese era quel Francesco Martelli che si distinse durante la Repubblica napoletana del 1799, così come altre personalità della stessa famiglia Martelli e dei Musitano, solo per ricordarne alcuni.
La stessa madre dei fratelli Gaetano, Giovanni e Francesco Borruto di Reggio (Sbarre) era di Staiti; infatti, il padre Ignazio nel 1811 aveva convolato in nozze con Giuseppa Cordova, sorella di Fortunata Cordova madre dei due fratelli Domenico (avvocato e supplente giudiziario) e Lorenzo (arciprete).
Per di più, la stessa moglie di quel Giovanni Medici che ebbe un grande ruolo durante l'Insurrezione di Bianco del 1847 e i Moti del 1848 era staitese nella persona di Caterina Musitano, sorella degli stessi Domenico, Lorenzo e Francesca Maria che andrà in sposa al notaio Giuseppe Maria Martelli, capo dei liberali di Staiti durante l'Insurrezione del 5 e 6 settembre 1847.
Per l'occasione, proprio all'interno di palazzo Musitano erano state cucite le coccarde tricolori e la bandiera, poi bruciata dal giudice Antonio Marano; sempre palazzo Musitano, nei giorni successivi alla rivolta, aveva ospitato alcuni fra i liberali di Reggio guidati da Domenico Romeo che dal Capoluogo avevano intanto raggiunto il piccolo centro aspromontano dove si fermarono per alcuni giorni.
Lo stesso Gaetano Borruto, nelle sue deposizioni dopo l'arresto, ricordò l'ospitalità dei cugini Musitano e, una volta libero, nel 1861 pubblicò il suo contributo “Il Tristo Carcere di Reggio” raccontando, fra l'altro, anche le vicende ultime del cugino Lorenzo Musitano, arciprete di Staiti.
Non mancarono gli entusiasmi per Murat, né per Garibaldi, né per l'Irredentismo; Staiti, quindi, sempre presente nei momenti più importanti della martoriata storia di un popolo che contribuiva, suo malgrado, alla costruzione di un'unica identità di nazione.
Il museo potrebbe raccogliere al suo interno tutta la bibliografia sul contributo calabrese al Risorgimento italiano, così come riproduzioni di documenti e cimeli relativi al contesto storico provinciale, pannelli espositivi, con il coinvolgimento, fra l'altro, del neo costituito Comitato provinciale dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, dell'Archivio di Stato di Reggio, del Museo Centrale del Risorgimento e di alcune biblioteche come quella di Storia moderna e contemporanea di Roma. L'organizzazione, poi, di laboratori didattici, richiamerebbe a Staiti varie scolaresche, incrementando turismo e conoscenza del territorio.
Una parte dello stesso edificio potrebbe, infine, ospitare la biblioteca comunale “Tommaso Campanella” e il tanto atteso Museo Civico “Mons. Antonino Sgrò” dove custodire la memoria di un passato non solo risorgimentale, ma storico, culturale e artigianale di un popolo e di un paese.