Sul set di "Anime Nere". L'intervista a Priolo
- Redazione
«È un attore nato», così ha definito Munzi l’africese che si è conquistato un posto di primo piano nel suo film
Come sei approdato sul set di Anime nere?
È successo un anno e mezzo fa circa: il regista Francesco Munzi mi ha fermato per strada (girava in cerca di volti adatti al film) e mi ha proposto di partecipare a due dei provini che si svolgevano in quel periodo. Già dal primo, però, ha confermato la mia presenza sul set.
In cosa consistevano i provini?
Nel primo provino mi hanno fatto interpretare il ruolo di un padre che si ritrovava a dover riprendere un figlio “monello”. Nel secondo, io e un altro africese, abbiamo girato una scena in cui interpretavamo i genitori di due ragazzi che avevano dato fastidio ad un boss. Ci siamo subito calati nella parte. Lo staff addetto alle selezioni si è dimostrato entusiasta fin da subito per le mie prove.
Chi interpreti nel film e quanto c’è di tuo in questo personaggio?
Interpreto Nicola, braccio destro di Luigi, uno dei protagonisti del film, affidato al bravissimo Marco Leonardi. Luigi ha uno spiccato senso di libertà, che lo costringe ad elevarsi dal contesto in cui vive. E Nicola, suo uomo fidato, è un tipo accomodante e affascinato dal carisma dell’amico. Ho trovato delle forti similitudini tra me e il mio personaggio. Per carattere, atteggiamento e per questo senso di lealtà verso gli amici.
Avevi già fatto altre esperienze cinematografiche?
No, mai. Questa è la prima.
Quando si concluderanno le riprese continuerai su questa strada o riprenderai la tua vecchia vita?
È un mondo che mi ha entusiasmato e che mi ha permesso di esprimermi al meglio. Spero di avere altre occasioni, a partire da questa. Senza nessuna presunzione vorrei che ci fosse un futuro come attore per me. In ogni caso, mi sto divertendo. Se dopo diverrà un lavoro ben venga.
Com’è cambiata la tua vita, e come è stata accolta questa “novità” dai tuoi amici, dai tuoi familiari, e dai tuoi concittadini?
Gli amici hanno accolto con gioia il mio approdo sul set. Secondo loro questa è un’occasione “arrivata in ritardo”. I miei figli, Lucia e Domenico, e mia moglie Maria sono orgogliosi: mi considerano un attore già affermato. La mia vita è cambiata molto, questa esperienza mi ha rinvigorito. È la mia giovinezza, una stagione che per varie vicissitudine mi ero perso.
Anime nere racconta la storia di tre ragazzi aspromontani, costretti dai tempi e dalle privazioni a sporcarsi le mani. Tre bravi ragazzi che, se avessero potuto scegliere, avrebbero preferito restare in montagna e accanto alla famiglia. Quanto c’è di vero in questa storia?
Parecchi giovani, non solo di Africo, ma calabresi in genere, potrebbero identificarsi nei personaggi descritti nel film. Perché si vive, purtroppo, in un contesto sociale difficile, non voluto dalla nostra gente, bensì da un potere economico e socio-culturale che vogliono questo popolo incapace di rialzarsi. Un popolo senza idee e senza pensiero. Questo film, se a questo non fosse bastato il romanzo di Gioacchino Criaco da cui è stato tratto, potrebbe essere linfa vitale. La strada per uscire dal ristagno che da trent’anni vessa la nostra terra.
Come ti è sembrato il regista, Francesco Munzi?
C’è qualcuno, in particolare, che ti mancherà? Vedo in Munzi una semplicità che denota la sua superiorità intellettiva. Un regista meticoloso, capace di girare la stessa scena per ore e ore. Fino alla perfezione. Per questo è capace di tirare il meglio da tutto ciò che ha a disposizione: mezzi, attori, location. Mi mancheranno tutti, perché con tutti si è instaurato un rapporto di amicizia e sinergia.
Come hanno accolto gli africoti il set?
Per tutto il popolo di Africo questa è stata una ventata di vitalità. Si sono dimostrati cordiali con lo staff del film, partecipando alle riprese in silenzio, quasi con apprensione. Tanti ragazzi hanno avuto l’occasione di guadagnare qualcosa.
Dall’Aspromonte al Messico passando per Milano. Stefano tornerai in Calabria o la nostra terra perderà un altro figlio?
In Messico ci andrò probabilmente a febbraio, dopo aver concluso le riprese a Milano. Ci ho provato tante volte a lasciare questa terra, a tagliare questo cordone ombelicale. Ma è talmente forte l’amore per lei che questo figlio non lo perderà. Mai.