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Antonella Italiano

Antonella Italiano

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Impianto consortile Bianco. La Procura indaga su chi "ha riparato" ma non su chi "ha costruito"

L'impianto consortile di depurazione Bianco-Bovalino-Benestare-Casignana è una megaopera inutile e costosa. Lo è da dieci anni, da quando cioè fu realizzata, dopo essere stata imposta ai quattro comuni consorziati (anche se il "consorzio" non fu mai seguito da un atto ufficiale) dall'Ufficio del commissario delegato per l'emergenza ambientale del territorio della Regione Calabria.

Una megaopera imposta dalla Regione

Fu dunque la Regione a decidere per la sua costruzione, a unificare le fogne dei quattro comuni (almeno sulla carta), a stabilire che sarebbe stato Bianco il comune capofila e a individuare all'interno di esso il sito dove realizzare l'impianto di depurazione, ad affidare la redazione del progetto esecutivo e realizzazione delle opere alla ditta Vincenzo Restuccia Costruzione Srl di Vibo e all'ingegnere Sergio Lucianetti, a scegliere per direttore dei lavori l'ingegnere Vincenzo De Rosa (il responsabile del procedimento alla Regione Calabria era l'ingegnere Giuseppe Scordo), ad affidarne il collaudo all'avvocato Giuseppe Mazzitello e all'architetto Giuseppe Lombardo.

Con un finanziamento di 6 milioni di euro, dopo essersi resi necessari due anni per la realizzazione dei progetti, la Regione avviò i lavori di messa in opera.

La ditta Acquereggine fu incaricata della manutenzione dell'impianto, ma solo fino al "2012". Quindi colpevole, quanto le altre, dei danni che esso ha causato, ma non toccata dalle indagini attuali che vanno dal 2012 al 2015.

Un progetto illogico

Ecco il percorso previsto dal progetto: le fogne di Benestare avrebbero dovuto unirsi nella loro discesa verso la marina ai reflui di Pozzo e Bovalino superiore. Una portata di circa 3mila abitanti che, spinta dalle pompe di sollevamento (ben dieci in complesso), avrebbe dovuto raggiungere la marina di Bovalino.

A quel punto la portata di circa 11mila abitanti (quasi il massimo di progettazione) avrebbe dovuto viaggiare lungo 8 chilometri di Statale, attraversando due fiumare e "risalendo" le pendenze contrarie. Nei pressi della Villa romana, noto sito archeologico di mosaici d'eccellenza più volte inondati dalla melma, si sarebbe dovuta aggiungere la fogna di contrada Palazzi di Casignana e, dopo altri chilometri di costoso pompaggio, arrivare a Bianco dove, assieme alle "ritrovate" fogne bianchesi, essere pompata lungo una salita di due chilometri fino all'impianto di depurazione sito in contrada Sant'Antonio.

Un megaimpianto visibilmente irrazionale, per quasi tutto il suo percorso costretto a viaggiare in pressione (mentre le fogne in una normale fognatura sfruttano la gravità) e con portata molto vicina alla massima.

Un megaimpianto che necessitava già sulle carte di un importante dispendio di energia elettrica, di una manutenzione continua e accurata per evitare che il danneggiamento delle pompe mandasse in crisi tutto il sistema (come puntualmente è stato), di un dialogo continuo tra i comuni interessati per fronteggiare e prevenire eventuali criticità, di uffici tecnici attenti e competenti.

Bovalino avrebbe dovuto essere il capofila

Fermo restando che l'impianto consortile è stata una megaopera "buona solo a ingurgitare fondi pubblici", resta assurda da parte della Regione la scelta di Bianco come comune capofila. Contiamo gli abitanti: Benestare circa 3mila, Bovalino circa 8mila, Bianco circa 3mila e Palazzi un centinaio.

Quindi le fogne di Benestare e Bovalino assieme fanno una portata di 11mila abitanti, che andrebbe spinta tramite le pompe per 8 chilometri e poi in salita per altri due. Parlare di "fogna di 11 mila abitanti" vuol dire progettare un dimensionamento delle condotte per tale portata, con il rischio (ormai assurto a normalità) che in caso di rottura delle condotte tale quantitativo si disperdesse nel territorio.

Sarebbe stato più logico far viaggiare la fogna di Bianco verso Bovalino, evitando così un lavoro eccessivo delle pompe, risparmiando sulle condotte e, in caso di guasti, contenere il danno ambientale.

Le criticità alle fiumare: il dramma del Careri e del Bonamico

Si è scelto, dunque, in fase progettuale di muovere una portata almeno tre volte maggiore a quella raccolta nel sito di ricezione, non il contrario.

Quali i rischi? In caso di cedimenti del sistema (registrati fin da subito forse per una cattiva messa in opera delle condotte o per l'inadeguatezza dei diametri di progetto) le criticità maggiori erano rappresentati dai tratti di attraversamento delle due fiumare.

In primo luogo per le forti sollecitazioni che ricevevano le condotte "poste in alveo" durante le violente esondazioni autunnali; in secondo luogo perché le fiumare rappresentano un canale di inquinamento privilegiato, per via del contatto diretto col mare. Esso, infatti, non è solo un luogo di "turismo e svago collettivo" ma, per paesi come Bianco e Bovalino in cui tanti praticano la pesca, un anello importante della catena alimentare. Per tutto l'anno.

"Acquereggine", la ditta individuata dalla Regione per gestire la manutenzione dell'impianto (almeno fino al 2012), nel gennaio 2009 aveva segnalato alle amministrazioni di intervenire con urgenza nel torrente Bonamico, perché lì la condotta era stata strappata via dall'acqua.

Minore per portata, ma moralmente uguale nel danno, sono stati gli sversamenti del torrente Malachia, localizzato a meno di un chilometro di distanza dal Careri. Il mancato funzionamento delle pompe a monte di Bovalino marina ha causato il riversamento continuo dei reflui nel torrente e, di conseguenza, al mare.

Altra scelta illogica è stata il posizionamento di una stazione di sollevamento a ridosso della battigia (Lungomare di Bovalino lato nord), ripetutamente danneggiata dalle mareggiate e interessata da continui sversamenti di reflui mai pompati a destinazione.

Il torrente Careri: la fogna a cielo aperto di Benestare e Bovalino

Imbarazzante per gli amministratori bovalinesi è stato più di tutti il caso del torrente Careri. E' al Careri, un torrente sito alla fine di Bovalino lato sud, che per dieci anni è finita integralmente la fogna di Bovalino superiore, Bovalino marina, Benestare e Pozzo.

Inquinamento certificato quest'estate dalle analisi commissionate dall'Osservatorio ambientale diritto per la vita, e mai accompagnato da un divieto di balneazione. Ma che quelle distese di residui melmosi, marroni e verdastri, i topi vivi e morti al contorno, l'odore incondodile che caratterizza la parte sud del paese tanto da rendere impossibile la vita agli abitanti, fossero fogna non ci sono mai stati dubbi. Ne sanno qualcosa i cittadini che ogni estate, quando a causa della mancanza di mareggiate e di piogge la fogna stazionava sulla spiaggia a quaranta gradi, si recavano dalle forze dell'ordine a sporgere denuncia. Un ultimo, inutile tenativo, di rivendicare il diritto sacrosanto alla salute.

Litri e litri di reflui, per anni riversati nel mar Jonio, e senza che il comune di Bianco segnalasse mai alle amministrazioni consorziate che, al conteggio della portata al suo depuratore, mancasse la portata di tre paesi. Un silenzio su cui oggi la magistratura, grazie alle indagini del procuratore Ezio Arcadi, ha deciso di indagare.

Le indagini di questi giorni: truffa aggravata per chi ha "riparato"

A circa 1 milione e mezzo di euro (1.440.426,72) ammonta il danno erariale procurato nell'arco di tre anni (dal 2012 al 2015) dagli interventi sull'impianto consortile, a cui si aggiungono gli oltre 6 milioni di euro impiegati per la costruzione e «la somma (non quantificata perché fuori dalla specchio di indagine) occorsa per manutenzione e conduzione dei lavori dal 2005 al 2012».

Ben 34 persone sono state iscritte nella lista degli indagati con i reati di truffa e truffa aggravata per il conseguimento di elargizione pubbliche: 34 tra progettisti, titolari di imprese interessate ai lavori di manutenzione, responsabili degli uffici tecnici comunali.

Secondo la tesi della procura tutti i sindaci dei comuni consorziati erano a conoscenza del fatto che nessun collaudo tecnico-statico dell'impianto fu effettuato quando venne consegnato. Per tutti e 34 gli indagati l'accusa formulata dal sostituto procuratore della repubblica di Locri, Ezio Arcadi, è di aver fatto apparire, ognuno a secondo dei ruoli ricoperti e «ricorrendo ad artifici e raggiri» che l'impianto di depurazione consortile di Bianco e le collegate reti di adduzione dei liquami «fossero effettivamente idonei ed adeguati all'uso per i quali erano statio progettati».  

L'articolo sulla Gazzetta del Sud, chi ha dato la "soffiata"?

La nostra testata ha seguito con costanza il caso degli sversamenti dell'impianto consortile, monitorando e denunciando quanto accadeva al Careri, nel disinteresse totale delle amministrazioni e della cittadinanza, se non quella direttamente interessata dal problema. Abbiamo così arrecato, secondo molti, "un danno importante al turismo e alle attività che di esso vivono". Nonostante tutto abbiamo portato all'impianto consortile il format nazionale "Striscia la notizia" che, grazie alla sensibilità dell'inviato Luca Galtieri, ha amplificato la denuncia, tornando tra l'altro a verificare lo stato dei fatti anche qualche tempo fa per un servizio che verrà trasmesso nei prossimi giorni.

Nonostante l'impegno profuso assieme all'Osservatorio ambientale diritto per la vita, al suo presidente Arturo Rocca, e al noto ambientalista Totò Pratticò, non eravamo a conoscenza delle indagini in corso, pur avendo sempre sperato in un intervento risolutivo della procura. C'è anche un valido motivo.

Quella notizia andava pubblicata?

No, trattandosi di una fase preliminare di indagine, prima - per intenderci - che vengano emessi eventuali avvisi di garanzia. Per l'opinione pubblica, infatti, quei 34 nomi sbattuti su pagina regionale e provinciale sono oggi già condanne definitive. Per la procura no!

Perchè non si è indagato dal 2004?

Ciò che ci lascia amareggiati è la decisione presa dalla procura di limitare le indagini all'arco temporale 2012-2015.

Perché se la soglia del 2015 fa ben sperare che ci sia una prosecuzione, la soglia iniziale (il 2012) racchiude un ammanco di ben otto anni. Proprio quelli cruciali dell'ideazione, messa in opera e cattiva gestione del progetto. E ciò fa temere che, passando altro tempo (siamo già a 12 anni) si intercorra nella prescrizione che tutto salva e assolve. Ci chiediamo quindi come si faccia a parlare di "danno erariale e truffa" per chi ha riparato senza guardare chi la truffa l'ha iniziata, promossa e perpetrata dal lontano 2004. Una truffa da sei milioni di euro, una tagliola per le malcapitate ditte incaricate dalle amministrazioni in questi anni, e danni ambientali a non finire.

Ricordiamo inoltre del recente stanziamento di quasi mezzo milione di euro da parte della Regione per riparazioni inutili quanto urgenti. Lavori che tutti i Comuni erano pronti ad appaltare. Tutti tranne uno: Bovalino.

Discarica di Casignana. La Regione parla di bonifica ma progetta l'ampliamento

Sul Burc di oggi (il Bollettino ufficiale della regione Calabria), troviamo pubblicato un decreto del 4 luglio 2016 che ha in oggetto: “Procedura aperta per l’affidamento dell’incarico professionale di direzione lavori, assistenza al collaudo, liquidazione, tenuta registri contabili e coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori di ampliamento della discarica per rifiuti non pericolosi sita in località Petrosi del Comune di Casignana”.

Ampliamento? Regione Calabria? Ma non era il governatore Oliverio colui che, pochi minuti dopo il servizio mandato in onda da Le Iene il 17 febbraio, scriveva su facebook: “Abbiamo stabilito la definitiva chiusura della discarica di Casignana alcuni mesi fa senza attendere il clamore mediatico.

Ne abbiamo anche disposto la bonifica, consapevoli che si trattasse di una vera "bomba ecologica".

La cura del territorio, il rispetto dell'ambiente, sono la nostra priorità”.

Su "la cura del territorio", "il rispetto dell'ambiente" e "le priorità" facciamo un po' di chiarezza...

13 ottobre 2015

La discarica dà evidenti segni di instabilità, tanto da farne scaturite il sequestro preventivo.

21 ottobre 2015

La Regione Calabria approva le Linee guida per la rimodulazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti della Regione Calabria (otto giorni dopo il sequestro preventivo) con delibera di giunta regionale numero 407, con cui si stima a Casignana una capacità residuale di 200mila metri cubi di rifiuti.

1 novembre 2015

Una vasca della discarica, sotto le incessanti piogge dell'alluvione, cede riversando tutto il suo carico di percolato a valle. L’evento viene inizialmente taciuto, per poi scoppiare in un caso nazionale.

9 novembre 2015

Il Tar ordina la messa in sicurezza della discarica con somma urgenza.

16 novembre 2015

Il governatore Oliverio, durante una conferenza stampa a Locri per far la conta dei danni provocati dall’alluvione, si esprime così riguardo la discarica: «A Casignana non arriverà più neanche un chilo di immondizia», ma i lavori di messa in sicurezza portano ancora il nome “Ampliamento della discarica pubblica per rifiuti non pericolosi in località Petrosi del comune di Casignana”. La carte, come si evince, dicono il contrario del Governatore.

17 novembre 2015

Al Consiglio regionale della Calabria si riunisce per la terza volta (in meno di un mese) la Quarta commissione ambiente, e le famose Linee guida per la rimodulazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti della Regione Calabria (sfornate dalla Giunta regionale con delibera numero 407 il 22 ottobre 2015) passano indisturbate con parere favorevole. E con queste, i famosi 200mila metri cubi di rifiuti continuano ad essere designati come capacità residuale della discarica di Casignana; perché né la Giunta, né la Quarta commissione hanno provveduto a cancellarle. Un errore?

25 novembre 2015

La delibera passa dalla Quarta commissione con “parere favorevole”. Ancora?

3 dicembre 2015

Il Tar richiama l'Arpacal, grazie alle istanze presentate dall’avvocato del Comune di Bianco, Ferdinando Parisi, con un’ordinanza in cui c'è scritto: “L’Arpacal a fronte dell’ordinanza cautelare n. 266/2015 con cui veniva nominato commissario ad acta un proprio funzionario, ne dichiarava l’incompatibilità rispetto il predetto incarico; a fronte del decreto cautelare n. 292/2015 con cui veniva alla stessa ordinata la messa in sicurezza del sito, rimaneva sostanzialmente inadempiente”; così “ravvisata la perdurante necessità di mettere in sicurezza il sito di cui in causa, divenuta ancor più impellente in conseguenza agli eventi alluvionali del mese scorso” il Tar nomina commissario ad acta della discarica il Prefetto di Reggio Calabria.

E gli atti del processo vengono impacchettati e spediti alla procura di Locri al fine di valutare la sussistenza di eventuali reati dell’Arpacal che rischia la condanna per omessa bonifica.

5 ottobre 2016

Giunge a conclusione il procedimento pendente dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria - Sez. staccata di Reggio Calabria avente ad oggetto la messa in sicurezza e la bonifica della discarica di Casignana.

Il Tar si è espresso sul ricorso proposto nel 2015 dall’avvocato Ferdinando Parisi nell’interesse del Comune di Bianco contro la Regione Calabria ed il Comune di Casignana, ed avente ad oggetto la discarica di contrada Petrosi che da anni contamina i territori a valle ed il mare Ionio con lo sversamento di percolato nel torrente Rambotta.

La sentenza condanna il Comune di Casignana e la Regione Calabria ad effettuare la messa in sicurezza nonché la bonifica definitiva del sito, secondo le modalità e le tempistiche procedimentali descritte in atti.

25 novembre 2016

Una nuova alluvione colpisce la Locride, la discarica di Casignana tracima acqua frammista a percolato dalle due vasche site ai suoi piedi, esattamente come l’anno precedente. Un anno di tempo non è stato sufficiente alla Regione Calabria per provvedere alla copertura delle due vasche, che costano alla Regione (come dichiarato dal dirigente della protezione civile Carlo Tansi durante una conferenza stampa tenutasi a Bianco il 26 novembre 2016) più di un milione di euro in smaltimento del percolato.

28 novembre 2016

Ed oggi l’incredibile scoperta. Basta andare a sfogliare il Burc sul sito della Regione per verificarlo. Nonostante gli annunci e le passerelle, le perdite di percolato ad ogni pioggia, gli altissimi costi di gestione dovuti alla mancata manutenzione; nonostante i giornali, le televisioni, Le Iene, il Tar, la salute e la volontà dei cittadini, la Regione continua a programmare l'ampliamento. Ma nessuno dei suoi rappresentanti, tra politici e tecnici, ha il coraggio di dichiararlo apertamente.

Proprio aspettandosi un tale comportamento da parte della Regione Calabria, nonostante il Tar auspicasse una rinuncia agli atti, l’avvocato Parisi ha insistito nelle proprie richieste: «Secondo la sentenza n. 999/2016 la Regione Calabria ed il Comune di Casignana devono provvedere alla "messa in sicurezza nonché la bonifica definitiva del sito di cui è causa, secondo le modalità e le tempistiche procedimentali descritte in atti". Tra tali atti vi è il DDG 2445 del 19 marzo 2016, con cui è stato approvato il progetto preliminare di “messa in sicurezza e sistemazione definitiva delle discariche comunali site in località Petrosi nel Comune di Casignana” e che si sta provvedendo all’affidamento delle indagini geognostiche integrative propedeutiche all’assegnazione della progettazione che prevede la definitiva sistemazione dell’area, senza alcun recupero volumetrico». A tal punto si auspica che il Comune di Bianco voglia agire al più presto dinanzi al Giudice Amministrativo, anche in sede di ottemperanza, perché la Regione Calabria ponga in essere quanto alla stessa ordinato con la sentenza n. 999.

Ma il sindaco di Casignana... lo sa?

Casignana. Dalle vasche della discarica tracima acqua e percolato

Di anno in anno, di alluvione in alluvione.

Dal 1 novembre 2015 ad oggi poco è cambiato alla discarica di Casignana. Non è ancora ceduta la vasca – questo è vero - ma le acque piovane frammiste a percolato continuano a tracimare e a scorrere liberamente a valle.

Una sentenza del Tar dello scorso 5 ottobre aveva condannato il Comune di Casignana e la Regione Calabria ad effettuare la messa in sicurezza e la bonifica definitiva del sito, secondo le modalità e le tempistiche procedimentali descritte in atti.

Un tale provvedimento, essendo privo di copertura finanziaria (per come denunciato dall’avvocato Parisi all’ultima udienza svoltasi nel mese di luglio), avrebbe potuto essere disatteso dall’Amministrazione regionale o addirittura revocato, cosa impossibile dopo la sentenza del Tar, alla quale sia la Regione Calabria, sia il Comune di Casignana avrebbero dovuto adeguarsi.

Avrebbero dovuto.

Purtroppo, nonostante i “buoni propositi” dei politici e della Protezione civile, nulla è stato fatto, e i nostri territori ogni autunno rischiano il disastro ambientale.

Oggi, nella migliore delle ipotesi e stando così le “piogge”, il Comune di Casignana dovrà pagare lo smaltimento dell’acqua frammista a percolato raccoltasi nelle due vasche a valle della discarica come fosse percolato puro. Smaltimento che ha oneri altissimi.

Ma, nonostante siano cose risapute, né il Comune né la Regione hanno provveduto alla loro copertura nella stagione estiva.

Nella peggiore delle ipotesi, la più probabile visto che la Protezione civile ha prolungato l’allerta meteo per altre 24 ore, le piogge continueranno a cadere abbondanti facendo tracimare percolato a valle e mettendo la discarica a forte rischio di stabilità. Un’altra volta ancora.

Bovalino. Terza rottura in meno di un mese alla rete fognaria

È da più di due giorni che la stazione di sollevamento, sita nei pressi di Villa Afrodite beach, risulta pesantemente compromessa. Lo testimonia il fiume di reflui fognari che ha tracciato il suo corso sulla spiaggia, sfociando indisturbata nel mar Jonio.

Quello dell’impianto consortile Benestare-Bovalino-Casignana-Bianco era già nella sua ideazione un progetto fallimentare, secondo cui i reflui di diecimila abitanti avrebbero dovuto viaggiare, proprio grazie alle pompe di sollevamento, per circa 10 chilometri di Statale prima di raggiungere l’impianto di depurazione sito in contrada S. Antonio nel Comune di Bianco, capofila del sistema.

Numerosi sono stati i guasti registrati fin dalla messa in funzione, e milioni i soldi spesi in interventi riparatori in somma urgenza. Ma le fogne di Bovalino, Bovalino superiore, contrada Pozzo e Benestare non sono mai arrivate a Bianco, se non sporadicamente, finendo disperse lungo il tragitto, nel torrente Malachia, nel sottopasso di Villa Afrodite, nella fiumara Careri.

Da ottobre di quest’anno, e dopo l’intervento di televisioni nazionali, la neo insediata triade commissariale si è adoperata per rimettere in funzione l’impianto, ma per ben due volte si è dovuto intervenire a causa dei cedimenti delle condotte che mal sopportavano le elevate pressioni di lavoro.

In meno di un mese quello registrato oggi sarà il terzo “ecodanno” subito dal nostro territorio.

Ci auguriamo che si intervenga subito, ma soprattutto che lo si faccia senza ulteriore sperpero di soldi pubblici e in modo risolutivo. Il megaimpianto depurativo è una sconfitta, rinunciarci dopo più di dieci anni però potrebbe essere la vittoria.

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