Asparagi: erbaggi miracolosi
- Leo Criaco
Mentre la raccolta della cicoria e del tarassaco (crapelliti e marugliaci) volge al termine, quella degli asparagi selvatici si protrae fino a tutto giugno. Da tempi lontani le popolazioni aspromontane raccolgono e consumano, sia fresche sia conservate, le varie specie di questo pregiato erbaggio che cresce spontaneo e copioso nei nostri territori.
L’asparago è una pianta perenne della famiglia delle asparagaceae (liliaceae), provvista di rizoma (fusto sotterraneo fornito di numerose radici) dal quale si originano i giovani getti, detti turioni, cioè gli asparagi commestibili; ogni rizoma produce mediamente 8-10 turioni all’anno. Mentre gli asparagi coltivati, soprattutto quelli bianchi, vengono raccolti con uno speciale coltello, detto a “sgorbia”, quelli selvatici si raccolgono o a mano (sistema molto usato dalle nostre parti), recidendoli nella parte non lignificata ad una lunghezza di circa 15-20 cm, o con le forbici, tagliandoli più lunghi (30-35 cm), a livello del terreno. Quest’ultimo tipo di raccolta viene usato dai contadini e dagli agricoltori che vendono gli asparagi nei mercatini che si tengono settimanalmente nei nostri paesi. I turioni non raccolti danno origine a un nuovo fusto. La raccolta degli asparagi, per la gioia dei cercatori di questi gustosi e salutari erbaggi, dura circa sette mesi, infatti inizia nel mese di dicembre e termina a fine primavera. È consigliabile consumare gli asparagi lo stesso giorno della raccolta o al massimo il giorno dopo, altrimenti diventano più fibrosi, duri e meno appetibili. Dopo la raccolta, in attesa del consumo, per evitare la disidratazione, e quindi per mantenerli turgidi, occorre sistemarli, legati a mazzetti, in piedi, in un contenitore (bacinella, secchio, bicchiere, ecc.) con 2-3 cm di acqua, oppure metterli in frigorifero avvolti in un panno umido. Se non vengono consumati entro le 24 ore dalla raccolta conviene congelarli, previa sbollenttura di 2-3 minuti, o conservarli sotto olio o sott’aceto.
Le specie di asparago selvatico presenti nel nostro territorio sono tre: l’asparago pungente, l’asparago bianco, e l’asparago spinoso. L’asparago pungente (asparagus acutifolius) è la specie più diffusa sul nostro massiccio montano. Ha fusti di colore verdastro, ramosi e alti fino a 2 metri, i frutti sono delle piccole bacche, da giovani verdi, scuri a maturità. Lo troviamo nella macchia mediterranea, nei boschi di leccio e di quercia, negli uliveti e nelle siepi, dalla fascia costiera fino a mille metri s.l.m.. La raccolta dell’asparago pungente (nome locale: sparacara, sparaciu) inizia a fine febbraio e termina, nelle località più alte, a fine giugno.
L’asparago bianco (asparagus albus) è localizzato soltanto sul versante orientale, nella fascia compresa tra Bocale e Africo. Vegeta nella macchia, nei prati-pascoli aridi con presenza di piccoli arbusti e di graminacee cespitose, e nei boschi non molto fitti di eucalipto, a quote inferiori ai 700 metri. Ha fusti ramosi di colore biancastro, alti 80-100 cm, i turioni e fusti sono molto più grossi di quelli dell’acutifolius. La raccolta dell’asparago bianco (nome locale: sparacu jancu) inizia a fine novembre-inizio dicembre e termina nella seconda decade di maggio.
L’asparago spinoso (asparagus horridus o stipularis) ha caratteristiche simili all’albus, il colore del fusto è però verde pruinoso, ed è presente negli stessi ambienti. È specie poco conosciuta dagli aspromontani in quanto è poco frequente. Oltre alle suddette specie selvatiche nel nostro territorio è presente anche l’asparago comune (asparagus officinalis), specie coltivata nei piccoli orti per consumo famigliare. In Italia, specialmente nelle regioni centro-settentrionali vengono coltivati centinaia di ettari di questa specie di asparago. Dallo officinalis si producono, con particolari tecniche di coltivazione, i famosi asparagi bianchi. Tutti gli asparagi, soprattutto i selvatici, sono molto ricchi di vitamina C e B2 e di amminoacidi, contengono inoltre molto potassio e una buona quantità di calcio e ferro. Hanno proprietà diuretiche, depurative, dimagranti e antitumorali. Il consumo frequente e abbondante è sconsigliabile a chi soffre di insufficienza renale (hanno potere irritante sull’epitelio renale), nefrite e di gotta (in quanto sono ricchi di acido urico). In erboristeria si utilizzano le radici (dopo essiccazione) sotto forma di decotto. Le preparazioni culinarie sono tante. I turioni vengono usati in cucina per preparare risotti, frittate, pasta ecc.. La cottura, soprattutto la bollitura, causa, inevitabilmente, la distruzione della maggior parte delle vitamine e di altre sostanze nutritive e salutari del vegetale. Per questo motivo è opportuno evitare la bollitura, optando su altri sistemi di cottura (al forno, a vapore, saltati in padella, arrostiti ecc.).
Gli aspromontani, soprattutto quelli del versante orientale, raccolgono anche i turioni del pungitopo (ruscus aculetus). Il pungitopo (nome locale: ruscolara) è un arbusto sempreverde, alto circa 80 cm, provvisto di fusto ramificato, con i rametti appiattiti e con estremità pungenti. Le foglie sono piccole e caduche, e il frutto (inconfondibile) è una bacca rossa (a maturazione) contenente uno o due semi. Vegeta nel sottobosco di molte essenze forestali (quercia, leccio, castagno ecc.) dai 300 fino ai 1300 metri s.l.m. Ha un sapore più amarognolo dell’asparago.