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Bergamotto: l'oro verde della costa jonica

  •   Redazione
Bergamotto: l'oro verde della costa jonica

Il sole, il mare, l’olio, il vino. Si è la solita fiera delle ovvietà, avremmo tutto per stare bene eppure continuiamo a stare male. Questa è la condanna dei paesi colonizzati, e in realtà le nazioni economicamente più sviluppate sono anche quelle meno dotate di ricchezze naturali. La cosa che fa la differenza è la forza bruta, altro che civiltà. Il mondo è dominato da chi possiede l’esercito più efficiente e chi non ci sta all’ordine mondiale imposto si ritrova i marines in casa. Cosa c’entra questo con l’essenza del bergamotto, direte? C’entra, c’entra. Mettete di essere collezionisti di francobolli o monete, qual è il pezzo più pregiato?

Quello più raro naturalmente, quello cioè di cui ci sono pochi esemplari. Il bergamotto è questo, un agrume raro che nasce sulla costa ionica e in un tratto della costa libanese, nel resto qualche imitazione, ma sostanzialmente nisba. Ora, il mondo ne potrebbe fare a meno del rado frutto, direte? Fregandosene del fatto che ce lo abbiamo solo noi? Si e no, è la risposta. Ne può fare a meno, anzi solitamente lo fa sostituendo all’essenza naturale un prodotto chimico in grado di farne le veci. Il guaio è, ed è noto, che la chimica riesce a sostituire spesso la natura ma non può farlo sempre e a volte il subentro produce conseguenze poco piacevoli. Nel caso in questione pare che l’essenza artificiale sia potenzialmente cancerogena. E se si tiene conto che il materiale in esame è la base fissante delle fragranze, che con vari marchi, vengono chiamate profumi, si capisce qual è o potrebbe essere il valore economico dell’affare. Da noi ci potrebbero distese di giardini di bergamotto e non ci sono sapete perché’ perché l’industria non può dipendere da un prodotto non brevettabile, che nasce in un territorio limitato avendo, di fatto, un monopolio di natura. Il consorzio per la tutela del bergamotto stima 1500 ettari del nostro territorio destinati alla coltivazione, il prezzo del frutto si è stabilizzato da qualche anno intorno ai 40 euro al quintale e ultimamente i magazzini smaltiscono fino all’ultimo chilo di prodotto. Nella Locride la coltivazione è ridotta al minimo, mentre potrebbe essere uno dei prodotti di punta di una nuova economia verde sempre più in voga nel mondo. Abbiamo un frutto che è o potrebbe diventare d’oro, qualcosa di completamente nostro. Un prodotto sano che non inquina e che permette una miriade d’usi in campo cosmetico, farmaceutico, alimentare. Una realtà che baratteremo per un miraggio nero, si faremo la centrale a carbone a Saline perché noi siamo furbi e dalle nostre parti va sempre di moda quello che in altri posti rifiutano. Questo significa essere una colonia, obbedire agli ordini e preferire l’oro nero a quello verde.


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