I funghi che sfidano il freddo
- Leo Criaco
Dalle pendici lambite dal mare fino ai quasi 2000 metri di Montalto, l’Aspromonte ci regala una straordinaria diversità di habitat. In questi splendidi e variegati ambienti, con condizioni favorevoli di umidità e temperatura, per molti mesi all’anno, nascono migliaia di specie fungine, una parte delle quali (più di un centinaio) sono commestibili, tuttavia solo poche sono conosciute e raccolte dai cercatori aspromontani (i “fungiari” esperti ne raccolgono circa 40-50).
La raccolta di questi prelibati doni della natura si concentra principalmente tra giugno e novembre e solo 8-10 specie fruttificano in inverno/inizio primavera. Tra queste, due appartengono al genere Leccinum: il Leccinum corsicum e il Leccinum lepidum che normalmente, per la gioia dei fungaioli che frequentano i boschi, quando quasi tutti i carpofori (funghi) sono scomparsi, ci deliziano da novembre fino ad aprile con abbondanti raccolti. Del genere summenzionato, da decenni, le nostre popolazioni raccolgono e consumano anche il Leccinum aurantiacum, che con copiose nascite, da giugno a fine ottobre, colora di rosso-arancio il sottobosco dei pioppeti. Prima di passare a una breve descrizione di questi tre Leccinum (a questo genere appartengono molte altre specie poco presenti o assenti del tutto sul nostro massiccio montano), ricordiamo che la loro “carne”, una volta tagliata vira dal rosa al blu, al grigio, al violaceo, al nero a seconda della specie e alla parte (gambo, cappello, imenofaro) del fungo, ed una volta cotta tende ad annerire. Ricordiamo, inoltre, che negli esemplari maturi è opportuno scartare il gambo in quanto coriaceo ed indigesto.
Il Leccinum aurantiacum (nome locale: Candilisi, porcinu i chiuppu, nella foto a sinistra) è un fungo di taglia grande, ha un cappello di notevole dimensione di colore rossastro da giovane, arancio-marrone a maturità. Cresce da luglio ad ottobre sotto i filari e i boschi di pioppi; è simbionte di questa essenza forestale chiamata, in alcune parti dell’Aspromonte “candalisi”, da cui il nome locale. Ha sapori e aromi mediocri.
Il Leccinum corsicum (nome locale: caddaredda, porcinegliu i famacissi o i camacissi o i bucassi, nella foto a destra) è un fungo di taglia molto piccola che da giovane assomiglia al Lepidum. Ha un cappello di un colore che varia dal giallo opaco al marrone scuro; lo troviamo esclusivamente sotto il cisto (arbusto sempreverde presente, soprattutto, sul versante ionico aspromontano fino ai 1000 metri di altezza, viene chiamato localmente famacissi, o camacissi o bucissi) da novembre ad aprile. È poco profumato e ha un sapore (piacevole) amarognolo. I grecanici lo chiamano “caddaredda” (piccola caldaia) perché gli esemplari maturi assumono un colore simile a quello della caldaia annerita dal fuoco.
Il Leccinum lepidum (nome locale: porcinu i broera, porcinegliu, nella foto a sinistra) come l’aurantiacum è di taglia grande con un cappello dal colore giallo bruno o marrone scuro con carne soda da giovane, più molle a maturità. Cresce sotto leccio e sughera fino a 1000 metri di altitudine. Lo troviamo quasi tutto l’anno soprattutto nella macchia mediterranea (questi boschi sono formati da varie essenze forestali tra le quali ricordiamo: il leccio, il corbezzolo, l’olivastro, l’alloro, l’erica chiamata “broera” da cui il nome locale del fungo, la ginestra). Tra tutti i Leccinum è la specie più nota e consumata dalle popolazioni ioniche aspromontane. Ha un odore gradevole ma poco pronunciato, e il sapore è leggermente dolciastro. I novelli fungiari lo scambiano spesso con il porcinu jancu (boletus edulis).