Domenico Dara da Girifalco a Macondo
- Gioacchino Criaco
E il postino diviene fato e muta la sorte delle anime che popolano un paese fantastico, aggrappato al costone di un monte. Un posto che come tutti i luoghi di periferia sta esattamente al centro del mondo: Girifalco che è tale e quale al Macondo di Gabo. Lo è senza alcuna imitazione voluta o inconscia; lo è come sono simili i posti isolati, lontani da tutto che invece di arrendersi all’oblio si inventano esistenze e avventure tanto straordinarie da divenire reali. E “breve trattato sulle coincidenze” è così surreale da essere straordinariamente vero e trasformare storie minime di gente semplice in un racconto epico delle non terre, realizzando un affresco su luoghi e uomini che potrebbe appartenere a una miriade di posti. Ed epica è anche la venuta alla luce del romanzo di Domenico Dara, da Girifalco, rifiutato per anni dagli editori e poi pubblicato dopo il suo approdo tra i finalisti del prestigioso Premio Calvino, metafora della miopia dell’editoria italiana o dei meccanismi che portano alla pubblicazione. Confesso, il libro l’ho comprato per paesanismo, come faccio sempre quando escono romanzi di autori calabresi sperando di trovare cose belle. Spesso resto deluso ma ogni tanto le sorprese sono gradite; le ultime note liete sono state Rocco Cosentino, Valerio De Nardo e Domenico Talia. “Breve trattato sulle coincidenze” l’ho dovuto ordinare, non c’era sugli scaffali; avevo letto alcune recensioni favorevoli, ma anche queste di solito tradiscono. L’ho aperto da lettore, non da scrittore o recensore e sono andato dietro a un postino ombroso e particolare, ho girovagato con lui per i vicoli del paese e poi, a casa sua abbiamo frugato fra le righe di un italiano a volte improbabile, scoprendo i sogni, le miserie, le cattiverie, la nobiltà, gli amori e i disamori di un universo che girava intorno a un minuscolo villaggio delle montagne calabresi. Ci siamo intromessi nelle vite altrui e ne abbiamo mutato il corso, per quanto possibile, per renderle migliori dove c’erano meriti umani riconoscibili. Abbiamo fatto dentro e fuori dalle putighe del vino, dentro e fuori dai tinelli odorosi e su e giù da vecchie e quasi vuote corriere. Abbiamo tirato su per le narici il profumo e il tanfo di un’umanità in travaglio, in lotta per avere un posto nel mondo.. E confesso ancora, il romanzo di Dara non l’ho finito, come si fa con le cose che si amano, me ne concedo un pezzetto al giorno per non consumarlo in fretta.