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Cavi e tralicci nei nostri borghi: la violenza

  •   Carmine Verduci
Cavi e tralicci nei nostri borghi: la violenza

Da quando, agli inizi del ‘900, l’energia elettricae le telecomunicazioni si sono sviluppate sulla costa jonica, e nel nostro entroterra, si è assistito ad un incremento continuo di reti elettriche e telefoniche, frutto del lento processo di modernizzazione che il nostro territorio ha intrapreso come obiettivo. Ma è da evidenziare anche come si è approfittato di interi paesi, considerati tra i più belli al mondo, che oggi si trovano ad avere più fili volanti e centraline che popolazione ed utenza. Sembra siano stati volutamente giustapposti, a decorare in maniera orribile stradine e vicoli: grovigli di cavi e fili e intere foreste di pali di sostegno e tralicci. Un modo per privarci del nostro paesaggio, della bellezza di un tramonto o di un alba. Senza contare, poi, anche le linee telefoniche ed elettriche ormai in disuso (cavi morti che fanno bella mostra di se lungo tutto l’Appennino) concentrati in borghi come:Pentidattilo, Bova, Gallicianò, Staiti, Gerace, Condojanni (per citarne alcuni) alcuni di questi considerati “gioielli d’Italia”. É ovvio che una linea che taglia le distanze riduce drasticamente i costi di installazione, ma è anche ovvio che non ci si pone il problema che la rete passi davanti ad un monumento, ad una casa, o un palazzo storico. Eppure, qualora dovessimo ridipingere il nostro immobile, tali società richiederebbero il pagamento di un’ammenda cospicua, per lo spostamento temporaneo di un linea telefonica o elettrica. É vergognoso venire soffocati giorno per giorno da idiozie e spot pubblicitari senza senso, o sentirci impotenti nel guardare altre regioni adottare misure estetiche strategiche. Occorre, forse, impugnare la legge per sensibilizzare i nostri amministratori, affinché proibiscano opere antiestetiche? Dovremmo cercare di tutelare il nostro patrimonio storico, avendo cura e rispetto della natura e dei luoghi. Solo adottando misure drastiche potremmo concretamente parlare di ricchezze paesaggistiche, di recupero storico dei borghi abbandonati, di questa Calabria e di questo Aspromonte che di bellezza ne avrebbe da vendere. Pensiamo ad una montagna finalmente libera dai cavi morti, inutili e inquinanti. Le comunicazioni e i servizi elettrici hanno contribuito allo sviluppo della nostra terra, ma guardare alla modernità sfrenata, incuranti del senso estetico dei luoghi, sarebbe un grave errore. I nostri antenati vissero perfettamente adattati al territorio, lo si comprende dalla scelta dei materiali di costruzione, basata prettamente sulle risorse locali: pietra e calce integrati alla nuda roccia. La particolarità di queste antiche abitazioni è ciò che oggi si ha l’esigenza di riproporre; un po’ per moda, un po’ perché si è compresa la bellezza della semplicità. Pensiamo a cosa significherebbe, domani, recarsi a Gerace (una eccellenza della Locride) e poter scattare una foto ai quei vicoli pittoreschi, senza centrare un groviglio di fili su di un muro di pietra. Occorre cercare una via giusta affinché questa violenza cessi! Occorre che noi, figli di questi borghi, lottiamo affinché venga adottato l’uso delle cosiddette “linee interrate” che, per motivi legati a qualche misterioso piano economico, le società scelgono di non applicare. Ed attaccarci, invece, per le mura e per le strade, quasi fosse un triste decoro, orrendi fili grigi . Occorre dunque un piano regolatore, stipulato fra comuni e multinazionali, che faccia fronte a tale problematica. Nei borghi della Toscana, del Lazio, delle Marche i vicoli sono completamente “puliti” da ogni forma di “abuso energetico”. Questo è il frutto di un processo culturale che ha creato una giusta concezione dell’estetica e ha garantito, dal punto di vista turistico, un rientro d’immagine. Si è dunque arrivati ad una forma di rispetto delle norme del decoro urbano. Non permettiamo, ancora una volta, alle lobby dell’energia e delle telecomunicazioni di scegliere la strada della libera beffa, cercando di omettere la verità con slogan e frasi fatte, che non trovano dimostrazione a quello che stanno operando da anni su tutto il territorio nazionale. Non permettiamo che il nostro territorio divenga una giungla di tralicci morti, di cavi volanti, di pali di resina, ferro, legno e alluminio, di antenne. Il sogno è non trovarsi più a dover cancellare, con photoshop, un cavo elettrico da una foto di un paesaggio meraviglioso. Il sogno è quello di gustare un alba, o un tramonto, senza avere la vista disturbata da un traliccio o da un cavo volante. Il sogno è che la battaglia si concentri più sull’estetica che sui principi imposti dalle lobby. Abbiamo taciuto per troppi anni, ma i nostri diritti avrebbero dovuto essere rispettati. Avrebbero dovuto essere rispettati l’identità e la bellezza dei luoghi, capace di trasmettere un senso di ordine, di pulizia, di integrità. Ci si auspica l’intervento congiunto di tutte le autorità competenti che, in sinergia con i politici, potrebbero garantire più attenzione verso le nostre problematiche. Oggi, purtroppo, le guardiamo impassibili, senza far nulla, anche perché ci hanno costretti a pensare che, di problemi più gravi, la Calabria ne ha da risolvere.


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