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Impronte preistoriche in Aspromonte, la risposta del Presidente Bombino

  •   Giuseppe Bombino
Impronte preistoriche in Aspromonte, la risposta del Presidente Bombino

Leggo con interesse l’articolo dal titolo “Impronte preistoriche in Aspromonte?”, a firma di Domenico Stranieri.

Intendo rivolgere all’Autore un particolare ringraziamento per l’equilibrio e la delicatezza con cui ha concepito il suo scritto e per la singolare suggestione che ha offerto ai numerosi lettori del “nostro” giornale.

Ancor prima di tentare (è veramente necessario?) una spiegazione in sede scientifica sulla possibile origine delle “impronte”, reputo che la più rilevante ed avvincente questione sia da rintracciarsi nel paradigma (che lo stesso Autore evidenzia) contenuto nel “passo” e nel “cammino” di una umanità che mentre avanza sembra smarrire la memoria di se, fino a dismettere i segni del suo passaggio.

La curiosità della scoperta, l’ansia di ricercare la bellezza e l’attesa di comprendere il linguaggio di un territorio che non ci ha ancora svelato e rivelato tutto, sono le vere “impronte” di un popolo che non dimentica e non giudica la storia propria e degli altri, e per questo si appresta a meravigliarsi di fronte a una piega del terreno, a un prodigio o ad un fenomeno della natura. 

E se saprà presentare agli altri ciò che ha veduto, come ha fatto Stranieri, allora potrà dirsi in cammino per seguire le “tracce” della storia lasciando “un’impronta” per sempre.

In quelle “impronte preistoriche”, allora, vedremo il racconto di una natura che si offre alla nostra lettura, pronta a mostrarsi perché aspettava di parlare con noi.

E noi, che grazie a Stranieri cerchiamo di indovinarla, vorremmo innalzarla, amarla, convincerla a parlare ancora … Forse continueremo a non comprenderla …. ma è più importante non tradirla.

Ora, per ciò che attiene a quelle curiose formazioni rinvenute su matrice arenacea, ritengo possa trattarsi delle cosiddette “docce” o “vaschette” determinate dal fenomeno del carsismo superficiale. Tali depressioni o fori altro non sarebbero se non il risultato di una reazione chimica tra l’acqua e la matrice geolitologica, a seguito della quale si formerebbero, appunto, gli “alveoli” di dissoluzione.

Un possibile suffragio a quanto appena ipotizzato è da ricercarsi nella ulteriore formazione di piccole depressioni all’interno di quella principale (come si evince dalle foto allegate al bel testo di Stranieri), che potrebbero attestare come l’attività carsica sia ancora in atto.

Vorrei concludere, tuttavia, con una frase di un nostro scrittore aspromontano che penso dia il senso dei brevi pensieri che mi pregio di consegnarvi: “la favola della vita, ormai, mi interessa più della vita stessa” (Corrado Alvaro, Quasi una vita).


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