L'omicidio del brigadiere Giovanni Nocera
- Cosimo Sframeli
Brigadiere Giovanni NOCERA
Comandante della Squadriglia Carabinieri di Fabrizia (CZ)
Amantea (CS) 14/05/1902 – Motta S. Lucia (CS) 25/06/1946
Medaglia di Bronzo al Valor Militare
Nel piccolo comune di Motta S. Lucia, non sede di Comando dell’Arma e compreso nella giurisdizione della Stazione di Conflenti, il giovane Antonio BEVACQUA (fu Francesco e di Bonacci Maria, nato il 30.10.1925), vagabondo, armato di tutto punto, andava commettendo delitti e soprusi, mantenendo in vivissima apprensione quella popolazione. I servizi attuati dall’Arma di Confletti erano riusciti vani perché costui, abitando una delle case più alte del paese, volta per volta, scorgeva l’approssimarsi dei militari o veniva tempestivamente informato del loro arrivo, per cui si dava alla macchia.
Il 22 giugno 1946 il Pretore di Soveria Mannelli emetteva Mandato di Cattura nei confronti del BEVACQUA per i reati di rapina con arma, minaccia con arma, detenzione e porto abusivo di armi militari (moschetto, pistola e bombe a mano). Era, altresì, noto che avesse deciso di uccidere certo Stefano, del posto, per avergli questi, otto anni prima, ucciso il padre. Poiché i servizi in divisa si erano palesati inadatti, fu disposto l’impiego sul posto del Brigadiere “richiamato” Giovanni Nocera, Comandante della Squadriglia, e i Carabinieri Francesco SCANGA e Salvatore BIANCO. I tre militari, vestiti in abiti civili, improvvisatisi commercianti, si recarono in zona il mattino del 23 giugno 1946, giorno festivo, trascorrendolo in infruttuosi appiattamenti. L’indomani, il Brigadiere NOCERA, da una casa in cui si era nascosto, notò il BEVACQUA armato di moschetto modello ’91 andare spavaldamente avanti e indietro per la via principale del paese ma non ritenne opportuno intervenire. Invero, aveva avuto confidenza secondo la quale il latitante la notte successiva avrebbe avuto appuntamento, con una donna del paese, in una casetta colonica abbandonata ubicata fuori l’abitato. Difatti, a tarda serata del ventiquattro, il Sottufficiale confermò ai dipendenti la sua intenzione di sorprendere il latitante nel luogo del convegno dove, il BEVACQUA, per confermare alla donna l’appuntamento, all’alba, avrebbe esploso un colpo di moschetto. Verso le ore 02.30 del giorno 25 giugno 1946, il Sottufficiale e i due Carabinieri si avviarono al luogo stabilito. Essi erano armati della sola pistola modello ’34. Il Brigadiere NOCERA portava anche una bomba a mano “Breda”. Tutti si appostarono in posizione strategica attorno e dentro la casetta attendendo con pazienza l’arrivo del latitante.
Verso le ore 05.30 i militari udirono il segnale del convegno (un colpo di moschetto sparato dal BEVACQUA) e dopo una ventina di minuti, preceduto a distanza dal contadino Pietro VILLELLA, affittuario del fondo, giunse per un’altra strada il BEVACQUA, armato di moschetto a tracolla, di fucile da caccia e di pistola impugnata in una mano. Prima di arrivare alla casetta, il BEVACQUA attese il segnale del VILLELLA e fu rassicurato da costui che tutto era normale. Quindi, il VILLELLA si avviò verso casa propria, sita nello stesso fondo a circa 400 metri, e il BEVACQUA, invece, lestamente si diresse al primo piano della casetta e, quando stava per varcare la porta d’ingresso, il Brigadiere NOCERA, che lì era appostato, in nome della legge, gli intimò l’alt. Alle sue parole fece immediatamente eco un colpo di pistola esploso, senza conseguenze, dal malfattore contro il Sottufficiale il quale reagì colpendolo al ventre. Il BEVACQUA malgrado ferito si desse alla fuga verso la casa del Villella inseguito dal Brigadiere NOCERA e dai due Carabinieri, BIANCO e SCANGA. Durante il tragitto i militari si qualificarono ripetutamente per “Carabinieri” e ciò nonostante, il malfattore, voltandosi indietro, sparò ripetutamente contro gli stessi i quali reagirono senza colpirlo. Intanto, il BEVACQUA, raggiunta la casa del VILLELLA, prima di entrarvi, dalla soglia, sparò, alla distanza di circa 30 metri, ulteriori due colpi di pistola, in direzione del Carabiniere SCANGA, il quale reagì con altrettanti colpi senza attingere il bersaglio; si riparava quindi dietro la quercia più lontana dalla casa. Subito dopo, il Villella, richiamato dalle grida della moglie, che si trovava in casa con tre figlioletti, approfittando di una tregua del fuoco, entrò in casa portando con sé un fucile retrocarica abbandonato lungo la corsa dal BEVACQUA, uscendo con un bambino in braccio. Intanto il Brigadiere NOCERA, lasciato il Carabiniere BIANCO appostato tra la baracca e il castagnaio con l’incarico di guardare la finestra posteriore, rasentando il muro esterno, si era spinto sul davanti della casa e quando vide uscire il VILLELLA, che implorava ai Carabinieri di non uccidere i figli, gli domandò dove si trovasse il BEVACQUA. Il contadino rispose che l’amico non c’era più, che era scappato dalla finestra. Il Carabiniere SCANGA, intuendo quanto stava per accadere, gridò al Sottufficiale di non entrare ma questi giunse ugualmente fin sotto la porta d’ingresso. Fu in quel momento che il BEVACQUA, affacciatosi dalla finestra, fulmineamente, esplose diversi colpi di pistola in avanti e in basso attingendo il Brigadiere Nocera con un colpo nella regione laterale sinistra del collo. Il Brigadiere si accasciò sulla soglia della porta e il Carabiniere SCANGA esplose contro il BEVACQUA altri colpi senza attingerlo. Nel frattempo, il Carabiniere Bianco, ignorando la sorte toccata al superiore, esplose gli ultimi colpi della propria pistola contro la finestra posteriore dalla quale, il BEVACQUA, per generare panico nei militari superstiti, lanciò una bomba a mano. Dopodiché, ridiscese e sparò ancora altro colpo a bruciapelo alla testa del morente Sottufficiale e, impossessatosi della sua pistola, si diede alla fuga.
Il Carabiniere SGANGA, rimasto senza munizioni, si avvicinò al sottufficiale e visto che non dava segni di vita, insieme al Carabiniere BIANCO, informò i superiori. Invece, i Carabinieri Giuseppe VELTRI e Domenico PENNELLA, del Comando Stazione di Conflenti e in servizio a Motta Santa Lucia, badarono a piantonare il cadavere del Brigadiere NOCERA e a rintracciare il ferito a casa sua.
Il Maresciallo Maggiore, Comandante della Tenenza di Nicastro, appena a conoscenza del fatto, insieme con altri militari, si recò sul posto. Scorse il cadavere del Brigadiere NOCERA in posizione supina, dentro una pozzanghera di sangue, giacere nei pressi della soglia della porta d’ingresso della casa del Villella.
Intanto, il BEVACQUA fu rintracciato a casa sua, adagiato su di un letto. Alla presenza della madre, fu perquisita la casa e recuperate tutte le armi e le munizioni nella disponibilità dell’uccisore, inclusa la pistola del Brigadiere. Anche il VILELLA, ritenuto responsabile di concorso aggravato di omicidio, fu tratto in arresto. A sera, il BEVACQUA fu tradotto nel Carcere di Nicastro e ricoverato nel locale Ospedale Civile dove, giudicato in pericolo di vita per la ferita all’addome, fu operato d’urgenza e strappato alla morte.
Il Brigadiere Giovanni NOCERA, sposato con Maria Carmela MUSACCIO di Vaglio Lucano (PT), fu decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare, alla Memoria, con la seguente motivazione:
“Comandante di Squadriglia, nel tentare la cattura di pericoloso latitante che a brevissima distanza gli esplodeva un colpo di pistola, andato a vuoto, reagiva, ferendolo. Fatto segno ad altri colpi di armi da fuoco, andati pure a vuoto, incurante del pericolo, inseguiva il delinquente datosi alla fuga e, nel momento in cui penetrava nell’abitazione ove questi frattanto si era barricato, rimaneva mortalmente ferito da un colpo di pistola esploso da malfattore. Esempio di alto senso del dovere, spirito di sacrificio e sprezzo del pericolo. Motta S. Lucia (Catanzaro) 25 giugno 1946”.