La riflessione. «Confrontiamo le nostre guerre, mamma»
- Redazione
di Antonietta Margariti - Nel corso degli anni tante volte ho sentito mia mamma raccontare o solo accennare ai tempi della guerra senza mai soffermarmi a ponderare una frase o un racconto. Si andava di corsa, c’era sempre un impegno da sbrigare, una urgenza cui attendere, una priorità, o pseudo tale, da seguire. Il tempo era l’avversario costante contro cui si gareggiava
Nella guerra del 2020 il tempo si stende ai nostri piedi e ci si offre prodigo e beffardo. Una cosa invisibile, impercettibile e sconosciuta ci ha tolto tutto e ci ha inondato di tempo, solo di tempo da usare nell’area circoscritta delle nostre case.
Confrontiamo le nostre guerre, mamma. Raccontami della tua che era sporca, affamata e roboante.
Durante la seconda guerra mondiale mia mamma era una ragazza di vent’anni, aveva fatto la scuola elementare e i parenti o i vicini la chiamavano a scrivere per loro le lettere indirizzate ai loro congiunti richiamati nei vari fronti di guerra. Quando raramente, da quei fronti ne arrivava qualcuna, si riunivano tutti, parenti, amici, vicini, e lei leggeva per quegli occhi affamati di notizie più di quanto le loro pance non lo fossero di cibo. E ce n’era di fame! E ce n’era di miseria nera.
Ieri ha riesumato questo ricordo dentro cui mi son fatta trascinare, ammirata ed emozionata dalla sua intraprendenza:
C’era tanto bisogno, tanta fame, la gente non aveva indumenti da indossare. Micuzza aveva una caterva di figli che andavano in giro laceri e infreddoliti; lei stessa era vestita di miseri cenci consunti.
«Micuzza- le dissi- ma voi avete una sorella in America! Ce l’avete l’indirizzo?”
“No, io no. Ce l’ha mia sorella ma non vive qua, lei abita a Pietrapennata”
“Andate a prenderlo e portatemelo al più presto.”
Micuzza, attraversò a piedi viottoli di campagna, fece chilometri scalza e raggiunse Pietrapennata dove si procurò l’indirizzo della sorella emigrata in America cosicchè io le potei scrivere una lettera a nome suo.
“Cara sorella, qua c’è la guerra, alla paura delle bombe si aggiunge la fame, la lotta giornaliera per trovare un pò di cibo. Ma la terra qualcosa da riempire la pancia, non te la nega mai, quel che manca completamente sono i vestimenti”.
Dopo un mese arrivò dall’America un pacco pieno di vestiti, camicette, giacche e Micuzza, piena di gratitudine, venne a casa nostra con un vestito per me. Non lo accettai perché noi non stavamo tanto male ma fui cosi felice e fiera di quel momento di gioia donata .”
E io sono fiera di te. Al prossimo ricordo, mamma.
*L'articolo ci è stato segnalato da Bruno Salvatore Lucisano