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A Bombino, Italiano e Munzi il samurai aspromontano

  •   Gioacchino Criaco
A Bombino, Italiano e Munzi il samurai aspromontano

Un accordo di programma che realizza un sogno con, tra una cosa e un’altra, mezzo milione di euro per cominciare a ricostruire i borghi di Africo e Casalinuovo e rimettere in sesto gli antichi sentieri. L’ambiente, il cinema, la letteratura, il giornalismo, la pittura, la musica. Il lavoro. Un laboratorio d’alta quota per accogliere artisti e visitatori; per produrre idee. Un piccolo falò che incendi il bosco delle risorse aspromontane, per fare centro la periferia, per portare in mezzo al mondo un posto ai margini.

Troppa enfasi, direte? No, aspettate; rincaro la dose. Ieri sono stato nella Chinatown milanese e ho comprato un samurai d’oro, ma fatto di plastica. E stamani sono andato alla confluenza tra il Po e il Ticino, giusto per stare in un luogo consono, e in compagnia dei figli dei boschi, in spirito naturalmente, ho consegnato la statuetta a chi di più, in questi anni ha difeso l’Aspromonte. Essendo unico giurato, come Pasquino Crupi in un premio che mi assegnò anni fa, ho fatto vincere tre persone ex aequo.

Quando incontrai Peppe Bombino, sul palco di Tabularasa allestito da quelli di Strill, parlammo di fate e ninfe, di Dio e degli Dei, quasi affogammo in un fiume metafisico, e molti, o tutti, nel pubblico pensarono che fossimo impazziti. “Basta anche una sola cosa; ma che sia qualcosa che segni una svolta, e avrai fatto la grande impresa”. E, il mio presidente l’ha fatta. Ne ha fatte molte altre, ha speso di più. Ma questo accordo è particolare. Perché riguarda i luoghi considerati peggiori dai calabresi stessi. Va fra quelli che nel libro di Stajano sono gli irredimibili.

Quando Antonella Italiano si mise in testa di parlare d’Aspromonte, tutti pensarono che avrebbe fatto un po’ di chiacchiere che il vento avrebbe disperso in fretta. Io le svelai che il monte lucente è femmina, che per i figli dei boschi è la grande madre, che femmine sono le figlie sue fiumare che nutrono e puniscono la nostra terra. E che solo una donna avrebbe potuto capire la voce della montagna. E lei si è messa a strillare, ha svelato imbrogli, fatto chiudere discariche e saltare i nervi a tanti che si sentivano baroni. Ha costruito un palco per i tanti nostri poeti offesi. E dopo cinque anni fa urlare ancora il lupo. Altro che chiacchiere.

E quando Francesco Munzi, per la prima volta si bagnò i piedi dove il Santo s’immergeva in gennaio; non si scompose vedendo vuoti di cibo gli zaini. Ci penserà Leo, gli dissi, e le serpi uscirono dall’acqua col cibo in bocca. “Quello che deve accadere accadrà, non si può ammazzare un sogno”. Lui ci credette, il suo film lo fece, fregandosene delle minacce degli eroi. Ora viaggia su altri fiumi, oltre l’Atlantico, e noi gli tiferemo sempre a favore, insieme ai nostri Dei. Ma lui, di Roma, il lustro all’Aspromonte l’ha dato.

Lo so che è da prepotenti, ma il premio, il samurai d’oro, di plastica, è mio. Io l’ho inventato, io lo dirigo e faccio come voglio. Antonella, Francesco e Peppe sono i miei eroi, incarnano i veri samurai aspromontani. Vincono loro.

Una menzione speciale va a quelli che non si arrendono e scarpinano e portano altri a scarpinare in montagna e lottano per ogni pietra in rovina. E un encomio solenne a quel brigante di Cuteri che porta l’acqua ai delfini sulla costa e riaccende il fuoco ai draghi.


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