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A Zervò, il simbolo nefasto di una montagna nefasta

  •   Cosimo Sframeli
8 settembre 201, Zervò 8 settembre 201, Zervò

In Aspromonte, sui Piani dello Zillastro, spartiacque tra Jonio e Tirreno, il Crocefisso eretto sopra un cumulo di pietre, che volta le spalle a Montalto e al Santuario della Madonna di Polsi, divenne il simbolo nefasto di una montagna ingiustamente pensata nefasta.

 

Era lì che si pagavano i riscatti per liberare i tanti sequestrati dell’Anonima. Poco più su, dispersa dentro una fitta pineta, la croce in ferro a ricordo di Nicola Tallarida, falciato dalla mitragliatrice di un aereo alleato mentre liberava i buoi dal carretto perché si mettessero in salvo dall’incursione degli Alleati. Vicino la strada, altre due croci in ferro a memoria dei Parà del Nembo caduti in combattimento l’8 settembre del 1943. Nonostante la bellezza dei luoghi, lo Zillastro è ricordato come un luogo triste che incute timore, dove ancora si addensa la nebbia. Per troppo tempo morte e violenza campeggiò in quei boschi e tante furono le lacrime versate.

Erano le 19.42 dell’8 settembre 1943 quando il Generale Pietro Badoglio annunciò l’armistizio. A Cassabile, vicino di Siracusa, alle 17.00 del 3 settembre 1943, il Generale Castellano, firmava le tre copie dell’armistizio. Alla stessa ora in cui Pietro Badoglio comunicava la fine delle ostilità, in Aspromonte, sui Piani dello Zillastro, per i crinali tra Jonio e Tirreno, si spegnevano gli ultimi echi di una epica battaglia tra 400 paracadutisti del 185° Battaglione della Nembo e 5.000 soldati canadesi di due Reggimenti, il Nuova Scozia e l’Edmonton. La storia di questa battaglia, che in breve si trasformò in leggenda, prima che fosse oggetto di studio, venne fuori dalla memoria dei pastori che all’epoca vivevano tra quelle montagne.  

A Reggio Calabria e provincia, l’ultima battaglia aerea fu combattuta il 4 settembre 1943 e costò la vita a 3 giovani piloti italiani. L’ultima battaglia terrestre ebbe luogo l’8 settembre successivo, in Aspromonte sui Piani dello Zillastro. Fu una vicenda tragica, rimasta a lungo dimenticata, che costò la vita a giovani paracadutisti del Nembo, a guerra ormai conclusa, che seppero morire per l’Onore della Patria.

 

Gli Alleati pretesero che l’Armistizio non venisse reso noto immediatamente ma dopo qualche giorno, in concomitanza con lo sbarco a Salerno. Cosicché, a Reggio Calabria si fronteggiarono due eserciti formalmente nemici, quello degli Alleati e quello italiano che però non lo erano più giuridicamente.

 

Il 185° Reggimento della Divisione “Nembo”, in ritirata dalla Sicilia, esausto per la fatica delle lunghe marce e martoriato per le perdite subite a causa dell’aviazione Alleata, nonché per gli incidenti d’ogni genere, era giunto in Calabria a sostegno delle Divisioni poste a difesa per sostenere il primo urto con il nemico.  Il Nembo era costituito da tre battaglioni (III , VIII e XI). Quando i tedeschi ricevettero l’ordine di ritirata, per evitare di essere intrappolati dagli sbarchi alleati, i paracadutisti restarono soli a difendere il suolo italiano. Gli Alleati non sapevano quale resistenza avrebbero incontrato sulle spiagge calabresi per mancanza d’informazioni, perché le unità di commandos sbarcati nella zona Jonica giorni prima non fecero più ritorno al proprio comando essendo stati tutti uccisi dalle sole azioni dei Parà della Nembo.

 

Quando avvenne lo sbarco, gli anglo canadesi presero terra pacificamente. Non ci fu resistenza alcuna. I soldati avanzarono e superate le spiagge (non erano minate) si inoltrarono nell’abitato. Ad ogni incrocio lanciavano bombe a mano e sparavano prolungate raffiche di mitra, causando vittime di civili che si trovavano per caso lungo il loro passaggio o che andavano ad accogliere amichevolmente gli Alleati.

 

I Parà organizzarono la difesa sul nodo stradale di Gambarie d’Aspromonte, punto dominante, mentre i soldati si arrendevano al nemico.

 

Impossibile ogni sorta di resistenza, il III e XI Battaglione Paracadutisti si ritirarono verso nord. L’VIII, trattenuto, tra il 4 ed il 7 di settembre, da violenti scontri intorno agli abitati di  San Lorenzo e Bagaladi, si trovò in marcia di retroguardia cercando di raggiungere  Platì, dove vi era il Comando di Reggimento. La sera del 7 settembre giunse sui Piani dello Zillastro e si accampò sotto il faggeto “Mastrogianni”. Esausti per la lunga marcia, la fame e gli scontri sostenuti, si abbandonarono ad un sonno ristoratore e non si avvidero di essere stati circondati da ogni lato dall’esercito Anglo-Canadese il quale, per giorni e notti, li aveva inseguiti.

 

Il Reggimento West New Scozia si posizionò nel faggeto dell’Altopiano Mastrogianni, mentre l’Edmontons, per chiudere l’accerchiamento, si sistemò sui crinali dello Zillastro, lato Oppido Mamertina. Il Nembo non avrebbe avuto scampo, era circondato. In quattrocento contro cinquemila. La lotta fu impari e proseguì fino all’esaurimento delle munizioni. Scambio di bombe a mano, a finire col corpo a corpo con i calci dei fucili. I Parà vennero sopraffatti. Fu un massacro, una tragedia. Cinque furono i caduti italiani recuperati (l’esatto numero delle vittime non è ancora conosciuto):

 

Capitano Ludovico Picolli de Grandi (Medaglia d’Argento al Valor Militare), Sergente Maggiore Luigi Pappacoda (Medaglia di Bronzo al Valor Militare), Caporale Serafino Martellucci (Medaglia d’Argento al Valor Militare), Parà  Vittorio Albanese (Medaglia di Bronzo al Valor Militare), Parà Bruno Parri (Medaglia di Bronzo al Valor Militare), Parà Aldo Pellizzari (Medaglia d’Argento al Valor Militare).

 

I feriti furono circa una dozzina.  Vennero catturati 57 paracadutisti. Erano in quattrocento. Fu questa l’ultima battaglia combattuta tra il Regio Esercito Italiano e le truppe Alleate l’8 settembre 1943, cinque giorni dopo la firma dell’armistizio.

I morti furono seppelliti nello stesso luogo della battaglia. Negli anni seguenti le salme (quelle conosciute) furono riesumate, trasferite al cimitero di Oppido Mamertina e poi inoltrate ai luoghi di origine. Anche i Canadesi recuperarono le loro vittime. Il 185° Reggimento Nembo, quello che rimase, continuò a combattere con gli Alleati o  nei ranghi della R.S.I., secondo le scelte che ogni paracadutista, di fronte alla propria coscienza, fece in quel drammatico autunno del ’43.

Qualche tempo dopo la battaglia dello Zillastro, un impresario boschivo, Salvatore Accardo, chiese al parroco di Platì di benedire quei luoghi prima di procedere al taglio degli alberi, per i resti umani lì trovati. Nel 1951 il sindaco di Oppido Mamertina, Ragioniere Giuseppe Muscari, fece apporre una croce in ricordo dei luoghi ove avvenne l’ignorato conflitto. Successivamente, nel 1971, un altro sindaco di Oppido, l’Avvocato Giuseppe Mittica, fece innalzare un grande Crocefisso a ricordo della tragedia di quell’otto settembre. Nel 1988, il Generale  Franco Monticone, Comandante della Folgore, impegnato con i suoi Paracadutisti in esercitazioni sulle montagne dell’Aspromonte, venne informato dello sconosciuto o dimenticato conflitto dal Professore e giornalista Antonio Delfino. Dopo più di mezzo secolo, sulla battaglia dello Zillastro resta il mistero. Allo Stato Maggiore dell’Esercito dicono che sia ancora “oggetto di studio”. Il numero dei morti non si conoscerà mai. Neanche tra i canadesi.

 

Quel fatto d’arme non fu un inutile spargimento di sangue nel quale giovani vite trovarono una morte senza scopo. Il cruento scontro che si compiva in Aspromonte, tra i faggi dei Piani dello Zillastro, in una alba di 70 anni fa, nonostante la guerra perduta e l’armistizio già  firmato ed a poche ore dalla sua proclamazione, non fu vano. Quando tutto crollava, quando a centinaia e migliaia i soldati tornavano a casa senza più combattere, senza contrastare il nemico, che molti sentivano non essere più tale, quando ognuno pensava soltanto a se stesso, quando le popolazioni del Paese erano invase dallo straniero, sebbene rasserenate dalla fine dell’incubo dei bombardamenti e che salutava con gioia e battimani, quando la patria sembrava non esserci più e la confusione degli animi era al colmo, quando gli ordini erano contraddittori e carenti, quando la fame, gli stenti e le continue offese belliche avevano piegato il fisico, quando i nostri erano affranti per i compagni scomparsi e la sconfitta patita, quando tutto crollava, ciò che restava di un Battaglione composto da giovani di 20 anni – sulle montagne dell’Aspromonte – aveva ancora la forza, nello spirito più ancora che nel fisico, in un soprassalto di orgoglio, di  imbracciare le armi per rivolgerle contro il nemico di allora al solo scopo di difendere la bandiera, il nome e l’onore d’Italia. No, non è stato vano quel sacrificio se a distanza di tanti anni noi lo ricordiamo con amore e con orgoglio perché la coscienza di un popolo si forma  nel tempo attraverso il ricordo del suo passato negli aspetti più nobili in cui è possibile cogliere lo spirito e gli ideali che hanno animato i migliori dai quali occorre prendere esempio.

 

Nel commemorare quell’otto di settembre, i Paracadutisti  della Sezione A.N.P.d’I. di Reggio Calabria, con le Sezioni del X Gruppo regionale (Calabria e Sicilia), tutti gli anni organizza una marcia “rievocativa” che ripercorre simbolicamente l’impervio cammino compiuto dall’Ottavo Battaglione Paracadutisti Nembo. Quest’anno, 8 settembre 2013, nel 70° anniversario, in quei nei luoghi ormai sacri, i Paracadutisti di tutta Italia si sono dati appuntamento, sui Piani dello Zillastro, per commemorare l’ultima battaglia combattuta in Aspromonte dai Parà del Regio Esercito contro i soldati Anglo-Canadesi e rendere così gli Onori a tutti i Caduti.

 

Nel 1995, il Sindaco di Oppido Mamertina, dott. Bruno Barillà e il Generale Franco Monticone, presente il Capitano Paracadutista Prof. Paolo Lucifora (uno dei quattrocento), fecero erigere un monumento di pietra che in maniera concisa ammonisce:

 

QUI SULLO ZILLASTRO, EPIGONE DI UNA GUERRA DISASTROSA, L’8 SETTEMBRE 1943, SUSCITANDO L’AMMIRAZIONE ED IL RISPETTO DELLE PREPONDERANTI FORZE ANGLO – CANADESI, I QUATTROCENTO PARACADUTISTI DELL’ VIII BTG DEL 185° RGT DELLA DIV. ‘NEMBO’, COMBATTENDO PER L’ONORE DELLA PATRIA, SI COPRIRONO DI GLORIA

 

Riferimenti:

 

(1) Agazio Trombetta ”La Nembo in Apromonte per l’ultima battaglia”-Grafiche Enotria – Reggio Calabria 2005;
(2) Giuseppe Marcianò “Operazione Baytown” – Città del sole edizioni – Reggio Calabria 2003;

 

(3) Eric Morris – “La guerra inutile” TEA 1995;
(4) Report n.144 Historical Section Canadian Military headquartiers Canadian Operations, sepetber1943 in Agazio Trombetta – “La Nembo in Aspromonte per l’ultima battaglia op. cit.”;

 

(5) Farley Mowat “Il reggimento” – Longanesi – Milano 1973;
(6) Bernard Mongomery, “Memorie” – Mondadori – Milano 1959. 
(7) Antonio Delfino “Amo l’Aspromonte” Editoriale progetto 2000 – Cosenza 1995.

 

(8) Belisario Naldini “Morire per qualcosa”  – ANPdI – Firenze 1965


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