Afor: Polli, volpi e iene
- Gioacchino Criaco
I polli come sempre sono quelli che finiranno spennati, la parte più fragile di quel grande meccanismo che si chiama Forestale. Un grande sogno, la speranza di un lavoro duraturo in casa propria, un ente che è arrivato a occupare fino a trentaseimila persone, che adesso ne impiega solo seimila e che finirà per estinguersi sotto la spinta della crisi e degli scandali, che si spegnerà soprattutto per la mancanza di un progetto che la rendesse produttiva. Gli elementi per farlo c’erano tutti, dallo sfruttamento del legno, dell’acqua, dell’agricoltura biologica, del turismo. Dal risparmio monetario della riduzione del degrado ambientale. Gli operai hanno per anni svolto il loro compito solo con riguardo alla salvaguardia del patrimonio montano, le attività produttive sono state dismesse, gli investimenti ridotti al lumicino. E agli addetti non è stato più dato alcun indirizzo, gli operai abbandonati a se stessi, a inventarsi cosa fare più che a saperlo. E gli operai hanno sbagliato, dovevano opporsi alla lenta agonia dell’ente, lottare per programmi produttivi e non lasciarsi ridurre a fantasmi vaganti nei boschi. Gli operai si sono lasciati ridurre quasi all’inutilità, questa è una colpa che hanno. Sicuramente fra loro ci sono i furbi, quella parte va cacciata fuori a pedate. Ma ci sono anche i volenterosi, quelli che fanno quel che possono nelle condizioni date, che vorrebbero fare di più. Questi non si possono buttar via, né si possono assimilare ai nullafacenti. Vanno tutelati perché sono la parte debole del sistema, e va difesa la Forestale in quanto tale, non come ente di beneficienza ma quale presidio indispensabile del territorio calabrese. Un patrimonio di professionalità comunque prezioso che non va dissipato in virtù di vergogne che ci sono e vanno sanate. E dare numeri e percentuali su lavativi e buoni non è utile, è un esercizio vano e fuorviante se si pensi, anche, a quale lavoro ci si deve dedicare se sui cantieri non arrivano strumenti, materiale, idee e direttive. Per anni la Forestale ha fagocitato le artigianalità locali, trasformando pastori, falegnami, carbonai, agricoltori in operai. E per anni gli operai hanno costruito strade, imbrigliato fiumare, spento incendi e piantato boschi. C’è stato un tempo in cui erano buoni operai, e non può essere che abbiano cambiato pelle visto che sono sempre gli stessi e assunzioni nuove non se ne fanno più dal 1983. Forse, quello che non va bene sta sopra la testa degli operai, e un po’ anche in mezzo a loro. Pensare di risolvere il problema mandando tutto per aria, forse farà gioire un po’ di gente, ma metterà migliaia di famiglie allo sbando e ammazzerà un’economia locale che dipende totalmente dagli stipendi forestali. E fra i responsabili più che ai polli bisogna guardare alle volpi a chi ha gestito la parte economica dedotti gli stipendi, quella relativa alla progettazione e alle forniture. Le galline saranno sciocche ma il loro compito è fare uova non produrre idee, quelle spettano a chi dirige. E le Iene come al solito hanno fatto bene il loro lavoro, indicando un male che c’è. Gli operai è ora che sappiano difendersi e mostrare la parte buona, e la smettano di far dipendere il loro futuro e quello dell’ambiente da chi ha dimostrato di non saperci fare. Ognuno si assuma le proprie responsabilità, ma non ci si privi di un bene comune che la Forestale è stato e deve ritornare a essere.