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Alluvioni e cattiva informazione

  •   Antonio Strangio
Alluvioni e cattiva informazione

Porta pena scrivere di alluvioni. Raccontare paesi che scivolano a valle come saponette e di case che camminano sulle acque. Di strade divelte, fiumare impazzite e distese di campi sommerse dalle acque, inghiottite da un mostro mai sazio d’inghiottire. E non capisco a cosa può servire scriverne. Raccontare questa nuova alluvione che domani sarà vecchia e decrepita perché purtroppo sarà sostituita da una nuova. Raccontare paesi in ginocchio come Madonne addolorate che però non hanno più lacrime da versare. A differenza della pioggia irriverente e assassina che ha invece versato tutta la sua rabbia e trasformato le case di cemento e fatiche in case di fango e sventure, facendo riaffiorare alla mente i paesi d’acqua di alvariana memoria.

Ripeto, a che serve parlarne se sappiamo tutti che si tratta di un film visto e rivisto, una pellicola “nera” che abbiamo mandato a memoria, perché conosciamo ogni angolo, ogni anfratto delle terre devastate e sepolte. A che cosa può servire scriverne, inzuppando la penna nell’inchiostro che sa di fango, se poi, chi detiene le leve dell’informazione, quella con la I maiuscola, ha ignorato tutto quello che è successo in questi ultimi giorni in Calabria, raccontando soltanto e per pochi stupidi secondi, l’acqua e il dramma che ha inginocchiato la bella e cara terra di Sicilia. Possibile, mi domando, che ai nostri Tg nazionali che pure campano grazie anche ai nostri contributi, nessuno ha trovato il tempo per spiegare che ci sono regioni a Sud di Napoli che stanno annegando? Dico tutte queste cose nel cuore della notte, dopo aver dettato a un amica che malgrado l’ora sta girando per paesi e contrade, che a San Luca, il mio paese, la strada non esiste più all’altezza della “Fontana della Rocca” e Polsi è di nuovo isolato. E spiego ancora, alzando la voce perché la forza della pioggia sbatte sui vetri e fa paura, che alcune famiglie di sanluchesi che da anni si sono trasferiti a Bovalino, ma abitualmente vivono a San Luca, stasera (ieri per chi legge) sono stati costretti a chiedere ospitalità, bussare alla porta di amici e parenti, chiedere un riparo almeno per i figli, perché pensare di raggiungere la marina è pura follia.

San Luca, così come anche Platì, Natile, Careri, Benestare, Casignana, Caraffa, Samo, Sant’Agata e tutti i paesi della marina, sono stati trasformati in pozzanghere di acqua e di fango, diverse sono le famiglie che sono state costrette a lasciare le proprie case, e ovunque  l’acqua è entrata forte e veloce e non ne vuole sapere di uscire. I danni sono incalcolabili e la paura fa quaranta, perché non c’è angolo della nostra di per sé già martoriata terra di Calabria, schifosamente violentata. E ogni metro di terra che fino a ieri ospitava fiori e ciclamini, erba cipollina e oleandri, ora è una montagna di fango, un cimitero di detriti, un rigagnolo di lacrime e di paura, nel quale sguazzano indisturbati tutti i ladri di mestiere che aspettano questi eventi calamitosi per lucrare interessi, complice una classe politica che ai fatti ha preferito le parole e le mazzette. E noi tutti, popolo senza più anima, sappiamo bene che le parole non aiutano a vivere e tanto meno restituiscono decoro e dignità alle nostre case, così come sappiamo che le mazzette ingrosseranno il conto in banca di pochi e pseudo rappresentanti politici, che chiamare figli illegittimi, significa qualificarli. Tenerli lontani da tutti quelli che invece si spendono e soffrono  per la propria terra.

Dovunque l’acqua ha partorito tragedie, e nemmeno i bambini sono felici malgrado a loro  le alluvioni portano e regalano vacanze insperate, perché hanno capito che il prezzo da pagare per un giorno di vacanza in più è davvero costato molto. E se anche i bambini hanno compreso tutti i drammi causati dalle alluvioni, allora significa davvero che siamo scivolati a mare e le montagne si sono frantumate e indebolite sotto il peso di milioni di metri cubi di acqua, come non succedeva da poco meno di un…anno. Si, avete  letto bene. Poco meno di un anno. Perché l’ultima alluvione che ci aveva messo in ginocchio, distruggendo  scuole e uffici, case e famiglie, porta la data del mese di novembre 2015. A distanza di così poco tempo, siamo costretti a lottare con una nuova scossa acquatica.

I danni e tutto il resto li valuteremo meglio quando tornerà di nuovo fratello sole, perché è chiaro che con l’acqua sotto forma di tempesta che diventa alluvione e tracima via tutto, non vorremmo avere a che fare, men che meno avere rapporti di parentela. Ma, purtroppo, a decidere come a scegliere non siamo noi, giacché siamo in balia di eventi che non sono prevedibili e che diventano ancora più imprevedibili perché tutti i soggetti che dovrebbero prevenire o in alternativa curare questi peccati, di noi se ne sono sempre fregati e noi abbiamo preferito lasciar fare.

E a noi che preghiamo Gesù, Giuseppe e Maria dopo averci fatto il segno della croce, rimane soltanto poca cosa. A parte il destino di subire e la voglia di scontrarci con l’indifferenza cronica e assassina di una classe politica che non ha mai saputo pianificare un programma serio, capace di contenere e domare la furia delle acque.

Impegnati ancora a leccarci le ferite di un alluvione che è distante soltanto un anno, siamo costretti a mettere in atto sforzi disumani per contenere la furia della nuova ondata. E tutto questo mentre un  non telegenico intrattenitore televisivo di nome Carlo Conti, prima di annunciare il vincitore del talk show “Tale e quale”, si ferma un attimo e rimanda il nome del vincitore della “Kermesse”, perché deve fare un appello. Esprimere solidarietà e vicinanza alla Liguria e al Piemonte, colpite da una tremenda alluvione. E’ tutto vero: sia l’appello che l’alluvione che sta sconquassando le due grandi regioni. Come è anche vero che la stessa sorte è toccata alla Calabria e la Sicilia, ma questo Carlo Conti non lo sa. E forse non lo sa nemmeno chi gli suggerisce o gli scrive le battute.


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