Appello ai candidati di Platí. E ora "rovesciare il tavolo"
- Gianpaolo Catanzariti
Voglio rischiare di essere frainteso proprio dai cittadini di Platì, il paese di mio padre. Ma per amore verso quella comunità, pur essendomi trattenuto sino ad ora dal parlare, oggi, ad un anno esatto dalla direzione regionale voluta dal PD calabrese al motto (beffardo) di“Platì Libera”, dicevo, “per amore del mio popolo”, parafrasando don Giuseppe Diana, parroco assassinato, non tacerò. Anche a rischio di attirarmi le ire dei candidati alle prossime elezioni comunali.
Ad essi, come ho detto in televisione, va il mio rispetto e la mia stima, ma ad essi mi rivolgo per una riflessione a voce alta.
Abbiamo ascoltato tutti le dichiarazioni della Bindi e di Fava, della Commissione Parlamentare antimafia tutta, nessuna voce esclusa (nonostante le dichiarazioni sdegnose della Santelli che però farebbe bene a redarguire i suoi colleghi di partito che l’hanno approvata).
Ritengo, pur senza aver letto il documento elaborato ed approvato all’unanimità da tutti i gruppi politici, che abbiano già creato le pre-condizioni per lo scioglimento della futura amministrazione platiese e le ragioni non sono certo sincere quanto costrette dalla intenzione di dare copertura e giustificazione ad un fallimento politico nazionale, per primo quello del PD.
É un gioco al massacro. Un vero banchetto sulla carne e la pelle dei platiesi. L’ennesima spedizione di uno Stato “latitante”.
Capisco le buone intenzioni, il coraggio e la determinazione dei due candidati a sindaco e dei candidati alla carica di consigliere. Capisco il vero e genuino interesse di dare un futuro a quella comunità, di spendersi con tutte le loro risorse ed energie. Una condotta meritevole di considerazione.
Ma dinanzi alla protervia, l’ignavia e la violenza delle istituzioni non credo sia opportuno per il futuro di Platì farsi abbattere come fuscelli.
Mi permetto di suggerire una risoluta determinazione: rovesciare il tavolo.
Lo si può ancora fare.
É il momento, dopo l’ennesimo intervento a gamba tesa nazionale, di indire una conferenza stampa, ufficializzare il ritiro delle candidature dalla competizione, organizzare una grande manifestazione popolare, denunciare il vero caso nazionale di uno Stato distante e latitante. Di uno Stato che ha gettato la spugna per Platì e non solo, per San Luca, per Africo, per la Locride, per la Calabria ed il Mezzogiorno.
Fare scoppiare il caso Platì, il caso Locride, il caso Calabria ancora si può. Se per assurdo dovesse arrivare l’ennesimo scioglimento, oggi preannunziato e fondato sul nulla, la frittata è fatta, ma il grido di lamento dei platiesi non varcherà i confini di Natile Nuovo in un’Italia tutta intenta ad interessarsi sul sì o sul no referendario.
Parafrasando Pablo Neruda, “lentamente muore chi non capovolge il tavolo” ed oggi il tavolo lo possono capovolgere solo i platiesi gettando per aria le carte ed il tavolo denunciando il gioco di uno Stato cinico e baro. Se lo faranno, il contagio potrà allagarsi oltre confine.
Sarebbe il “Ciancio” ideale che tutti vorremmo veder straripare.