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Dai “pizzini” alla tv pubblica. Evoluzione della comunicazione mafiosa

  •   Mimmo Musolino
Dai “pizzini” alla tv pubblica. Evoluzione della comunicazione mafiosa

Ne è passato del tempo da quando le tribù indiane comunicavano fra loro con i segnali di fumo, agitando una simil pezzara su un fuoco acceso con legna ancora penetrati da linfa per aumentare l’emissione del fumo.

Poi all’improvviso dalla cronaca nera che raccontava le imprese criminali di “Cosa nostra” abbiamo appreso una nuova forma di comunicazione tramite i cosiddetti “pizzini”, e cioè dei minuscoli bigliettini arrotolati che servivano ai mafiosi, o presunti tali, per scambiarsi delle informazioni segrete e riservate.

Per la verità questa forma di comunicazione non è proprio nuova, difatti mi ricorda quando nei banchi di scuola, quindi già più di mezzo secolo scorso, ci scambiavamo, per aggirare le ire ed i controlli di maestri e professori, delle frasi amorose con le compagne e facevamo arrivare i compiti ai compagni-amici più“scecchi” tramite questi minuscoli e sgualciti bigliettini arrotolati o pieghettati.

Ma tutto in questo mondo sembra fatto per essere sorpassato “a pensar come tutto al mondo passa, e quasi orma non lascia”scriveva Giacomo Leopardi e sono trascorsi quasi 200 anni.

E l’altra sera sulla Rai-televisione di Stato (pubblica) in un programma di ascolti, quasi sempre al top, ho dovuto (pago il canone e pretendo di vedere la televisione, è un mio sacrosanto diritto) assistere a quella che certamente ha rappresentato il fatto più eclatante e vergognoso di comunicazione dai microfoni e dalle immagini della televisione di Stato (pubblica) da parte di qualche esponente, o presunto tale , di “Cosa nostra”.

Che c’è di strano o di scandaloso?

Un’infinità di incredibili e straordinarie considerazioni!

Ad esempio con i “pizzini” la comunicazione era segreta e molto riservata, e una volta che venivano letti dai destinatari venivano bruciati per non lasciare segni e prove testimoniali, oggi tale comunicazione avviene alla presenza di milioni di persone e lascia segni indelebili e che fanno il giro del mondo attraverso la stessa televisione, la stampa cartacea ed online, i social ecc.

Potrebbe essere considerato anche un segno tangibile dell’invincibilità e della potenza di “Cosa nostra” che si serve delle complicità, forse inconsce, di canali di informazione pubblica per lanciare i propri messaggi, non più segreti, ma alla luce del sole (o meglio dei riflettori) come se fosse legittima e normale comunicazione.

Quanto sostenuto non sono semplici supposizioni ma le conseguenti considerazioni di tutto il grandissimo dibattito che ne è scaturito e che ha visto protagonisti i maggiori esperti e studiosi di linguaggio e gestualità della mafia, anche perché sono stati chiamati in causa, oltre che la televisione pubblica, i maggiori esponenti istituzionali della nostra nazione e la polemica non è certamente destinata a placarsi (e d’altronde come lo potrebbe essere, per un fatto di una gravità eccezionale ed inaudita). Certamente la gravissima “questione” finirà nelle aule dei tribunali (speriamo non in quello della Capitale per una questione di conflitto) considerando che il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha inteso proporre denuncia-querela contro la Rai-televisione di Stato (pubblica).

Un fatto comunque è sicuro, se questa vicenda finirà nel dimenticatoio, come lo è stato, purtroppo, per alcune terribili stragi che hanno insanguinato l’Italia, la nuova comunicazione e gestualità mafiosa (e ancora sottolineo, come è stato dichiarato da esperti e studiosi in materia) avrà giocato benissimo, e con estremo profitto, il suo jolly in quanto avrà trovato legittimazione istituzionale, intendendo la Rai-televisione di Stato come componente istituzionale dell’informazione pubblica.


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