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  •   Bruno Salvatore Lucisano
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Leggo oggi, da un articolo pubblicato sul web (si scrive così?), delle preoccupazioni dell’On. Maria Grazia Laganà, per gli ultimi atti intimidatori che si stanno susseguendo, senza soluzione di continuità (questo l’ho aggiunto io), nei paesi e nelle città della nostra Terra.

Afferma, tra l’altro l’On.: “I duri colpi inflitti dalla magistratura e dalle forze dell’ordine ai clan hanno causato la reazione delle cosche, che sono in difficoltà e che cercano di ripristinare il controllo del territorio. Per farlo, il loro unico strumento è la forza di intimidazione. Ma se questo è lo scenario, allora è ancora più urgente intervenire per impedire che la Calabria scivoli lentamente verso una sorta di guerriglia alimentata da una rappresaglia contro lo Stato”. Ed ancora ritiene: “É fondamentale cementare un nuovo patto sociale, nel quale le istituzioni democratiche, la Chiesa, l’imprenditoria pulita, il mondo della scuola e dell’associazionismo rinnovino l’impegno a lottare contro i clan. Come ripeteva mio marito Franco, nessuno può chiamarsi fuori da questa battaglia. Nessuno. Dobbiamo attivare una grande iniziativa sociale, di diffusione della cultura della legalità, partendo dalla scuola, dalle parrocchie e dalle altre formazioni sociali che contribuiscono a formare i giovani”.

Vede, On. Laganà, sarebbe fin troppo facile per me chiederLe, cosa ha fatto la politica negli ultimi sessant’anni, perché non si arrivasse al punto in cui siamo, ma non lo faccio. E, cercherò, scrivendo, di non offenderla, perché è troppo il rispetto che ho per il povero Franco, suo marito, mio amico e mio compagno di sezione DC, quasi mezzo secolo fa. Cercherò invece di spiegarle che i rimedi che propone, le paure che palesa, sono rimedi e paure che ascolto da mezzo secolo e, da mezzo secolo, vedo e ascolto sempre le solite persone e le solite famiglie che hanno fatto e fanno il buono e cattivo tempo in questa martoriata Terra. E lei, come fanno tutti, indica come uno dei tanti rimedi, di andare nelle scuole, nelle parrocchie e nelle associazioni a spiegare la legalità, come se in questi luoghi si spiegasse come si confezionano le molotov o le bombe a mano. Continua a citare il mondo dell’associazionismo, come se non sapesse delle vicende terrificanti delle associazioni antimafia di questi giorni. La legalità, cara signora, non si insegna nelle scuole, si insegna con il comportamento, la condotta, di chi, in primo luogo, dovrebbe dare il buon esempio. Si insegna nelle case, dove si nasce e si vive. E se l’esempio della politica è quello degli ultimi vent’anni in questa regione, compreso il pagamento da parte nostra del servizio della pipì di un nostro consigliere regionale, credo che il problema vada affrontato in maniera diversa.

Le faccio un piccolo elenco delle cose che servirebbero per avere un mondo e una Calabria migliore.

Prima bisogna trovare una via di mezzo tra chi guadagna 20 mila euro al mese e chi non ha da mangiare;

Poi bisogna che sia il popolo a nominare e ad eleggere assessori regionali e comunali, e non i circoli coperti e scoperti.

Poi bisogna fare in modo che quando i ragazzi tornano dalla scuola, abbiano un piatto caldo e una mamma che li attenda, e non fa nulla se il padre è in carcere, basta che almeno uno in famiglia abbia un lavoro.

Poi bisogna che, a una ragazza come mia figlia, dopo sette anni di università a Roma e dopo una laurea con 110 in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali al completamento di otto mesi di borsa lavoro, non le si dica che può avere un lavoro di 20 ore settimanali per uno stipendio mensile di 480 euro, da parte di un mangia a sbafo, che tutt’oggi continua a fare milioni, sfruttando i ragazzi e usando i politicanti che, di volta in volta, si susseguono alla Regione Calabria! E, inoltre, non le si dica che adesso che ha trentatré anni, è difficile che trovi lavoro! Perché vede in questo caso specifico non succede nulla di grave, perché io non riesco a far del male ad una mosca. Ma se capita a qualcuno che non ha da mangiare, che si è venduto una casa per far studiare la figlia ed ha, un carattere poco, poco, diverso dal mio, può darsi che qualche auto la brucia, può darsi che qualche miccia l’accenda. Oppure, in ultima analisi, deve umiliarsi a leccare i piedi ad un politico come Lei o altri.

Ed allora, non gridate al lupo, al lupo, solo quando è vicino al vostro gregge! Il lupo, in questa terra, non è mai in via d’estinzione, come sostengono gli animalisti della Sila, anzi, il lupo da noi è eterno e, il più delle volte, ha due sole zampe!

Adesso è tardi, troppo tardi. Dovranno passare secoli, prima che un cittadino, veda in un politico di questa terra, una speranza per sé, per la sua famiglia, per il popolo. Troppi guasti, troppe ingiustizie, troppi cattivi esempi, troppe ruberie, troppe preferenze, troppi…processi! Chiudo con una domanda, Lei ad un certo punto dice che bisogna “cementare un nuovo patto sociale”. Io non so qual era il vecchio patto, ma speriamo che per il nuovo che auspica, il cemento, stavolta, sia migliore. Buon proseguimento e, se per caso, ha notato qualcosa di acido in questo pensierino, sappi che a me, le Maalox, non fanno più effetto.


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