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L'analisi. Origine della violenza sulle donne

  •   Fortunato Nocera
L'analisi. Origine della violenza sulle donne

Sin dalla sua apparizione sul globo, prima in Africa come uno dei tanti primati, poi come homo erectus e successivamente come homo sapiens, l’essere diventato homo sapiens sapiens tenne la sua compagna dell’altro genere come sua sussidiaria, buona per i servizi e per la riproduzione e, poiché fisicamente più debole - a causa della diversa quantità e distribuzione nel corpo di testosterone- anche meno forte e aggressiva, quindi inadatta per la lotta e per la fatica.

L’uomo, per sopravvivere e procurarsi il cibo, ha dovuto lottare contro altri esseri umani e con il resto degli esseri viventi; la donna meno adatta alla lotta, ha cercato la protezione del compagno divenendo così sua dipendenza e sua schiava. É così che inizia la storia della violenza dell’uomo sulla donna.

Progredendo nello sviluppo, gli esseri umani hanno scoperto nella loro natura la spiritualità, e quindi il bisogno di una religione. Ogni iniziatore di riti religiosi fu di genere maschile, si accaparrò il ruolo di comando inventando la figura di sacerdote o di sciamano, riservando all’altro genere solo quello di esecutrice di “comandi” stabiliti dalle figure maschili.

Così le religioni monoteiste, che ebbero come riferimento iniziale la Bibbia e Abramo, continuarono e perpetuarono questa discriminazione basata sul potere fisico esercitato, non di rado con la violenza, codificarono la preminenza nelle Scritture. Addirittura, non so se ingenuamente, nella Genesi, sembrerebbe che il Creatore si fosse dimenticato di creare una compagna per l’uomo, il suo “capolavoro”. Ricordatosi successivamente ha detto: …non è bene che l’uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che sia simile a lui…”  Simile ma non uguale.

Questo determinò il pregiudizio verso la donna nelle tre religioni monoteiste: Ebraica, Musulmana e Cristiana. Per il Cristianesimo ci pensò San Paolo, l’apostolo della sottomissione, che decretò per gli schiavi e per le donne la completa sottomissione. “Le donne debbono essere prudenti, caste, dedite alla famiglia, buone. Sottomesse ai mariti, perché la parola di Dio non debba diventare oggetto di biasimo…  e ancora …Le donne nelle assemblee tacciano, perché non è loro concesso di parlare…

Il Buddhismo originario considerava la donna come essere di assoluta inferiorità e lo stesso Buddha considerava la donna come essere in evoluzione: evoluzione verso la perfezione, che sarebbe il genere maschile.

Anche Confucio aveva una pessima stima delle donne, al limite della misoginia. Nei suoi tempi alle donne era solo concesso di occuparsi dei figli e della casa. Questo principio si riflesse su tutta la civiltà cinese, fino al punto di considerare la donna un essere inutile e da sopprimere. La pratica di eliminare le bambine alla nascita di quei tempi, persisterebbe ancora oggi sia in Cina che in India, dove nascere femmina può significare la condanna a morte. In quei luoghi la violenza sulle donne e il femminicidio vengono esercitati all’inizio della vita. Talvolta e la stessa madre che sentendo dalla levatrice dire “è femmina” decide la soppressione.

Sono state le invasioni straniere in India a modificare la condizione della donna nella religione Induista, riducendo la stessa a schiava dell’uomo; perché nell’induismo originario ella aveva pari dignità sia nella religione che nella vita pratica. 

Nelle cosiddette civiltà pagane, quelle delle dee e degli dei, la situazione era ancora peggiore. La inferiorità femminile era codificata nelle leggi. Sia i Greci che i Romani considerarono la donna un essere inferiore, senza diritti. Le leggi prevedevano diverso trattamento per l’uomo e per la donna.

Il Cristianesimo europeo e mondiale prese alla lettera le parole di Paolo di Tarso e non concesse alla donna,  sia nel secoli dei Lumi , ma neppure nel secolo che stiamo attraversando il diritto di esercitare la religione come gli uomini, anche da sacerdote: la donna sia sottomessa.

Nei secoli successivi molti pregiudizi furono debellati, ma non quello dell’inferiorità della donna, la quale anche nella civilissima e cristianissima Italia ebbe la parità di genere per l’esercizio del diritto di voto, solo settanta ani fa, nel 1946. Ma, nelle culture ancestrali delle periferie della nazione, il messaggio non è passato interamente; e così abbiamo ancora uomini di tutti i ceti, purtroppo, che non vogliono rinunciare a ciò che credono un loro diritto: essere i padroni della propria consorte, disporre di lei come vogliono, ed, in caso di ribellione, sopprimerla come fosse un mollusco, a volte con torture e violenze feroci.

Certamente nella storia ci sono stati momenti ed uomini che hanno teorizzato e predicato la libertà della donna ed il suo diritto a non essere trattata come essere umano secondario. Ma si tratta sempre di uomini eccezionali come Pitagora di Samo, che istituì le syllogos (adunanze) per le donne e costituì per loro l’organizzazione del sapere femminile; Francesco d’Assisi che, sebbene sia vissuto in un tempo di oscurantismo e discriminazione di genere, non credeva affatto che, per sua natura, un uomo fosse superiore ad una donna.  Mahatma Gandhi, che anche se fortemente legato alle sue tradizioni religiose, non certo favorevoli al genere femminile, ha detto: Se fossi donna mi ribellerei contro qualsiasi pretesa da parte dell’uomo. Di tutti i mali di cui l’uomo si è reso responsabile, nessuno è così degradante, disgustoso e brutale come l’abuso da parte sua della metà migliore dell’umanità.     


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