L’analisi. Ritorneremo alla montagna
- Carmine Verduci
Ritorneranno i tempi in cui l’avanzata dei terroristi estremisti islamici giungerà alle nostre terre, proprio come accadde quando l’impero turco e musulmano saccheggiarono la Calabria. Fu allora che gli abitanti furono costretti a rifugiarsi in luoghi impervi, nascosti nell’Aspromonte, che diedero ospitalità anche ai religiosi bizantini che, dopo i martiri subiti in Oriente, trovarono la salvezza sui monti inaccessibili. Riecheggiano ancora le gesta di questi uomini di fede, di santità, di pazienza e di tanto coraggio, arrivati come i profughi di oggi, che, come allora, cercano una qualche salvezza dai regimi totalitari delle loro terre. La Calabria e il meridione d’Italia furono crocevia dei pirati arabi, si hanno notizie già dal periodo del VIII-IX d. C. Il territorio grecanico calabrese conserva ancora i frammenti dei baluardi delle prime civiltà, che furono gli artefici della nascita dei nostri paesi, della nostra cultura, delle nostre usanze, dei nostri usi, dei costumi e delle credenze popolari. Oggi, dopo i fatti di Parigi, abbiamo la sensazione di essere in imminente pericolo a causa di una società malata, che avanza inarrestabile: il nuovo movimento chiamato Isis, che stermina anche i suoi stessi fratelli (islamici e musulmani moderati), perché si rifiutano di aderire all’insulsa battaglia contro il mondo occidentale. Tra le righe del Corano è facile intravedere un atteggiamento che si propone di conquistare il mondo, e sterminare così il cattolicesimo e le altre religioni, proprio in nome di Allah o Maometto. Questo risentimento è forse dovuto alle cronache che ci riportano al tempo delle famose “Crociate”, quando dei miliziani andarono alla conquista dell’Oriente per convertire il popolo in nome di Dio, quel Dio che fu usato per giustificare i fiumi di sangue portati da queste guerre. Siamo giunti, adesso, al ribaltamento della medaglia, ma il mondo e la società sono cambiati, e anche il modus operandi si è evoluto. La lotta al terrorismo è entrata con prepotenza nella nostra quotidianità già dall’11 settembre del 2001, quando l’America scoprì la nuova cospirazione ed organizzazione criminale chiamata “Al qaeda”. Di tutto si è scritto, e si continua a scrivere, sull’attacco delle torri gemelle; torri gemelle e migliaia di morti che hanno sconvolto il mondo intero. Da allora, nulla è stato più come prima, l’escalation di terrore si è esteso con violenza in tutto il mondo occidentale, mettendo l’Europa tra gli obiettivi primari. Questi individui hanno come prerogativa la distruzione del cristianesimo, con quali prospettive non è ancora certo, sta di fatto che ormai siamo entrati in una vera guerra. L’unica cosa che mi viene da pensare è che torneremo un giorno alle nostre montagne, riedificheremo gli antichi monasteri diroccati, le antiche abbazie, e fonderemo nuove città, fortificate e al riparo dalle scorrerie barbare, proprio come al tempo dei Saraceni. Ci scrolleremo di dosso tutto il materialismo che ci ha resi ciechi difronte al vivere. E ritorneremo alla terra, ci ricongiungeremo con la montagna, proprio da dove siamo partiti. Ho camminato a lungo, cercando le suggestioni del passato, le ho respirate, toccate, assaggiate e immortalate, cercando un senso a tanta ricercata solitudine e alla voglia di abbandonare tutto e ripartire da zero. Sebbene i miei trent’anni siano troppo pochi per queste asserzioni, provo comunque ad immaginarmi vecchio di molti secoli, adagiato sulla mia scrivania, con un pennino a inchiostro a scrivere di sensazioni e nostalgie, tra il silenzio e la luce fiocha di una lampada ad olio. Ma chi può sapere com’è fatta la notte, se non chi ha vissuto con le lanterne accese dentro le grotte, dentro le mura fredde delle abitazioni di pietra e calce? Nessuno, nemmeno io, che provo a simularne soltanto la sensazione.