L'editoriale su "Cose Nostre", Rai1. Calabria infame, Calabria vile
- Gioacchino Criaco
Un po’ mi è spiaciuto vedere sullo sfondo l’Aspromonte a far da cornice a storie così dure, erano addirittura i miei luoghi quelli che scorrevano alle spalle di uomini in lotta: l’Ammendolea, Casalnuovo d’Africo. Sicuramente qualcuno assocerà la montagna al male, ed è ovvio che non sia così, sono gli uomini cattivi a rendere cattivi i luoghi e non viceversa. Sicuramente tanto lavoro fatto per dividere il buono dell’Aspromonte dal male di alcuni ne soffrirà. Ma non è questo il dispiacere più grande, il dolore più forte è proprio quello della nostra grande madre, e le sento umide e calde le sue lacrime mentre parole e storie orribili riempiono le sue orecchie. Ha ascoltato la pena dei suoi figli, cagionata non dagli alieni, ma da altri che dovrebbero essere figli suoi. E non amo la retorica dell’antimafia, i colpi a vuoto di istituzioni che appartengono a uno Stato che per troppo tempo è stato latitante o ha, addirittura, militato nelle file avverse e non bastano l’onestà e l’impegno di poche e degne persone per avvicinarlo tutto d’un colpo ai calabresi. Ma quelli che si succedevano a sedersi sullo sgabello che dava sulle rovine del castello dell’Ammendolea sono la nostra gente. Ed è vero che spesso ci siamo trovati di fronte a finzioni; le false vittime sono dannose quanto i carnefici veri.
Ieri sera, nel programma in prima serata su Rai Uno, i protagonisti erano calabresi. Calabresi quelli che avevano dei sogni e delle vite, e calabresi quelli che hanno spezzato i sogni e le vite. E non ve lo faccio il giochino di dove stia l’infamia, né vi rifilo prosopopee di ndringhete e ndranghete. Ve lo dico proprio dove stia l’infamia maggiore: fra chi attacca e chi subisce il male peggiore sta in chi assiste. L’infame maggiore è sempre quello, la Calabria vile, quella che si gira dall’altra parte quando il giusto soccombe, quella che sta sempre col più forte, qualunque divisa indossi. Il male impera perché nessuno dei calabresi affianca il giusto quando subisce il colpo, e se il giusto reagisce diventa un cattivo; ma se non vuole, non può, non lo ritiene giusto. Se sceglie come opzione la denuncia, allora, per molti calabresi è un infame.
Per una volta, non siate ignavi, fatevi un’opinione e scegliete su chi addossare la colpa. Smettetela di poggiare la croce su chi vorrebbe solo vivere la propria vita, realizzare i propri sogni; far quello che cavolo gli pare, rispettando gli altri, senza dover dar conto a nessuno.