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  •   Rocco Palamara
L'opinione. Dire pane al pane… e porci ai porci!

È successo già questa estate per l’inquinamento del mare, quando da più parti si gridò al sabotaggio della stagione turistica sulle coste e i mari calabresi per colpa dei giornali nazionali. Benaltrismo, diciamo, come se poi la monnezza non ci fosse tutto l’anno con delle responsabilità precise, da denunciare semmai per tempo. Prendersela con gli “allarmismi” invece che con gli “armanti” è un modo, magari ingenuo, per non prendere mai di petto un problema.

Adesso ci risiamo con il brutto fattaccio di Melito dove, ricordiamo, una ragazzina di 14 anni è stata stuprata per due anni (e quindi da quando ne aveva appena 12) da un gruppo di balordi "qualificati" del paese. E anche in ciò si ricomincia a disquisire, e ci tocca ancora sentire la solita solfa della “persecuzione” sul buon nome dei calabresi. “Un fatto di ‘ndrangheta? E quando mai: sono cose che succedono ovunque e si strumentalizza solo per dare addosso a noi!”; invece che prendere le distanze dagli autori come altra cosa rispetto ai normali cittadini. Insomma, il solito vittimismo sterile a cui, almeno io, non mi assocerò.

Ma poi perché questa levata di scudi e coda di paglia? Le responsabilità sono personali (e della cosca di appartenenza, in questo caso) e non certo di tutti i calabresi. Sbaglia, o è un tantino in malafede, anche chi va ad incolpare l’intera ‘ndrangheta su misfatti che non gli appartengono come organizzazione. 

Naturalmente ognuno può dire e ribadire le sue ragioni: incolpando questo o quell’altro di corresponsabilità, però si defocalizza il punto della questione confondendo – invece di schiarirle – le idee della gente; e quando addirittura si salta a piè pari l’oggetto principale (che nel caso è la violenza alla ragazzina) si fa un gran favore ai mafiosi.

Certo, dire le cose come stanno, nominando persone ritenute pericolose, comporta il prendersi le proprie responsabilità; ma se vogliamo essere onesti con noi stessi dobbiamo farlo. Per il mio modo di vedere, i porci di Melito (di questo si tratta) debbono vergognarsi di camminare per strada quando ritorneranno con quella faccia al loro paese.

Senza girarci intorno, è innegabile come il fatto in questione presenti connotati differenti rispetto ad altri fatti consimili che avvengono fuori della Calabria. Qui non c’è una aggressione, per quanto brutale violenta, estemporanea di chi strappa e fugge; ma la violenza sottile e continuata nel tempo da parte di chi ha tutto l’agio di giocare sul “proprio”. C’è la mercificazione e l’inganno di chi non si fa scrupolo di manipolare le menti e dispone il corpo delle persone: mettendo la ragazzina a disposizione degli amici (ben 10 suoi scagnozzi quasi tutti maggiorenni). Lo stupratore principale, che di età fa ben 30 anni, fa il finto fidanzato di una bambina senza vergognarsi nel paese o meglio sentendosi al di sopra di ogni giudizio e censura in quanto rampollo della famiglia di ‘ndrangheta dominante: i Lamonte, come sanno tutti. Il contesto è tale che quando il padre della ragazzina va a protestare presso il genitore dell’aguzzino che è lo stesso boss del paese, non trova sostegno alcuno e, quando la ragazzina stessa si trova un nuovo e vero fidanzato, quelli della banda glielo pestano a sangue perché toglie loro il “giocattolo”, cioè lei! Se tutto questo non è mafia di che cincischiamo?

Prepotenza sfrenata e arroganza senza limiti in un contesto di dominio sul territorio che è l’altro e più grosso scandalo della questione perché segno delle protezioni potentissime su cui potevano contare gli aguzzini (altro che l’omertà della gente come ogni volta vogliono far credere). Se altre colpe ci sono, sono di quelli che sostengono la cosca allacciati con essa da fili invisibili ma solidissimi in decenni di potere. Ma questa sarebbe un’altra lunga storia da raccontare e riguarda la Calabria intera.

Sulla fiaccolata di stasera 9 settembre – per finire – penso che (pur senza stima verso quasi tutte le sigle che la promuovono) sia pur meglio del silenzio più sordo e totale anche se il titolo stesso di “marcia silenziosa” la dice lunga sul fatto che vogliano fare le nozze con i fichi secchi.

Me li immagino – e mi pare di vederli – gli ipocriti di taluni rappresentanti delle istituzioni, e delle associazioni a usi delle parate, in prima linea dietro i gonfaloni e le bandiere; e so sin di adesso che marceranno verso il nulla nelle strade di Melito senza un obiettivo simbolico come, ad esempio di andare fin sotto la casa di quel “boss” a cui un padre “debole” (ma non insensibile) è andato vanamente a implorare il rispetto per sua figlia. Sarebbe il modo come farlo vergognare almeno un po’ e un – seppur minimo – risultato concreto della manifestazione. Ma questo è – naturalmente – solo un sogno di una sera di fine estate, cominciata dalla monnezza e terminata (purtroppo) nella zozzeria.


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